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Visualizzazione dei post da dicembre, 2018

73 - La gestione della diverticolite acuta

[Tempo di lettura: 7 min]  Si stima che soffra di diverticolosi il 10% delle persone oltre i 45 anni e il 50-70% degli ultrasettantenni. Di questi solo il 15-20% è sintomatico e tra coloro che sono sintomatici, un quarto sviluppa una diverticolite e, raramente, emorragie diverticolari massive. Le percentuali di diverticolite sono in aumento in associazione con l'aumento dell'obesità. La diverticolite può essere classificata come semplice (la maggior parte dei casi) o complicata (10-25% dei pazienti ricoverati): ascessi, fistole, perforazioni, ostruzioni o emorragie. Nella diverticolite non complicata, la malattia grave si differenzia dalla malattia moderata per la presenza di infezione sistemica, peritonite, incapacità di alimentarsi per os o il fallimento della gestione ambulatoriale. I fattori di rischio di evoluzione sfavorevole sono la presenza di altre patologie, immunodepressione, terapie con FANS o steroidi, PCR superiore a 150 mg/L. I pazienti con diverticolite

72 - Allopurinolo e funzione renale

Tempo di lettura: 3 min In passato è stato ipotizzato che l'allopurinolo possa danneggiare la funzione renale dei soggetti trattati, soprattutto se hanno altri fattori di rischio per nefropatie. Per valutare l'effetto sulla funzione renale dell'allopurinolo usato nel trattamento della gotta, è stato condotto uno studio osservazionale sui pazienti inseriti in una rete di assistiti di medicina generale del Regno Unito. Quasi 5000 pazienti (83% uomini) che iniziavano una terapia con allopurinolo a una dose ≥300 mg al giorno sono stati confrontati con un ugual numero di soggetti non trattati con il farmaco. I due sottogruppi sono stati seguiti per 4-5 anni. La frequenza di insufficienza renale cronica moderata o grave era analoga nei due gruppi. Gli autori concludono che "in quest'ampia coorte l'inizio della terapia con allopurinolo almeno a 300 mg/die era associato a un minor rischio di deterioramento della funzione renale", forse grazie alla riduzione

71 - Algoritmo per la diagnosi di ipertensione arteriosa

Tempo di lettura: 3 min La decisione di iniziare una terapia farmacologica per una presunta ipertensione arteriosa non è facile nella maggior parte dei soggetti che vediamo nei nostri studi.  Le linee guida raccomandano il monitoraggio della pressione arteriosa ambulatoriale (ABPM) o una serie di misurazioni domiciliari per confermare le diagnosi di ipertensione nei pazienti che in studio hanno valori leggermente o moderatamente elevati, soprattutto prima di iniziare la terapia farmacologica. Probabilmente non in tutti i pazienti con sospetta ipertensione è utile il monitoraggio ambulatoriale, ma è difficile sapere a priori in quali richiederlo. In questo studio osservazionale prospettico, i ricercatori hanno validato un algoritmo, basato sul calcolatore PROOF-BP (Predicting Out of Office Blood Pressure), per il monitoraggio ambulatoriale dei pazienti con ipertensione sospetta o resistente. Per diagnosticare l'ipertensione il calcolatore PROOF-BP richiede tre letture della PA

70 - Attualità in tema di eradicazione dell'Helicobacter pylori

Nel 1893 l'Helicobacter pylori (HP) veniva osservato per la prima volta da Giulio Bizzozzero all'università di Torino. L'infezione interessa circa il 50% della popolazione mondiale, ma ci sono voluti 90 anni perché venisse riconosciuto il ruolo dell'HP nell'ulcera gastrica e duodenale e come fattore di rischio per linfomi tipo MALT e adenocarcinomi gastrici. La diagnosi può essere fatta con l'urea breath test, il test sulle feci con anticorpi monoclonali e la sierologia. I test sierologici possono essere utili come screening di massa o in pazienti nei quali non è possibile sospendere gli inibitori di pompa, ma non possono essere utilizzati come conferma dell'eradicazione. I test sulle feci, al contrario, individuano solo l'infezione attiva, sono più economici del breath test e richiedono una sospensione degli inibitori di pompa per le due settimane precedenti, ma sono meno influenzati da questi farmaci rispetto al breath test. Una strategia che p

69 - Astinenza prolungata dopo la sospensione di antidepressivi

- Più della metà (56%) delle persone che tentano di sospendere gli antidepressivi hanno sintomi di astinenza. - Quasi la metà (46%) di coloro che soffrono di astinenza la descrive come grave. - Non è raro che l'astinenza duri settimane o mesi. Le attuali linee guida NICE ( National Institute for Health and Care Excellence del Regno Unito ) sul trattamento della depressione, così come quelle americane, affermano che le reazioni di astinenza dopo la sospensione degli antidepressivi sono solitamente lievi e autolimitantesi e che tipicamente si risolvono in 1 o 2 settimane. Per verificare incidenza, gravità e durata delle reazioni da sospensione agli antidepressivi è stata effettuata una valutazione sistematica su 23 studi pertinenti, effettuati con metodologie e su popolazioni diverse. Le incidenze dell'astinenza, indicate in 14 studi, variavano dal 27% all'86% (56% in media). Quattro grandi studi che ne valutavano la gravità riportavano che in media il 46% di color