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248 - COVID e vitamina D

[Tempo di lettura: 6 min]  
La vitamina D mantiene la salute ossea ma ha una funzione chiave in molti organi, tra cui cervello, muscolo e  sistema immunitario. Dato che le infezioni respiratorie sono più comuni durante l'inverno che coincide con minori livelli di vitamina D nella popolazione, è stato ipotizzato un suo ruolo nel prevenire le infezioni acute delle vie aeree.

Evidenze sperimentali hanno dimostrato che la vitamina D può attivare peptidi antimicrobici secreti sulle superfici delle mucose in grado di uccidere batteri e virus. Da qui l'interesse mostrato per il suo uso nel COVID, in prevenzione e terapia. I numerosi studi non sono però conclusivi e hanno dato risultati contrastanti.


Alcuni studi hanno osservato bassi livelli ematici di vitamina D in pazienti infettati con SARS-CoV-2 e un'associazione statistica con le complicanze del COVID.  Piccoli studi osservazionali hanno trovato un'associazione inversa tra i livelli medi di vitamina D e i casi di COVID. L’associazione è resa meno chiara da fattori di rischio comuni sia per la carenza di vitamina D sia per le forme gravi di infezione da SARS-CoV-2 (per esempio l'obesità). 

  Anche i risultati degli studi osservazionali più grandi sono stati contrastanti. Per esempio:

  • In un ampio studio di coorte della United Kingdom Biobank (348.598 partecipanti, 499 con COVID), dopo l'aggiustamento per i fattori di confusione, non c'era alcuna associazione tra i livelli di vitamina D e il rischio o la mortalità per COVID.
  • In uno studio successivo su 489 soggetti con livelli di vitamina D misurata entro un anno dal test COVID, il rischio di un risultato positivo al test era maggiore tra coloro che erano probabilmente carenti di vitamina D (livelli <20 ng/mL) rispetto a coloro che non lo erano.
  • In un piccolo studio pilota in Spagna, 76 pazienti ricoverati con COVID e infezione respiratoria acuta sono stati randomizzati a una terapia con calcifediolo orale o nessuna integrazione. Tutti i pazienti hanno ricevuto le terapie standard per COVID. È stato ricoverato in unità di terapia intensiva un numero minore di pazienti trattati con calcifediolo (2 vs. 50%). Nonostante la randomizzazione, tuttavia, un maggior numero di pazienti nel gruppo senza vitamina D aveva fattori di rischio per COVID grave, come diabete (19 vs. 6%) e ipertensione (58 vs. 24%).
  • [AGGIORNAMENTO 10/03/2021] Ricercatori brasiliani hanno randomizzato 240 pazienti ricoverati con COVID a una terapia con monodose orale di vitamina D3 (200.000 IU) o placebo. Quasi tutti i pazienti richiedevano una ossigenoterapia e un piccolo numero ha ricevuto una ventilazione non invasiva. Sono stati esclusi i pazienti in terapia intensiva. Circa due terzi dei pazienti erano trattati con corticosteroidi. Nonostante i livelli medi di 25-idrossivitamina D significativamente maggiori nei pazienti trattati, la durata del ricovero, il trasferimento in terapia intensiva e la mortalità erano uguali tra i gruppi. Quando l'analisi era limitata ai pazienti con carenza basale di 25-idrossivitamina D (<20 ng/mL) i risultati non cambiavano. Non sono stati riportati eventi avversi.
  • [AGGIORNAMENTO 28/05/2021] In uno studio californiano 900 partecipanti (5%) sono diventati positivi al SARS-CoV2 durante lo studio. All'analisi univariata, la positività era associata a bassi livelli di vitamina D e a vari parametri sociodemografici. Tuttavia, all'analisi multivariata e con altri metodi di aggiustamento, la positività perdeva l'associazione con livelli di 25-idrossivitamina D <20 ng/mL o <30 ng/mL.
Sono in corso numerosi studi su larga scala, controllati con placebo. Nel registro internazionale di studi clinici clinicaltrials.gov sono registrati una quindicina di studi clinici di fase 3 che valutano la vitamina D nelle infezioni da SARS-CoV-2.

A tutt’oggi, mancano dati clinici con un sufficiente livello di evidenza e non è noto quale sia l'effetto di un’integrazione con vitamina D nella prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2 o nella terapia del COVID.

 Nei pazienti con COVID, può essere necessaria l'integrazione di vitamina D per soddisfare l'assunzione raccomandata, ma non sono consigliabili dosi maggiori. La vitamina D espone a effetti avversi, soprattutto in caso di sovradosaggio, tra cui l'ipercalcemia con le sue complicanze (nefrolitiasi, insufficienza renale, ecc.).

Pare che l’integrazione quotidiana a basse dosi sia migliore di dosaggi elevati con frequenza settimanale o mensile. È ragionevole un’assunzione da 15 a 25 mcg (600-1000 UI) di vitamina D al giorno.

Alcuni autori, pur ammettendo la necessità di studi clinici randomizzati e statisticamente validi, concludono che la somministrazione di dosi moderate sia sicura e a basso costo: in questo periodo di pandemia, commentano, sarebbe giustificata anche se producesse solo una lieve riduzione delle infezioni.

 
 
Vitamin D and extraskeletal health - COVID-19
UpToDate - This topic last updated: Sep 15, 2020

Covid-19 et vitamine D : trop d'incertitudes
Prescrire - 15 décembre 2020

Vitamin D deficiency and the COVID-19 pandemic.
J Glob Antimicrob Resist. 2020 Sep;22:133-134.


The link between vitamin D and COVID-19: distinguishing facts from fiction.
J Intern Med. 2021 Jan;289(1):131-133

 


Gilberto Lacchia - Pubblicato 21/02/2021 - Aggiornato 28/05/2021
 

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