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Approvata nel novembre 2021 in Unione Europea, questa associazione di anticorpi monoclonali è indicata entro i primi 7 giorni di malattia, a partire da 12 anni, nel COVID non grave e in pazienti con fattori di rischio per l’aggravamento.
Il 12 novembre 2021 è stata autorizzata in Europa l'associazione di anticorpi monoclonali casirivimab-imdevimab (Ronapreve°) e l'anticorpo monoclonale regdanvimab (Regkirona°) per terapia e prevenzione (Ronapreve°) e terapia (Regkirona°) del COVID.
L'associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab e l’anticorpo sotrovimab per la terapia del COVID non hanno ancora ricevuto l'approvazione europea ma in Italia sono stati autorizzati in via temporanea.
Casirivimab e imdevimab sono anticorpi monoclonali diretti contro due diversi siti della proteina spike del SARS-CoV2. Legandosi a questa proteina, si ritiene che casirivimab e imdevimab interferiscano con la penetrazione virale nella cellula.
L’associazione di due anticorpi ha lo scopo di ridurre il rischio che SARS-CoV2 sviluppi resistenza a uno di essi.
L'autorizzazione riguarda pazienti di età ≥12 anni e peso ≥40 kg.
La dose approvata è 600 mg di casirivimab + 600 mg di imdevimab in una singola infusione endovenosa di 20-30 minuti, da somministrare entro 7 giorni dall'inizio dei sintomi.
Anche la somministrazione sottocutanea è ammessa, ma la scheda tecnica raccomanda di riservarla alle situazioni in cui la somministrazione endovenosa non è possibile o comporterebbe un ritardo nel trattamento.
I dati in vitro dimostrano l'efficacia antivirale di casirivimab + imdevimab contro alcune varianti, tra cui Alpha, Beta, Gamma e Delta.
In uno studio in vitro dell'Institut Pasteur di Parigi, la variante Omicron è risultata resistente a casirivimab + imdevimab. È tuttavia uno studio non ancora sottoposto a peer review ed effettuato su un virus proveniente da un singolo paziente.
La valutazione clinica di casirivimab + imdevimab nella terapia del COVID sintomatico non grave si basa principalmente su uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo.
Lo studio ha incluso pazienti tra novembre 2020 e febbraio 2021, prima della comparsa della variante Omicron.
Una singola infusione endovenosa di 600 mg di casirivimab + 600 mg di imdevimab è stata confrontata con il placebo in adulti non vaccinati. L'infezione sintomatica da SARS-CoV2 era confermata da RT-PCR entro 3 giorni dal trattamento. I pazienti avevano una saturazione di ossigeno del 93% o superiore in aria ambientale e non erano ricoverati.
I dati analizzati dall’EMA per l’approvazione comprendevano 1484 adulti con almeno un fattore di rischio per COVID grave: età superiore a 50 anni (48% dei pazienti), obesità (56%), malattie cardiovascolari (37%), malattie respiratorie croniche (19%), diabete (13%).
La scelta di una soglia di età relativamente bassa di 50 anni ha portato all'inclusione di pazienti a rischio moderato per malattia grave. Prima del trattamento i sintomi erano presenti in media da circa 3,5 giorni, ma non più di 7 giorni.
Quasi un quarto dei pazienti erano sieropositivi per SARS-CoV2 al momento dell'inclusione, indicando che avevano avuto contatti precedenti con il virus.
Entro 4 settimane dalla somministrazione, l'incidenza dell’endpoint combinato di ricovero per COVID o morte (endpoint primario) era dell'1% nel braccio casirivimab + imdevimab contro il 3,2% nel braccio placebo (differenza statisticamente significativa).
Si è verificato un decesso in ogni braccio. La differenza nell'endpoint combinato era quasi interamente dovuta alla diminuzione della frequenza dei ricoveri (0,8% vs 3,1%). Per evitare un ricovero dovevano essere trattati 44 pazienti.
L'efficacia è risultata simile nei pazienti con sierologia positiva e negativa al momento dell'inclusione.
Nel gruppo placebo la frequenza di ricoveri era 3,1%, dimostrando che la maggior parte dei pazienti inclusi non erano in realtà a rischio di COVID grave. La metà dei pazienti non aveva più sintomi dopo 10 giorni di trattamento con casirivimab + imdevimab, rispetto ai 14 giorni del gruppo placebo (differenza statisticamente significativa).
Il numero di decessi era troppo basso per rilevare un effetto di casirivimab + imdevimab sulla mortalità.
Negli adolescenti non ci sono risultati di studi controllati che valutino la terapia con casirivimab + imdevimab. L'autorizzazione si basa principalmente su dati farmacocinetici, che suggeriscono un'esposizione simile a quella osservata negli adulti allo stesso dosaggio.
Per la via di somministrazione sottocutanea i dati farmacocinetici indicano che la biodisponibilità degli anticorpi è inferiore rispetto a quella endovenosa, ma non sono note le conseguenze cliniche. Per questo motivo la via endovenosa è raccomandata come preferenziale.
Le principali reazioni avverse di casirivimab + imdevimab sono le reazioni infusionali, con nausea, vertigini, sincope, cefalea, difficoltà respiratorie e rash cutaneo. Sono stati segnalati alcuni casi di reazioni anafilattiche.
I vaccini a mRNA o a vettore virale inducono le cellule dell’organismo a produrre la proteina S, provocando una risposta immunitaria. Dato che si legano alla proteina S, è prevedibile che casirivimab e imdevimab riducano la risposta immunitaria al vaccino. Quando è necessaria la vaccinazione anti-COVID, va quindi tenuta presente l'emivita di casirivimab e imdevimab che è circa 30 giorni.
Fino al dicembre 2021 nessuno studio su animali ha valutato l'effetto dell'esposizione in utero a casirivimab o imdevimab. Come tutti gli anticorpi monoclonali, si prevede che casirivimab e imdevimab attraversino la barriera placentare. Le conseguenze cliniche per il nascituro non sono note.
Per la somministrazione endovenosa di 600 mg di casirivimab e 600 mg di imdevimab, 5 ml di ciascuna soluzione devono essere diluiti in una singola sacca da 50 a 250 ml di soluzione fisiologica allo 0,9% o glucosata al 5%.
Per somministrare le stesse dosi per via sottocutanea si devono preparare 4 siringhe: 2 siringhe contenenti 2,5 ml ciascuna di soluzione di casirivimab e 2 siringhe contenenti 2,5 ml ciascuna di soluzione di imdevimab. Nella stessa seduta, il contenuto delle 4 siringhe viene iniettato in un sito di iniezione diverso per ciascuna delle 4 siringhe.
A causa del rischio di reazioni anafilattiche, la somministrazione deve essere effettuata in ambiente protetto.
In pratica - Questa opzione terapeutica va considerata in pazienti con COVID lieve per alcuni giorni e che sono a rischio di una forma grave. La terapia con casirivimab 600 mg + imdevimab 600 mg ha ridotto il rischio di ricovero in pazienti con malattia sintomatica senza criteri di gravità, non vaccinati e con almeno un fattore di rischio di aggravamento.
Non ci sono dimostrazioni che la terapia riduca la mortalità.
È anche un'opzione da considerare quando la vaccinazione è considerata poco efficace, per esempio negli immunodepressi, e il rischio di progressione verso una forma grave è significativo.
In caso di infezione con la variante Omicron, l'efficacia clinica di questa associazione di anticorpi al dosaggio autorizzato è incerta.
REGEN-COV antibody combination and outcomes in outpatients with Covid-19.
N Engl J Med 2021 Sep 29; [e-pub]
Uso degli anticorpi monoclonali per COVID-19
AIFA
Ronapreve
Scheda tecnica
Casirivimab + imdévimab (Ronapreve0) et traitement curatif de la maladie covid-19 débutante : à envisager avec des patients à risque de forme grave
La Revue Prescrire jan 2022 ; 42 (459) : 30
Assessment report - Ronapreve
EMA/680189/2021
Considerable escape of SARS-CoV-2 variant Omicron to antibody neutralization
Planas et al. - BioRxiv 15 dicembre 2021
Gilberto Lacchia - Pubblicato 03/01/2022 - Aggiornato 03/01/2022
Il 12 novembre 2021 è stata autorizzata in Europa l'associazione di anticorpi monoclonali casirivimab-imdevimab (Ronapreve°) e l'anticorpo monoclonale regdanvimab (Regkirona°) per terapia e prevenzione (Ronapreve°) e terapia (Regkirona°) del COVID.
L'associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab e l’anticorpo sotrovimab per la terapia del COVID non hanno ancora ricevuto l'approvazione europea ma in Italia sono stati autorizzati in via temporanea.
Casirivimab e imdevimab sono anticorpi monoclonali diretti contro due diversi siti della proteina spike del SARS-CoV2. Legandosi a questa proteina, si ritiene che casirivimab e imdevimab interferiscano con la penetrazione virale nella cellula.
L’associazione di due anticorpi ha lo scopo di ridurre il rischio che SARS-CoV2 sviluppi resistenza a uno di essi.
L'autorizzazione riguarda pazienti di età ≥12 anni e peso ≥40 kg.
La dose approvata è 600 mg di casirivimab + 600 mg di imdevimab in una singola infusione endovenosa di 20-30 minuti, da somministrare entro 7 giorni dall'inizio dei sintomi.
Anche la somministrazione sottocutanea è ammessa, ma la scheda tecnica raccomanda di riservarla alle situazioni in cui la somministrazione endovenosa non è possibile o comporterebbe un ritardo nel trattamento.
I dati in vitro dimostrano l'efficacia antivirale di casirivimab + imdevimab contro alcune varianti, tra cui Alpha, Beta, Gamma e Delta.
In uno studio in vitro dell'Institut Pasteur di Parigi, la variante Omicron è risultata resistente a casirivimab + imdevimab. È tuttavia uno studio non ancora sottoposto a peer review ed effettuato su un virus proveniente da un singolo paziente.
La valutazione clinica di casirivimab + imdevimab nella terapia del COVID sintomatico non grave si basa principalmente su uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo.
Lo studio ha incluso pazienti tra novembre 2020 e febbraio 2021, prima della comparsa della variante Omicron.
Una singola infusione endovenosa di 600 mg di casirivimab + 600 mg di imdevimab è stata confrontata con il placebo in adulti non vaccinati. L'infezione sintomatica da SARS-CoV2 era confermata da RT-PCR entro 3 giorni dal trattamento. I pazienti avevano una saturazione di ossigeno del 93% o superiore in aria ambientale e non erano ricoverati.
I dati analizzati dall’EMA per l’approvazione comprendevano 1484 adulti con almeno un fattore di rischio per COVID grave: età superiore a 50 anni (48% dei pazienti), obesità (56%), malattie cardiovascolari (37%), malattie respiratorie croniche (19%), diabete (13%).
La scelta di una soglia di età relativamente bassa di 50 anni ha portato all'inclusione di pazienti a rischio moderato per malattia grave. Prima del trattamento i sintomi erano presenti in media da circa 3,5 giorni, ma non più di 7 giorni.
Quasi un quarto dei pazienti erano sieropositivi per SARS-CoV2 al momento dell'inclusione, indicando che avevano avuto contatti precedenti con il virus.
Entro 4 settimane dalla somministrazione, l'incidenza dell’endpoint combinato di ricovero per COVID o morte (endpoint primario) era dell'1% nel braccio casirivimab + imdevimab contro il 3,2% nel braccio placebo (differenza statisticamente significativa).
Si è verificato un decesso in ogni braccio. La differenza nell'endpoint combinato era quasi interamente dovuta alla diminuzione della frequenza dei ricoveri (0,8% vs 3,1%). Per evitare un ricovero dovevano essere trattati 44 pazienti.
L'efficacia è risultata simile nei pazienti con sierologia positiva e negativa al momento dell'inclusione.
Nel gruppo placebo la frequenza di ricoveri era 3,1%, dimostrando che la maggior parte dei pazienti inclusi non erano in realtà a rischio di COVID grave. La metà dei pazienti non aveva più sintomi dopo 10 giorni di trattamento con casirivimab + imdevimab, rispetto ai 14 giorni del gruppo placebo (differenza statisticamente significativa).
Il numero di decessi era troppo basso per rilevare un effetto di casirivimab + imdevimab sulla mortalità.
Negli adolescenti non ci sono risultati di studi controllati che valutino la terapia con casirivimab + imdevimab. L'autorizzazione si basa principalmente su dati farmacocinetici, che suggeriscono un'esposizione simile a quella osservata negli adulti allo stesso dosaggio.
Per la via di somministrazione sottocutanea i dati farmacocinetici indicano che la biodisponibilità degli anticorpi è inferiore rispetto a quella endovenosa, ma non sono note le conseguenze cliniche. Per questo motivo la via endovenosa è raccomandata come preferenziale.
Le principali reazioni avverse di casirivimab + imdevimab sono le reazioni infusionali, con nausea, vertigini, sincope, cefalea, difficoltà respiratorie e rash cutaneo. Sono stati segnalati alcuni casi di reazioni anafilattiche.
I vaccini a mRNA o a vettore virale inducono le cellule dell’organismo a produrre la proteina S, provocando una risposta immunitaria. Dato che si legano alla proteina S, è prevedibile che casirivimab e imdevimab riducano la risposta immunitaria al vaccino. Quando è necessaria la vaccinazione anti-COVID, va quindi tenuta presente l'emivita di casirivimab e imdevimab che è circa 30 giorni.
Fino al dicembre 2021 nessuno studio su animali ha valutato l'effetto dell'esposizione in utero a casirivimab o imdevimab. Come tutti gli anticorpi monoclonali, si prevede che casirivimab e imdevimab attraversino la barriera placentare. Le conseguenze cliniche per il nascituro non sono note.
Per la somministrazione endovenosa di 600 mg di casirivimab e 600 mg di imdevimab, 5 ml di ciascuna soluzione devono essere diluiti in una singola sacca da 50 a 250 ml di soluzione fisiologica allo 0,9% o glucosata al 5%.
Per somministrare le stesse dosi per via sottocutanea si devono preparare 4 siringhe: 2 siringhe contenenti 2,5 ml ciascuna di soluzione di casirivimab e 2 siringhe contenenti 2,5 ml ciascuna di soluzione di imdevimab. Nella stessa seduta, il contenuto delle 4 siringhe viene iniettato in un sito di iniezione diverso per ciascuna delle 4 siringhe.
A causa del rischio di reazioni anafilattiche, la somministrazione deve essere effettuata in ambiente protetto.
In pratica - Questa opzione terapeutica va considerata in pazienti con COVID lieve per alcuni giorni e che sono a rischio di una forma grave. La terapia con casirivimab 600 mg + imdevimab 600 mg ha ridotto il rischio di ricovero in pazienti con malattia sintomatica senza criteri di gravità, non vaccinati e con almeno un fattore di rischio di aggravamento.
Non ci sono dimostrazioni che la terapia riduca la mortalità.
È anche un'opzione da considerare quando la vaccinazione è considerata poco efficace, per esempio negli immunodepressi, e il rischio di progressione verso una forma grave è significativo.
In caso di infezione con la variante Omicron, l'efficacia clinica di questa associazione di anticorpi al dosaggio autorizzato è incerta.
REGEN-COV antibody combination and outcomes in outpatients with Covid-19.
N Engl J Med 2021 Sep 29; [e-pub]
Uso degli anticorpi monoclonali per COVID-19
AIFA
Ronapreve
Scheda tecnica
Casirivimab + imdévimab (Ronapreve0) et traitement curatif de la maladie covid-19 débutante : à envisager avec des patients à risque de forme grave
La Revue Prescrire jan 2022 ; 42 (459) : 30
Assessment report - Ronapreve
EMA/680189/2021
Considerable escape of SARS-CoV-2 variant Omicron to antibody neutralization
Planas et al. - BioRxiv 15 dicembre 2021
Gilberto Lacchia - Pubblicato 03/01/2022 - Aggiornato 03/01/2022
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