Passa ai contenuti principali

265 - Efficacia dei vaccini anti-COVID a mRNA negli operatori sanitari

[Tempo di lettura: 2 min]  NOTIZIA FLASH

Negli Stati Uniti l'efficacia reale dei vaccini anti-COVID a mRNA è risultata del 90% dopo aver completato il ciclo vaccinale.

Circa 4000 operatori sanitari, operatori di ambulanza e altri lavoratori essenziali o di prima linea di otto località statunitensi hanno raccolto autonomamente, ogni settimana, tamponi nasali per effettuare test PCR su SARS-CoV-2, indipendentemente dai sintomi, tra metà dicembre e metà marzo. 
 
Sono stati esclusi coloro che avevano precedenti di infezione da SARS-CoV-2.

Durante il periodo dello studio i partecipanti sono stati vaccinati con due dosi di vaccino a mRNA (63%) o con una sola dose (12%).

Le infezioni da SARS-CoV-2 confermate sono state 1,38 per 1000 operatori/giorno per i non vaccinati, 0,19 per 1000 per i parzialmente vaccinati (≥14 giorni dopo la prima dose e prima della seconda) e 0,04 per 1000 per chi aveva completato la vaccinazione (≥14 giorni dopo la seconda dose).



Questi dati corrispondevano a un'efficacia dell'80% per la vaccinazione parziale e del 90% (IC 95%, 68–97%) per la vaccinazione completa.

L’ampia forbice dell’intervallo di confidenza riduce in parte l’affidabilità della statistica, ed è dovuta anche al numero esiguo di casi di infezione osservati nei soggetti vaccinati.

I risultati, tuttavia, erano in gran parte invariati quando il sito dello studio veniva incluso in un modello statistico adattato sull’efficacia del vaccino e quando i risultati venivano corretti separatamente per sesso, età, etnia e occupazione nelle analisi di sensibilità. 

 

Interim Estimates of Vaccine Effectiveness of BNT162b2 and mRNA-1273 COVID-19 Vaccines in Preventing SARS-CoV-2 Infection Among Health Care Personnel, First Responders, and Other Essential and Frontline Workers
MMWR March 29, 2021





Gilberto Lacchia - Pubblicato 30/03/2021 - Aggiornato 30/03/2021

Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se

392 - Tremore indotto da farmaci

Tempo di lettura: 5 min Il tremore è un sintomo molto frequente e non è sempre facile stabilire se sia causato o esacerbato da un farmaco. Si classifica in base al comportamento associato: tremore d'azione di tipo cinetico (durante un movimento volontario) o posturale (mantenimento di una postura), tremore a riposo e tremore intenzionale (durante un movimento diretto a un obiettivo). Alcuni fattori utili per la diagnosi del tremore da farmaci sono: 1) esclusione di altre cause mediche di tremore ( p.es . ipertiroidismo, ipoglicemia); 2) rapporto temporale con l'inizio della terapia; 3) rapporto dose-risposta (l'aumento della dose peggiora il tremore e viceversa); e 4) mancanza di progressione (i tremori del morbo di Parkinson e i tremori essenziali si modificano nel tempo). I pazienti più a rischio sono quelli più anziani, per diversi motivi: Interazione con le patologie di base ( p.es . il parkinsonismo indotto da metoclopramide è più intenso in caso di

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere diverse cons