Passa ai contenuti principali

555 - Terapia delle crisi di emicrania in allattamento


È importante conoscere alcuni farmaci utilizzabili anche durante l'allattamento, quando è necessario sospenderlo per un breve periodo e quali principi attivi non utilizzare [Lettura 5 min]


L'emicrania è caratterizzata da attacchi ricorrenti di cefalea che durano da 4 a 72 ore. Queste cefalee sono generalmente unilaterali e pulsanti, spesso accompagnate da nausea, vomito, foto- o fonofobia.

Talvolta sono precedute da sintomi neurologici transitori, in genere di tipo sensoriale (p.es. visivo), che durano di solito meno di un'ora (aura).

Gli interventi non farmacologici comprendono:
  • applicazione di calore o freddo
  • massaggi
  • riposo
  • evitare i fattori scatenanti (p.es. mantenere una regolarità nei pasti e nel sonno)
  • yoga / meditazione
  • terapia comportamentale (p.es. esercizi di rilassamento, biofeedback, terapia cognitiva comportamentale)
Le crisi possono essere legate al ciclo mestruale; la frequenza spesso si riduce in gravidanza e aumenta dopo il parto.

La cefalea post-partum è presente in quasi il 40% delle donne. I fattori di rischio per l'emicrania post-partum includono una precedente anamnesi di emicrania, un aumento della stanchezza e dello stress materno.

L'intensità dell'emicrania ha in genere un picco nella prima settimana post-partum, per poi tornare alla frequenza e al modello di emicrania precedente alla gravidanza.

Se è indispensabile una terapia farmacologica in una donna che allatta, è importante informarla che la maggior parte dei farmaci passa nel latte materno, esponendo i lattanti a possibili effetti indesiderati

Paracetamolo o ibuprofene sono gli analgesici di scelta per le donne che allattano.

Non sono disponibili molti dati su lattanti esposti a paracetamolo o ibuprofene attraverso l'allattamento; esiste tuttavia una lunga esperienza di utilizzo in bambini sani anche molto piccoli senza evidenze di rischi particolari

Alcune evidenze suggeriscono che FANS diversi dall'ibuprofene dovrebbero essere evitati (v. anche oltre).

Durante l’assunzione di paracetamolo e ibuprofene non c'è motivo di sospendere l'allattamento di un bambino sano, a condizione che, come in caso di non allattamento, il dosaggio sia controllato e si utilizzi la dose minima efficace per la durata più breve possibile.

I FANS, compreso l'ibuprofene, dovrebbero essere evitati dalle donne che allattano un bambino con segni di infezione o in cui l'uso di un FANS deve essere escluso.

Grazie alla breve emivita di eliminazione del paracetamolo e dell'ibuprofene nella madre, dell'ordine di 1 - 3 ore, una singola dose assunta subito dopo la poppata limita l'esposizione del bambino durante la poppata successiva.

Sumatriptan - Alcuni autori hanno suggerito che l'interruzione dell'allattamento al seno per 8 ore dopo una singola iniezione sottocutanea eliminerebbe virtualmente l'esposizione del lattante.

La scheda tecnica italiana informa che “l’esposizione dei lattanti al farmaco può essere ridotta al minimo evitando l’allattamento al seno durante le 12 ore successive al trattamento, durante tale periodo la quantità di latte materno prodotta deve essere eliminata.”

I lattanti esposti al sumatriptan possono avere effetti collaterali serotoninergici, tra cui disturbi digestivi, in particolare diarrea e nausea; disturbi neuropsicologici, in particolare disturbi del sonno, incubi e tremori; e manifestazioni cardiovascolari, in particolare sintomi associati a vasocostrizione, aumenti transitori della pressione arteriosa e disturbi del ritmo cardiaco.

Anche se la biodisponibilità del sumatriptan per via orale o nasale è molto più bassa di quella per via sottocutanea e la sua eliminazione è rapida, ciò non esclude la possibilità di effetti avversi per i lattanti. Quando è possibile, è prudente assumere il sumatriptan subito dopo la poppata, ed eliminare il latte durante il periodo di eliminazione del sumatriptan, circa 12 ore (~5-7 emivite).

Farmaci non consigliati durante l’allattamento

I consulenti della rivista Prescrire non consigliano l’utilizzo di alcuni principi attivi spesso utilizzati per la terapia sintomatica della crisi emicranica.
  • Metoclopramide: è un neurolettico che può avere effetti avversi quali sedazione, effetti extrapiramidali (tremori, discinesie) alterazioni della termoregolazione. Da scheda tecnica è indicata solo a partire da 1 anno di età solo per la prevenzione di nausea e vomito ritardati indotti da chemioterapia. La metoclopramide ha un assorbimento rapido e biodisponibilità dell’80% per via orale e il lattante riceverebbe circa il 10% della dose.
  • Oppioidi: sono solo moderatamente efficaci come terapia per le crisi di emicrania e possono causare cefalee da abuso di analgesici. Gli oppioidi espongono i lattanti a depressioni respiratorie e disturbi neuropsicologici. Codeina e tramadolo devono essere evitati durante l'allattamento perché il loro metabolismo si basa sul CYP2D6, che presenta diverse varianti genetiche, con grande variabilità interindividuale del metabolismo di madri e bambini. Se è indispensabile optare per un oppioide, è consigliata la morfina sospendendo l'allattamento per tutta la durata del trattamento e fino alla completa eliminazione della morfina (tra le 14 e le 28 ore).
  • Ergotamina / diidroergotamina (Cafergot°): può ridurre la prolattina sierica e causare una diminuzione della produzione di latte. Inoltre espone a effetti vasocostrittivi come parestesie, cianosi, disturbi digestivi, convulsioni.
  • Domperidone: è un neurolettico che allunga l’intervallo QT ed espone ad aritmie e morti improvvise. La scheda tecnica, pur ammettendo che i lattanti riceverebbero solo circa lo 0,1% della dose, non esclude la possibilità di effetti avversi cardiaci e lascia al prescrittore la decisione se sospendere l’allattamento.
  • FANS diversi dall’ibuprofene: per l'aspirina a dosaggio analgesico sono note segnalazioni di acidosi metabolica nei lattanti e, inoltre, potrebbe predisporli alla sindrome di Reye. Il naprossene (a lunga emivita) potrebbe causare un prolungamento del tempo di sanguinamento, trombocitopenia e anemia acuta nei lattanti. L'uso di ketorolac durante l'allattamento è alquanto discutibile a causa del suo potente effetto antiaggregante, soprattutto in forma iniettiva.


Headache during pregnancy and postpartum
UpToDate - last updated: Apr 02, 2024 

Allaitement maternel et médicaments de la migraine
La revue Prescrire 2024 mai;44(487):360-365

Managing migraine in pregnancy and breastfeeding.
Prog Brain Res. 2020;255:275-309 

Migraine Drug Therapy During Breastfeeding.
Breastfeed Med. 2019 Sep;14(7):445-447 

LactMed Database
Database della National Library of Medicine statunitense dedicato agli effetti dei farmaci utilizzati durante l'allattamento



📢 Ricevi le notifiche dei post


Canale Telegram Bacheca WhatsApp

💪 Sostieni l'iniziativa


Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se...

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere div...

331 - Valutare gli aumenti della creatinchinasi

[Tempo di lettura: 8 min]  Un aumento della creatinchinasi è un riscontro frequente in medicina generale. La maggior parte dei casi lievi dipendono da cause transitorie e autolimitantesi. In alcune situazioni è opportuna una valutazione diagnostica più approfondita. La creatinchinasi (CK) è l'enzima più utilizzato per diagnosi e follow up delle malattie muscolari. Le concentrazioni sieriche aumentano in risposta alla lesione muscolare ed è l'indicatore più sensibile di danno muscolare e il miglior parametro del decorso della lesione muscolare. La CK è un dimero e si presenta in tre isoenzimi diversi (MM, MB e BB), che possono essere distinti all’elettroforesi. Il muscolo scheletrico ha la più alta concentrazione di CK di qualsiasi tessuto, con più del 99% MM e piccole quantità di MB. Il tessuto cardiaco ha la più alta concentrazione di CK-MB, che rappresenta circa il 20% della CK cardiaca (la troponina I è un marker più specifico di danno miocardico rispetto alla CK-MB, uti...