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557 - Antipertensivi e rischio di fratture negli anziani

L'inserimento in terapia di un farmaco antipertensivo negli anziani va ponderato con attenzione, soppesando rischi e benefici. Soprattutto nei soggetti più fragili. [Lettura 4 min]

Nonostante l'uso diffuso di antipertensivi negli anziani, esistono poche evidenze che mettano in rapporto l'inizio di questa terapia al rischio di fratture in questa popolazione vulnerabile, caratterizzata da multimorbilità, politerapia e fragilità.

Gli anziani in strutture residenziali hanno un rischio elevato di cadute: più di un quarto di queste comportano lesioni gravi; nel 10-15% dei casi esitano in fratture, ricoveri ospedalieri o morte.

La terapia farmacologica è un fattore di rischio modificabile che può condizionare le cadute.

Gli antipertensivi, data l'alta prevalenza di ipertensione, sono i farmaci più comunemente utilizzati in questa fascia di età.

Questi farmaci spesso causano ipotensione ortostatica, che può innescare cadute e, di conseguenza, fratture, soprattutto nel periodo immediatamente successivo all'inizio del trattamento.

Gli anziani in struttura hanno un maggior numero di fattori di rischio per cadute e fratture, come osteoporosi, ridotta mobilità e deterioramento cognitivo.

In uno studio di coorte retrospettivo sui residenti delle case di cura della Veterans Affairs, i ricercatori hanno identificato circa 13.000 residenti che hanno iniziato ad assumere un primo o un ulteriore farmaco antipertensivo e circa 52.000 controlli abbinati per punteggio di propensione (propensity score matching).

L’età media dei soggetti in studio era 78 anni e il 97% era costituito da uomini.

L'esito primario era costituito da fratture della pelvi o dell'anca trattata chirurgicamente e fratture di omero, radio e ulna che richiedevano un intervento, verificatesi entro 30 giorni dall'inizio del trattamento antipertensivo.

La frequenza di nuove fratture è risultata di 5,4 per 100 anni-persona nei soggetti che avevano iniziato un nuovo antipertensivo, e di 2,2 per 100 anni-persona tra i controlli (hazard ratio aggiustato, 2,4, IC95 1,43-4,08).

L'assunzione di farmaci è stata associata anche a un maggior rischio di cadute che hanno richiesto accessi al pronto soccorso o ricoveri (HR 1,8) e sincope (HR 1,7).

I principali fattori di rischio per frattura identificati, rispetto ai controlli, erano:
  • demenza (HR 3,3), 
  • pressione sistolica ≥140 mmHg (HR 3,1), 
  • pressione diastolica ≥80 mmHg (HR 4,4) e 
  • nessun uso recente di antipertensivi (HR 4,8).
In pratica - Gli anziani possono beneficiare della terapia antipertensiva per gestire condizioni come l'insufficienza cardiaca, ma sono anche più predisposti a reazioni avverse come cadute e fratture a causa della loro fragilità.

Il possibile beneficio della terapia deve essere soppesato rispetto ai potenziali danni che possono essere devastanti.

L'inizio della terapia antipertensiva è associato a un aumento del rischio di cadute e fratture, soprattutto tra i residenti di case di cura con demenza, valori di pressione arteriosa elevati e nessun uso recente di farmaci antipertensivi.

Gli autori sottolineano la necessità di iniziare la terapia con cautela e di monitorare i pazienti soprattutto nel periodo iniziale, a maggior rischio.

Tra i punti di forza dello studio gli autori elencano l’utilizzo di un grande database nazionale e la valutazione dei valori pressori al basale; una limitazione è la prevalenza di soggetti maschi, che limita la generalizzabilità dei risultati.

Lo studio attuale suggerisce (anche se indirettamente) che sarebbe prudente controllare di routine i residenti in struttura per le variazioni di pressione arteriosa ortostatica durante il primo mese dopo l'inizio o l'aumento della terapia antipertensiva.



Antihypertensive Medication and Fracture Risk in Older Veterans Health Administration Nursing Home Residents.
JAMA Intern Med. 2024 Apr 22:e240507
Gilberto Lacchia - Pubblicato 16/02/2024 - Aggiornato 16/02/2024

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