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281 - Uso della PCR nella diagnosi di polmonite

[Tempo di lettura: 5 min] 
Avere la possibilità di dosare la proteina C-reattiva in uno studio di medicina generale ha un valore aggiunto per la diagnosi di polmonite: può ridurre la prescrizione inappropriata di antibiotici, il ritardo di una prescrizione in caso di polmonite e aumentare l’accuratezza diagnostica.

Una diagnosi di polmonite batterica viene posta in circa il 5% dei pazienti che si presentano al medico di medicina generale con tosse di recente insorgenza.

La probabilità di polmonite batterica aumenta se è presente un’associazione di segni e sintomi: tosse, febbre, difficoltà respiratorie , riduzione della SpO2, rantoli crepitanti e ottusità alla percussione.

Spesso, tuttavia, questi segni clinici non sono associati, ed è difficile distinguere correttamente la polmonite da altre condizioni come una bronchite acuta.

Nel 30% delle polmoniti sono in causa infezioni virali, ma la gravità delle infezioni batteriche e la frequente associazione con quelle virali giustificano una terapia antibiotica empirica quando la diagnosi di polmonite è probabile.

Nel 2017, una metanalisi ha valutato la performance della misurazione della proteina C-reattiva (PCR) per la diagnosi di polmonite negli adulti in un contesto di medicina generale.

Nella metanalisi erano inclusi più di 5300 pazienti valutati in 8 studi di medicina generale. La radiografia del torace era il gold standard per la diagnosi di polmonite.

La performance diagnostica della PCR aggiunta alla valutazione clinica è stata confrontata con quella della sola valutazione clinica in due situazioni: una con bassa probabilità clinica iniziale di polmonite (2,5%) e l'altra con una maggiore probabilità (20%).

Quando la probabilità iniziale di polmonite è bassa, come in uno studio di medicina generale, l’aggiunta della PCR alle informazioni cliniche ha ridotto il numero di polmoniti diagnosticate erroneamente: 64% rispetto al 72% senza determinazione della PCR.

Il numero di polmoniti correttamente diagnosticate non è stato influenzato dalla PCR: è stato diagnosticato correttamente il 97% delle polmoniti con conferma radiologica.

Una revisione sistematica di 14 studi (circa 6600 pazienti con segni clinici suggestivi di infezione delle basse vie aeree) ha valutato la capacità predittiva della PCR a vari livelli.

Metà di questi studi sono stati eseguiti su pazienti adulti visitati da medici di medicina generale e metà su pazienti visitati in un pronto soccorso ospedaliero, dove la probabilità di polmonite è maggiore.

La PCR aveva una capacità predittiva moderata per confermare o escludere la polmonite al cutoff di 20 mg/L. La capacità predittiva aumentava usando un cutoff di 100 mg/L.

Una revisione sistematica Cochrane ha valutato una serie di studi randomizzati sull'impatto dell'uso della PCR sulla prescrizione di antibiotici in pazienti con segni clinici suggestivi di infezione respiratoria acuta visitati da medici di medicina generale.

Sono stati identificati nove studi che hanno coinvolto circa 7000 pazienti adulti.

Quando veniva utilizzata anche la PCR venivano prescritti meno antibiotici, senza un effetto significativo sul decorso clinico (durata dei sintomi, soddisfazione dei pazienti o richiesta di una nuova visita).

Una metanalisi di 6 di questi studi (circa 3300 pazienti) ha dimostrato una diminuzione della frequenza delle prescrizioni di antibiotici di circa il 12% in valore assoluto (37% rispetto a 49%).

Nella maggior parte di questi studi, il cutoff utilizzato per iniziare la terapia antibiotica era 100 mg/L.

Secondo questa revisione, si eviterebbe una prescrizione di antibiotico ogni 14 dosaggi di PCR.

In 11 RSA olandesi sono stati randomizzati 242 pazienti con sospetta infezione delle basse vie aeree (età media  84 anni). Un gruppo veniva trattato dopo la misurazione della PCR come componente opzionale della valutazione clinica o con il solito protocollo di trattamento (senza uso della CRP).

Durante la prima visita sono stati prescritti significativamente più spesso antibiotici nel gruppo trattato senza la misurazione della PCR (82% vs. 54%). Gli antibiotici sono stati prescritti più frequentemente ai pazienti con livelli più alti di PCR e venivano prescritti quasi sempre quando la PCR era >60 mg/L. Le frequenze di ricoveri e la mortalità erano simili in entrambi i gruppi.

In pratica - Nei pazienti adulti con segni di infezione respiratoria visitati dal medico di medicina generale, se si sospetta una polmonite il dosaggio della PCR aggiunto alle informazioni cliniche riduce le diagnosi errate di polmonite rispetto al solo esame clinico.

Ciò non influenza il numero di polmoniti correttamente diagnosticate né il decorso clinico.

Con un valore di PCR inferiore a 20 mg/L la diagnosi di polmonite è improbabile. Un valore superiore a 100 mg/L giustifica la diagnosi di polmonite e l'inizio di una terapia antibiotica anche senza ricorso alla radiografia del torace.

 
 
Syst Rev. 2017 Sep 7;9(9):CD012252.
 

Gilberto Lacchia - Pubblicato 15/05/2021 - Aggiornato 02/11/2021

 

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