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280 - Fibrillazione atriale: ritmo o frequenza?

[Tempo di lettura: 6 min] 

Da anni i cardiologi dibattono questo problema: nei pazienti con fibrillazione atriale (FA), in associazione a qualsiasi terapia antitrombotica/anticoagulante necessaria per la prevenzione degli ictus, sono migliori le terapie per il ripristino del ritmo sinusale ("controllo del ritmo") o quelle focalizzate prevalentemente sul controllo della frequenza ventricolare ("controllo della frequenza")?

È un problema che si pone principalmente nei pazienti asintomatici o con una sintomatologia minima.

Le terapie di controllo del ritmo si basano su farmaci antiaritmici o ablazione con radiofrequenze. Molti pazienti che rimangono in ritmo sinusale richiedono terapie a lungo termine per ridurre la frequenza (in caso di ripresa della fibrillazione atriale) e una terapia antitrombotica cronica.

Le terapie di controllo della frequenza utilizzano farmaci che bloccano o rallentano la conduzione attraverso il nodo atrioventricolare: beta-bloccanti, calcio-antagonisti non diidropiridinici o digossina.

Lo studio AFFIRM, pubblicato nel 2003, non aveva evidenziato un vantaggio di una strategia rispetto all’altra.

A metà del 2020 è stato pubblicato l’EAST-AFNET 4, uno studio multicentrico europeo in cui 2789 pazienti (età media 70 anni) con FA diagnosticata di recente (tempo mediano dalla diagnosi 36 giorni) sono stati randomizzati a una terapia precoce di controllo del ritmo (terapia antiaritmica o ablazione) o alla terapia abituale (iniziale controllo aggressivo della frequenza, con controllo del ritmo nei pazienti sintomatici).

I pazienti inseriti nello studio erano ad alto rischio cardiovascolare.
 
L'alto rischio era definito da età >75 anni e precedente attacco ischemico transitorio o ictus, oppure dovevano essere soddisfatti due dei seguenti criteri:

  • età >65 anni
  • sesso femminile
  • insufficienza cardiaca
  • ipertensione arteriosa
  • diabete
  • malattia coronarica grave
  • insufficienza renale cronica
  • ipertrofia ventricolare sinistra

Lo studio è stato interrotto in anticipo (circa 5,1 anni di follow-up per paziente) perché l'incidenza di un evento dell'outcome primario (morte cardiovascolare, ictus, ricovero per peggioramento dell'insufficienza cardiaca o sindrome coronarica acuta) era significativamente inferiore nel gruppo con controllo del ritmo rispetto al gruppo in terapia abituale: 3,9 eventi (249 pazienti) contro 5,0 (316 pazienti) per 100 persone-anno.

In due studi più piccoli pubblicati quest'anno, sono state confrontate l'ablazione e i farmaci antiaritmici come terapia iniziale per la FA.

In entrambi, l'ablazione si è rivelata migliore della terapia farmacologica per il mantenimento del ritmo sinusale in pazienti più giovani e relativamente sani con frazione di eiezione conservata.

Questi studi forniscono una serie di evidenze a favore delle terapie che mirano al controllo del ritmo in alcuni pazienti con FA.

A differenza degli studi precedenti, l'EAST-AFNET 4 si è concentrato sulla FA di recente diagnosi (prima che si verificasse un rimodellamento atriale) e l'aderenza alla terapia anticoagulante era elevata in entrambi i bracci, il che ha ridotto al minimo gli ictus.

È importante notare che i risultati di questi studi possono essere applicati solo a pazienti come quelli arruolati in questo studio e non possono essere tout court generalizzati a pazienti più anziani, con diverse patologie o FA di maggiore durata prima della diagnosi.

Sulla base dei numerosi studi condotti negli ultimi vent’anni, la decisione verso una terapia di controllo del ritmo o della frequenza va individualizzata.

Secondo il commento dei revisori di UpToDate, si possono utilizzare diversi criteri di scelta.

  • Per molti pazienti asintomatici, si preferisce inizialmente il controllo della frequenza, soprattutto se la FA è di lunga durata e/o recidivante.
  • Per molti pazienti sintomatici, in particolare quelli ad alto rischio per un evento cardiovascolare e con una FA diagnosticata entro un anno dall'esordio, viene preferito il controllo del ritmo come approccio iniziale.

Negli anziani ultraottantenni (la maggior parte dei pazienti seguiti in medicina generale), che rappresentano oltre un terzo dei soggetti con FA, storicamente è sempre stata preferita la terapia di controllo del ritmo. Gli anziani, infatti, sono più sensibili all’effetto proaritmogeno dei farmaci antiaritmici, la FA è spesso permanente e frequentemente asintomatica.

Le categorie nelle quali può essere preferita la terapia di controllo del ritmo sono:

  • Soggetti ad alto rischio cardiovascolare: lo studio EAST-AFNET 4 ha dimostrato una migliore sopravvivenza con le terapie di controllo del ritmo in pazienti ad alto rischio cardiovascolare se questa strategia viene utilizzata entro 12 mesi dalla diagnosi iniziale. Si tratta di soggetti con almeno due dei seguenti criteri: età >65 anni, sesso femminile, insufficienza cardiaca, ipertensione, diabete, coronaropatia grave, nefropatie croniche e ipertrofia ventricolare sinistra.
  • Fallimento della terapia di controllo della frequenza: sintomi persistenti (palpitazioni, dispnea, vertigini, angina e quasi-sincope) nonostante una terapia adeguata.
  • Soggetti giovani: i soggetti più giovani (meno di 65 anni) o coloro che devono svolgere attività che richiedono prestazioni cardiache ottimali, spesso non tollerano la FA. Quando si utilizzano farmaci antiaritmici in questo contesto, i pazienti devono essere ben informati del rapporto rischi/benefici di questa terapia.
  • Insufficienza cardiaca



Rhythm control versus rate control in atrial fibrillation
UpToDate®  - This topic last updated: Oct 27, 2020

Revisiting rate versus rhythm control in atrial fibrillation— Timing matters
N Engl J Med 2020 Aug 29; [e-pub]

Cryoablation or drug therapy for initial treatment of atrial fibrillation
N Engl J Med 2020 Nov 16; [e-pub]

 

 
Gilberto Lacchia - Pubblicato 12/05/2021 - Aggiornato 12/05/2021


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