Gli effetti a lungo termine della terapia con α-bloccanti associati ad altri antipertensivi in pazienti con insufficienza renale cronica non sono ben conosciuti. Uno studio osservazionale canadese offre nuovi dati sui potenziali benefici e danni associati a questi farmaci che oggi sono meno prescritti di un tempo.
Nello studio ALLHAT (pubblicato su JAMA nel 2002) i pazienti in monoterapia con doxazosin avevano più frequentemente insufficienza cardiaca rispetto a chi utilizzava altri farmaci antipertensivi.
Da allora l'uso degli α-bloccanti per il trattamento dell'ipertensione è diminuito. Vengono ancora prescritti come terapia di associazione in pazienti con ipertensione resistente, molti dei quali con insufficienza renale cronica.
In uno studio osservazionale canadese sono stati identificati 381.000 pazienti ipertesi di età >65 anni. Per evitare confusioni sull’indicazione della terapia, sono stati esclusi i soggetti con diagnosi di iperplasia prostatica.
Al 4% dei soggetti erano state prescritte doxazosina o terazosina tra il 2007 e il 2015. All'interno di questa coorte, 16.000 utilizzatori di α-bloccanti sono stati confrontati con 16.000 controlli trattati con altri antipertensivi. Due terzi dei pazienti in entrambi i gruppi assumevano 4 o 5 farmaci antipertensivi.
Morte ed eventi cardiaci (infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica, insufficienza cardiaca o fibrillazione atriale). Si sono verificati con meno frequenza nei soggetti trattati con α-bloccanti. Le associazioni favorevoli tra l'uso di α-bloccanti e minori eventi cardiaci e decessi sono state particolarmente sorprendenti nei pazienti con velocità di filtrazione glomerulare (GFR) <30 mL/minuto/1,73 m2.
Peggioramento dell’insufficienza renale. I soggetti trattati con α-bloccanti avevano maggiori probabilità di avere una riduzione >30% del GFR con progressione verso dialisi o trapianto renale.
Effetti avversi. Le sincopi si verificavano più spesso negli utilizzatori di α-bloccanti.
In pratica - L’uso degli α-bloccanti come terapia di associazione per l’ipertensione resistente sembra ridurre il rischio di eventi cardiaci e di morte rispetto ad altri antipertensivi. Ciò avviene al prezzo di un aumento del rischio di progressione dell’insufficienza renale.
Lo studio, benché osservazionale, supporta l'uso di α-bloccanti in pazienti selezionati con ipertensione resistente.
Si tratta di soggetti in cui è importante il monitoraggio della funzione renale. Purtroppo non erano disponibili i dati delle misurazioni pressorie: non si può quindi concludere che i risultati favorevoli su eventi cardiovascolari e mortalità siano da attribuire a un miglior controllo della pressione arteriosa.
Kidney, Cardiac, and Safety Outcomes Associated With α-Blockers in Patients With CKD: A Population-Based Cohort
Study. Am J Kidney Dis. 2021 Feb;77(2):178-189.e1
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