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Visualizzazione dei post da novembre, 2022

442 - Prescrivere farmaci che allungano l’intervallo QT

- [Tempo di lettura: 7 min]  Molti farmaci causano un prolungamento dell'intervallo QT sull’ECG. Ciò può aumentare il rischio di torsades de pointes, un'aritmia cardiaca potenzialmente fatale. Quando si prescrivono farmaci associati al prolungamento del QT, è necessario considerare tre fattori chiave: il rischio potenziale e l'entità del prolungamento del QT associato al farmaco prescritto; i fattori di rischio legati al paziente; i farmaci associati che potrebbero aumentare il rischio di prolungamento del QT. Il prolungamento del QT indotto da farmaci è un effetto farmacologico riconosciuto, dimostrato in più di 250 molecole e identificato come rischio per molte terapie comunemente prescritte. L’incidenza stimata da uno studio europeo del 2014 di sindrome del QT lungo (LQTS) da farmaci è di oltre 3 milioni di casi di torsades de pointes (TdP) all’anno. L'intervallo QT rappresenta il tempo che intercorre tra l'inizio della depolarizzazione ventricolare e la fine

441 - Colchicina: attenti alle interazioni!

- [Tempo di lettura: 8 min] La colchicina è un farmaco utilizzato da millenni. Oggi è considerata una terapia di seconda scelta data la ristretta finestra terapeutica e i numerosi effetti collaterali. Le dosi terapeutiche sono vicine a quelle tossiche. Attenzione particolare va posta alle possibili (e numerose) interazioni farmacologiche, soprattutto in pazienti anziani e politrattati. La colchicina è una delle terapie più antiche per l’attacco gottoso acuto. Estratta dal Colchicum autumnale , è descritta per il trattamento di reumatismi e gonfiori articolari nel Papiro Ebers (circa 1500 a.C.), un testo medico egiziano. La colchicina ha effetti antimitotici: blocca la divisione cellulare in fase G interferendo con la formazione dei microtubuli e dei fusi mitotici. È un effetto analogo a quello degli alcaloidi della vinca, ed è maggiore nelle cellule a rapido turnover, come neutrofili ed epitelio gastroenterico. La depolimerizzazione dei microtubuli da parte della colchicina r

440 - Terapia della gotta

[Tempo di lettura: 8 min]  La gotta è una malattia cronica da deposito di urato monosodico, caratterizzata da attacchi acuti di artrite, potenziale artropatia cronica e deformità articolari, noduli sottocutanei da accumulo di cristalli di urato (tofi), nefrolitiasi uratica e nefropatia cronica. La terapia riguarda sia l’attacco acuto (colchicina, FANS, steroidi), sia la prevenzione di nuovi attacchi con farmaci ipouricemizzanti. L'iperuricemia è un fattore di rischio necessario, ma non sufficiente, per lo sviluppo della gotta. Definita da un livello di acido urico circolante oltre la soglia di solubilità dell'urato monosodico (>6,8 mg/dL), l’iperuricemia è da tre a cinque volte più comune della gotta stessa. Altri fattori di rischio per iperuricemia e gotta comprendono: sesso maschile, età avanzata, fattori dietetici e di stile di vita, obesità, insufficienza renale, farmaci iperuricemizzanti (p.es. diuretici). Rispetto agli uomini, le donne con gotta hanno meno probabili

439 - Scelta dell’anticoagulante orale per la fibrillazione atriale

[Tempo di lettura: 4 min]  Nella prevenzione delle complicanze tromboemboliche della fibrillazione atriale la prescrizione degli anticoagulanti diretti ha ormai nettamente superato quella del warfarin. Per i quattro principi attivi attualmente disponibili in Europa non esistono confronti diretti né linee guida chiare che orientino la scelta. Un ampio studio su database europei e statunitensi ha valutato il rischio di emorragie gastrointestinali dei diversi principi attivi. I dati provenienti da studi randomizzati e controllati e da studi osservazionali postmarketing hanno dimostrato che gli anticoagulanti  orali diretti (DOAC) non sono inferiori al warfarin nella prevenzione dell'ictus e comportano un minor rischio di emorragie e fratture ossee osteoporotiche. Data la loro facilità d'uso e la maggior sicurezza, nei pazienti con fibrillazione atriale le attuali linee guida raccomandano i DOAC quando non sia indispensabile l'uso del warfarin . Sebbene gli studi randomiz

438 - 🔎 APPROFONDIMENTO: Ranolazina

[Tempo di lettura: 10 min]  La ranolazina è un antianginoso di seconda scelta, indicato in pazienti che non hanno beneficio o non tollerano la terapia standard con beta-bloccanti e/o calcioantagonisti. Si tratta di un farmaco con una farmacocinetica delicata, numerose interazioni, meccanismo di azione sconosciuto e maneggevolezza non sempre ottimale. Non tutti concordano sul fatto che il rapporto rischio/beneficio sia favorevole. La ranolazina è approvata dalla FDA e dall'EMA come trattamento di seconda scelta per il trattamento dell'angina cronica. Il farmaco può essere associato ad altri antianginosi, come beta-bloccanti, calcioantagonisti o ACE inibitori, sartani, antidislipidemici o antiaggreganti. L’EMA ha approvato la ranolazina sotto forma di compresse da 375, 500 e 750 mg. La dose iniziale raccomandata è di 375 mg x 2. La FDA ha approvato dosaggi da 500 e 1000, consigliando una dose iniziale di 500 mg x 2 e 1000 x 2 come dose massima. Da scheda tecnica europea, dopo

437 - Fluorochinolonici e rischio di valvulopatie

[Tempo di lettura: 3 min]  Nell'ottobre 2020, l'Agenzia francese dei farmaci (ANSM) ha informato i medici del rischio di valvulopatia in soggetti esposti agli antibiotici fluorochinolonici. Questo potenziale effetto avverso si aggiunge ad altri il cui meccanismo patogenetico comune sarebbe la degradazione del collagene. Uno studio caso-controllo statunitense ha esaminato il legame tra le patologie valvolari cardiache e l'esposizione ai fluorochinolonici. Lo studio è stato condotto utilizzando i dati Medicare e di ricovero in ospedali statunitensi di oltre 12.000 pazienti con insufficienza mitralica o aortica (casi) e circa 125.000 pazienti senza danno valvolare (controlli), con un'età media di 58 anni. L’aumento del rischio di insufficienza mitralica o aortica nei pazienti esposti a un fluorochinolonico sistemico nel mese precedente la registrazione della diagnosi è risultato statisticamente significativo rispetto a quelli esposti ad amoxicillina o azitromicina (RR 2

436 - Anemia da carenza marziale nell’anziano

[Tempo di lettura: 9 min]  L'anemia da carenza marziale è comune negli anziani, spesso associata a fragilità, declino cognitivo, aumento dei ricoveri e della mortalità. La diagnosi è relativamente semplice. Gli accertamenti ulteriori devono chiarirne le cause, prime fra tutte le emorragie occulte. Il ferro è essenziale per la sintesi di emoglobina (Hb), mioglobina, DNA e per la produzione di energia nei mitocondri. In generale, negli adulti sono presenti 3-5 g di ferro nei depositi del corpo, di cui 20 mg/d sono necessari per la produzione di globuli rossi e il metabolismo. L'assorbimento del ferro avviene soprattutto nel duodeno. Nelle cellule, il ferro è immagazzinato come ferritina; il ferro circolante è in gran parte legato alla transferrina, satura al 30% circa in condizioni normali. L'anemia viene solitamente definita da una concentrazione di Hb <130 g/l negli uomini e <120 g/l nelle donne (OMS, 1968). L'Hb diminuisce con l'età nelle popolazioni san