Passa ai contenuti principali

495 - Statine e rischio di diabete

[Tempo di lettura: 8 min] 
Dopo più di quarant’anni di utilizzo in terapia delle statine, è ormai assodato che, oltre all’indiscusso beneficio sulla riduzione del rischio cardiovascolare, questi farmaci aumentano il rischio di diabete di tipo 2 attraverso una serie di effetti metabolici. È un dato che va tenuto presente, soprattutto in prevenzione primaria.

Le statine sono state scoperte negli anni ‘70 e sono in commercio da metà degli anni ‘80. Agiscono come ipocolesterolemizzanti inibendo la 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA (HMG-CoA) reduttasi, che catalizza la principale fase limitante della sintesi del colesterolo nel fegato.

Hanno benefici ben assodati in termini di riduzione del colesterolo LDL e del rischio cardiovascolare. Da circa 20 anni, tuttavia, si è osservato un aumento del rischio di diabete nei pazienti trattati, dopo follow-up di 3-6 anni.

La loro associazione con un aumento del rischio di diabete di nuova insorgenza ha portato la FDA ad approvare una revisione della scheda tecnica nel 2012.

Sulle schede tecniche italiane è stato aggiunto un paragrafo relativo al rischio di diabete e alla necessità del monitoraggio dei parametri glicidici nel tempo.

Le stime sulla frequenza del diabete nelle persone che assumono statine variano molto a seconda delle caratteristiche della popolazione, del tipo di studio e dell'intensità della statina.

Sulla base delle stime ricavate da studi randomizzati e controllati (RCT), per ogni 100-250 persone trattate con statine per 2-5 anni, una persona in più svilupperà un diabete attribuibile all'assunzione della statina. Le stime degli studi osservazionali sono simili o leggermente superiori.

Ormai esiste un certo consenso sul fatto che l'aumento della frequenza di diabete nelle persone che assumono statine sia dovuto alle statine stesse, piuttosto che alla debolezza metodologica degli studi.

Molti studi suggeriscono che il rischio di diabete sia legato al grado di inibizione dell'attività dell’HMG-CoA-reduttasi, alla potenza della statina e alla presenza di fattori di rischio del paziente per lo sviluppo del diabete.

Alcuni studi hanno dimostrato che soggetti portatori di varianti geniche associate a una minore attività dell'enzima HMG-CoA-reduttasi (analogamente all'inibizione dell'enzima da parte delle statine) hanno un maggior rischio di diabete.

Studi clinici, meta-analisi e studi osservazionali hanno evidenziato che la terapia con statine comporta un aumento del rischio di diabete di tipo 2 del 10-12%.

Il rischio è ancora maggiore per le statine ad alta intensità e nei pazienti con fattori di rischio preesistenti per diabete.

Il trattamento con pravastatina 40 mg è stato associato al rischio più basso, mentre rosuvastatina 20 mg e atorvastatina 80 mg comportano un rischio maggiore.

In persone già affette da diabete, alcuni studi hanno riscontrato un'associazione tra statine e progressione del diabete.

Uno studio su 83000+ diabetici utilizzatori di statine ha rilevato che la statina era associata a una intensificazione del trattamento antidiabetico, con un maggior rischio di iniziare una terapia insulinica e di utilizzo di più classi di farmaci antidiabetici.

Nello stesso studio veniva calcolato il NNH (Number Needed to Harm): perché si abbia la progressione del diabete in 1 paziente è necessario esporre 13 pazienti alle statine.

Questo costo metabolico associato alle statine non viene di solito valutato negli RCT, che si concentrano sui benefici cardiovascolari.

I meccanismi con cui le statine aumentano il rischio di diabete non sono completamente chiari.

Possono essere coinvolti sia effetti on-target che off-target.

L'inibizione dell’HMG-CoA-reduttasi comporta una riduzione di diverse vie biosintetiche cellulari, comprese quelle coinvolte nell'omeostasi glicidica.

Nel tempo, la terapia cronica con statine (figura 1) può:
  • aumentare la gluconeogenesi regolando l'espressione genica di enzimi chiave che aumentano la produzione di glucosio nel fegato;
  • compromettere la via di segnalazione dell'insulina,
  • indurre la downregulation del trasportatore GLUT-4, che favorisce l'assorbimento del glucosio nelle cellule periferiche;
  • indurre alterazioni negli acidi grassi liberi circolanti,
  • indurre alterazioni di ormoni quali adiponectina e leptina,
  • compromettere la funzione e danneggiare le cellule beta e
  • alterare la maturazione/differenziazione degli adipociti.
Sulle cellule beta pancreatiche sono stati identificati diversi effetti prodotti dalle statine (figura 2) che:
  • riducono l'mRNA e l'espressione proteica del trasportatore GLUT2, limitando l'assorbimento di glucosio;
  • producono una upregulation dei recettori LDL, aumentando l'assorbimento del colesterolo: il carico di colesterolo compromette funzione, proliferazione e sopravvivenza delle cellule beta;
  • riducono i livelli di coenzima Q10 in seguito all'inibizione dell’HMG-CoA-reduttasi, compromettendo il trasporto mitocondriale di elettroni e la produzione di ATP, che è un regolatore essenziale della secrezione di insulina attraverso canali K-ATP, depolarizzazione di membrana e apertura dei canali del calcio;
  • inibiscono i canali del calcio di tipo L riducendo i livelli di calcio citosolico, necessari per la secrezione di insulina;
  • riducono la sintesi di isoprene, compromettendo la modifica post-traduzionale delle piccole proteine G, importanti nell'esocitosi dei granuli contenenti insulina.

In pratica - I dati esposti sopra dovrebbero indurre a ponderare bene la prescrizione delle statine in prevenzione primaria, in generale e di quelle ad alta potenza in particolare.

Il calcolo del rischio di diabete di tipo 2 al basale può essere utile per stratificare il rischio.

Esistono calcolatori per il rischio di diabete, come quello dell'American Diabetes Association, QDiabetes, e Finnish Diabetes Risk Score.

Un approccio pratico nel rapporto con i pazienti a cui sono state prescritte statine è quello suggerito da Mansi et al. in un recente articolo sul BMJ (tabella).

 

Per evitare l’aumento dell’esposizione alle statine, è importante tenere presenti anche le eventuali interazioni farmacologiche.

Hanno interesse pratico due tipi di interazioni:
  • farmaci che influenzano il CYP3A4/5 (p.es. amiodarone, claritromicina, diltiazem, succo di pompelmo, antimicotici azolici, inibitori delle proteasi), che aumentano soprattutto le concentrazioni plasmatiche di simvastatina, atorvastatina e lovastatina.
  • farmaci che influenzano le proteine di trasporto (p.es. ciclosporina).
Se la terapia con questi farmaci è inevitabile, va valutata una riduzione della dose di statina.

Pravastatina e rosuvastatina sono substrati minori del CYP3A4, e sono influenzate meno di altre statine.


__________________________________________

💊 Altri post in tema
__________________________________________



Risk of diabetes with statins.
BMJ. 2023 May 12;381:e071727

Association of Statin Therapy Initiation With Diabetes Progression: A Retrospective Matched-Cohort Study.
JAMA Intern Med. 2021 Dec 1;181(12):1562-1574

Statin Treatment-Induced Development of Type 2 Diabetes: From Clinical Evidence to Mechanistic Insights.
Int J Mol Sci. 2020 Jul 2;21(13):4725

Diabetogenic Action of Statins: Mechanisms.
Curr Atheroscler Rep. 2019 Apr 30;21(6):23

Statins and risk of incident diabetes: a collaborative meta-analysis of randomised statin trials.
Lancet. 2010 Feb 27;375(9716):735-42




Gilberto Lacchia - Pubblicato 09/06/2023 - Aggiornato 09/06/2023 

Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se

392 - Tremore indotto da farmaci

Tempo di lettura: 5 min Il tremore è un sintomo molto frequente e non è sempre facile stabilire se sia causato o esacerbato da un farmaco. Si classifica in base al comportamento associato: tremore d'azione di tipo cinetico (durante un movimento volontario) o posturale (mantenimento di una postura), tremore a riposo e tremore intenzionale (durante un movimento diretto a un obiettivo). Alcuni fattori utili per la diagnosi del tremore da farmaci sono: 1) esclusione di altre cause mediche di tremore ( p.es . ipertiroidismo, ipoglicemia); 2) rapporto temporale con l'inizio della terapia; 3) rapporto dose-risposta (l'aumento della dose peggiora il tremore e viceversa); e 4) mancanza di progressione (i tremori del morbo di Parkinson e i tremori essenziali si modificano nel tempo). I pazienti più a rischio sono quelli più anziani, per diversi motivi: Interazione con le patologie di base ( p.es . il parkinsonismo indotto da metoclopramide è più intenso in caso di

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere diverse cons