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360 - Dapagliflozin nell’insufficienza cardiaca

[Tempo di lettura: 8 min] 
In uno studio con follow-up di 18 mesi, il dapagliflozin ha dimostrato un possibile ruolo nell'insufficienza cardiaca, nei pazienti con riduzione significativa della frazione di eiezione che rimangono sintomatici nonostante la terapia standard. L'aggiunta del dapagliflozin alla terapia richiede un attento monitoraggio degli effetti avversi, tra cui infezioni urinarie e genitali, disidratazione e insufficienza renale.


La terapia di prima scelta dell'insufficienza cardiaca, che riduce mortalità e frequenza degli aggravamenti, comprende un ACE-inibitore (o un sartano in alternativa), associato a un beta-bloccante e talvolta a un antagonista dei mineralcorticoidi, come lo spironolattone.

Nei pazienti con età <75 anni, sintomatici, con riduzione significativa della frazione di eiezione ventricolare sinistra, la sostituzione dell'ACE-inibitore o del sartano con l’associazione di sacubitril (inibitore della neprilisina) + valsartan, ha un effetto di riduzione della mortalità a medio termine.

L'aggiunta di un diuretico dell'ansa è utile soprattutto per ridurre i sintomi legati alla ritenzione di liquidi, senza una forte evidenza di efficacia sulla mortalità.

Nei grandi studi randomizzati sulla sicurezza, si è osservato che gli inibitori SGLT-2 riducevano costantemente i ricoveri ospedalieri per insufficienza cardiaca.

Successivamente, sono stati pubblicati grandi studi (DAPA-HF e EMPEROR-Reduced) con dapagliflozin ed empagliflozin, su pazienti con insufficienza cardiaca sintomatica e ridotta frazione di eiezione. Sono stati arruolati anche pazienti non diabetici ed entrambe le gliflozine associate alla terapia standard hanno nuovamente ridotto i ricoveri per insufficienza cardiaca.

Diversamente dagli studi sulla sicurezza, quelli sull'insufficienza cardiaca mostrano una riduzione della mortalità per tutte le cause solo per dapagliflozin (11,6% vs 13,9%; NNT = 65 pazienti/anno).

L’effetto delle gliflozine nell’insufficienza cardiaca potrebbe dipendere da un effetto diuretico legato alla eliminazione di glucosio con le urine e forse da un effetto diretto sul cuore.

Dapagliflozin è stato approvato nell'Unione Europea nei pazienti adulti con insufficienza cardiaca cronica sintomatica e ridotta frazione di eiezione (la scheda tecnica non specifica un cut-off per la FE). È stato anche inserito nella terapia raccomandata in linee guida, come quelle della società europea di cardiologia pubblicate nel settembre 2021 (che saranno oggetto di un prossimo post).

La valutazione clinica di dapagliflozin nell'insufficienza cardiaca si è basata principalmente sullo studio DAPA-HF, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo su 4744 pazienti con età media di 66 anni (21% >75 anni). Tutti i pazienti avevano un'insufficienza cardiaca cronica e sintomatica, nonostante l’ottimizzazione della terapia.

Circa due terzi dei pazienti avevano una limitazione dell'attività fisica senza problemi a riposo (NYHA II). La frazione di eiezione ventricolare sinistra media era del 31%. La terapia comprendeva ACE-inibitore o sartano in circa l'83% dei pazienti, sacubitril/valsartan nell'11%, beta-bloccanti nel 96%, antagonisti dell'aldosterone nel 71% e un diuretico dell’ansa nell’81%.

Circa il 45% dei pazienti aveva un diabete di tipo 2, mentre sono stati esclusi i soggetti con diabete di tipo 1.

Dopo un follow-up mediano di 18 mesi, la mortalità per tutte le cause era dell'11,5% nel gruppo dapagliflozin contro il 14% nel gruppo placebo (p=0,02).

L'endpoint primario combinato comprendeva morte cardiovascolare, ricovero per peggioramento dell'insufficienza cardiaca o visite in urgenza non programmate con, tra l'altro, somministrazione di una terapia endovenosa per lo scompenso cardiaco.

Almeno uno di questi eventi si è verificato in circa il 16% dei pazienti nel gruppo dapagliflozin contro il 21% nel gruppo placebo (p<0,0001). Il protocollo dello studio non richiedeva un'analisi separata di ognuno degli eventi dell'endpoint primario.

L'effetto di dapagliflozin sull'endpoint primario non differiva nei pazienti con o senza diabete di tipo 2.

I commentatori degli studi DAPA-HF ed EMPEROR-Reduced fanno notare che i risultati potrebbero essere falsati dalla ridotta percentuale di pazienti nei quali l'ACE-inibitore è stato sostituito con l'ARNI sacubitril/valsartan (Entresto°): 11% nel DAPA-HF e 19% nell’EMPEROR-Reduced.

I criteri di inclusione ed esclusione negli studi DAPA-HF ed EMPEROR-Reduced, secondo cui tutti i pazienti dovevano essere sintomatici nonostante la terapia di base e, come nello studio su sacubitril /valsartan (PARADIGM-HF), non avere ipotensione e grave insufficienza renale, suggeriscono che più pazienti di quelli effettivamente trattati sarebbero stati idonei alla terapia con sacubitril/valsartan.

I possibili effetti avversi delle gliflozine sono:
  • infezioni urinarie e genitali legate all'aumento dell'escrezione di glucosio nelle urine;
  • la rara fascite necrotizzante del perineo (➡ gangrena di Fournier);
  • disidratazione, insufficienza renale e ipotensione a causa dell'aumento della diuresi;
  • chetoacidosi atipiche;
  • ipoglicemia (<5%, ma più frequente se in associazione a sulfaniluree e insulina).
Lo studio DAPA-HF non ha fornito alcuna nuova informazione sul profilo degli eventi avversi di dapagliflozin.

Sette pazienti nel gruppo dapagliflozin hanno avuto un'infezione genitale che ha portato alla sospensione del farmaco contro nessuno nel gruppo placebo. Tre pazienti diabetici nel gruppo dapagliflozin hanno avuto una chetoacidosi grave contro nessuno nel gruppo placebo. L'ipovolemia è stata segnalata nel 7% dei non diabetici nel gruppo dapagliflozin rispetto al 5,5% di quelli nel gruppo placebo.

Nei pazienti non diabetici non sono state segnalate ipoglicemie gravi e l'emoglobina HbA1c non è diminuita.

Nel marzo 2021 è stata pubblicata una metanalisi in cui sono stati inclusi 9 studi randomizzati, con un totale di 6278 pazienti (3125 nel gruppo dapagliflozin e 3153 nel gruppo di controllo).

La conclusione degli autori è stata che dapagliflozin ha diminuito significativamente l'incidenza di morte cardiovascolare/ricovero per scompenso cardiaco (rischio relativo 0,75), morte cardiovascolare (RR: 0,80), e ricovero per scompenso cardiaco (RR: 0,72).

In pratica - La valutazione di dapagliflozin nell'insufficienza cardiaca si basa soprattutto su uno studio in pazienti con attività fisica ridotta nonostante la cosiddetta terapia ottimizzata.

L’associazione sacubitril/valsartan, tuttavia, è stata aggiunta al trattamento solo in 1 paziente su 10.

Dopo un follow-up di circa 18 mesi, le complicanze gravi dell'insufficienza cardiaca e la mortalità si riducevano con dapagliflozin rispetto al placebo: una complicanza evitata in 1 paziente su 20 trattati e una morte evitata in 1 paziente su 40.

Mancano, al momento, studi di confronto diretto che valutino l’effetto dell’aggiunta di dapagliflozin rispetto alla sostituzione dell'ACE-inibitore o del sartano con sacubitril/valsartan.

Non è stato ancora valutato, inoltre, il valore dell'aggiunta di dapagliflozin a una terapia ottimizzata già contenente sacubitril/valsartan.

L’efficacia del dapagliflozin nell’insufficienza cardiaca sembra manifestarsi soprattutto nei pazienti sintomatici, con frazione di eiezione nettamente ridotta, quando l’associazione sacubitril/valsartan non è un'opzione soddisfacente.





Dapagliflozin in Patients with Heart Failure and Reduced Ejection Fraction.
N Engl J Med. 2019 Nov 21;381(21):1995-2008

Dapagliflozin in Patients with Chronic Heart Failure: A Systematic Review and Meta-Analysis
Cardiol Res Pract. 2021 Mar 30;2021:6657380

Dapagliflozin (Forxiga°) and chronic heart failure. An alternative to the sacubitril + valsartan combination, with the serious adverse effects common to all gliflozins
Prescrire International 2021 ; 30 (232): 285-287



Gilberto Lacchia - Pubblicato 19/01/2022 - Aggiornato 19/01/2022

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