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297 - Terapia palliativa nell’insufficienza epatica terminale

[Tempo di lettura: 13 min] 

Nel paziente con epatopatia terminale la terapia palliativa pone problemi particolari al MMG, date le alterazioni metaboliche che limitano l’utilizzo di alcuni farmaci e i sintomi caratteristici di questa condizione.

Nei pazienti cirrotici senza complicanze si parla di cirrosi compensata.

La cirrosi è definita scompensata quando compaiono le seguenti complicanze che rappresentano le principali cause di morte: emorragie delle varici esofagee, ascite, peritonite batterica spontanea, carcinoma epatocellulare, sindrome epatorenale o sindrome epatopolmonare.

Il trapianto di fegato è una possibilità per i pazienti con cirrosi scompensata, ma molti non sono candidabili per motivi clinici, anagrafici e/o di disponibilità di organi.

Decorso e prognosi - La prognosi della cirrosi è molto variabile ed è influenzata da eziologia, gravità, comorbidità, tipo e gravità delle complicanze.

La sopravvivenza nella cirrosi compensata può superare i 12 anni. Nella forma scompensata la sopravvivenza media senza trapianto è di circa due anni.

Il decorso del declino funzionale nelle forme scompensate può essere irregolare e imprevedibile: molti pazienti rimangono in uno stato costante di scarsa salute, intervallato da riacutizzazioni e ricoveri intermittenti. La morte può essere relativamente improvvisa e inattesa.

A scopo prognostico si utilizzano la classificazione Child-Pugh e il punteggio MELD (Model for End-Stage Liver disease).

Classificazione di Child-Pugh - La sopravvivenza a un anno è circa 100% per la classe A, 80% per la classe B e 45% per la classe C.

Punteggio MELD - Si basa sui livelli di bilirubina, creatinina, INR e natriemia.

Ha una migliore capacità di prevedere la mortalità a 90 giorni rispetto al punteggio Child-Pugh, con il limite che sono esclusi dal modello i marcatori clinici di ipertensione portale, come ascite e varici, che influenzano molto la prognosi. 

La presenza di sindrome epatorenale o di insufficienza renale da necrosi tubulare acuta è un indicatore prognostico particolarmente infausto, con mortalità a 90 giorni che si avvicina al 60%. Anche le emorragie delle varici esofagee hanno una mortalità molto alta, che si ottenga o meno l'emostasi.

Altri fattori associati alla scarsa sopravvivenza nei pazienti con cirrosi scompensata comprendono la sindrome epatopolmonare, iponatriemia o ittero e il ricovero in terapia intensiva per complicanze della malattia epatica con ipotensione che richieda supporto pressorio.

Per i pazienti con malattia epatica avanzata, i criteri clinici per prendere in considerazione la terapia palliativa comprendono:

  • Cirrosi avanzata con una o più complicanze: ascite intrattabile, encefalopatia epatica, sindrome epatorenale, peritonite batterica e/o emorragie varicose ricorrenti
  • Albumina sierica <2,5 g/dl (25 g/l) e INR aumentato
  • Carcinoma epatocellulare

Ascite - Quando un paziente con cirrosi sviluppa un'ascite clinicamente evidente, è improbabile che si risolva senza terapia specifica. La terapia diuretica può essere iniziata associando spironolattone e furosemide, entrambi una volta al giorno al mattino. Il rapporto spironolattone/furosemide è tipicamente 100/40 mg, arrivando fino a 400 mg di spironolattone e 160 mg di furosemide.

Alla maggior parte dei pazienti si consiglia la riduzione del sodio nella dieta a ≤2000 mg/d. Anche la riduzione di liquidi è spesso consigliata, ma il suo ruolo non è chiaro, soprattutto perché è difficile ottenere una compliance. In genere si raccomanda la restrizione idrica solo nei pazienti con natriemia <120-125 mEq/L.

In assenza di terapie con FANS, che possono indurre vasocostrizione renale e diminuire la risposta ai diuretici, si parla di ascite resistente ai diuretici con almeno uno dei seguenti criteri:

  • Persistenza dell'ascite nonostante la restrizione del sodio e la somministrazione di dosi massime tollerabili di diuretici orali.
  • Rapido accumulo di liquidi dopo paracentesi terapeutica.
  • Sviluppo di complicanze legate ai diuretici (progressivo aumento della creatininemia, encefalopatia epatica o squilibri elettrolitici).

In caso di ascite che non risponde ai diuretici vanno sospesi i farmaci che riducono la perfusione renale (ACE inibitori, sartani, beta-bloccanti, FANS). Nei pazienti che continuano ad avere resistenza ai diuretici può essere efficace un vasopressore come la midodrina (Gutron°) orale.

Alcuni pazienti refrattari ai diuretici possono beneficiare della derivazione intraepatica transgiugulare (TIPS). Tuttavia, quando un paziente si avvicina alla fine della vita, le procedure invasive come la TIPS possono non essere più praticabili o auspicabili.

In alcuni casi, la paracentesi ripetuta di grandi volumi può controllare adeguatamente i sintomi. Dopo una singola paracentesi non è necessaria l’infusione di albumina, ma va considerata dopo l’asportazione di grandi volumi di liquido (8-10 litri).

Dolore - Il dolore è difficile da trattare nelle insufficienze epatiche gravi, data l'alterazione del metabolismo. È comune anche l’associazione con insufficienza renale cronica e ciò limita ulteriormente le opzioni terapeutiche.

È importante valutare se la causa del dolore è reversibile e se esistono interventi specifici. Per esempio, il dolore legato all'ascite spesso risponde alla paracentesi, e il dolore da edema può rispondere all’aumento della diuresi.

I FANS dovrebbero essere evitati. Il paracetamolo dovrebbe essere limitato a 2 grammi al giorno.

Gli oppioidi devono essere usati con cautela a causa dei problemi metabolici, ma spesso sono la migliore opzione per la gestione del dolore medio-grave, soprattutto alla fine della vita.

Quando si inizia la terapia con oppioidi dovrebbero essere utilizzate dosi più basse della media, con intervalli di dosaggio prolungati, e monitorati attentamente gli effetti collaterali (nausea, mioclono, depressione respiratoria, livello di coscienza).


I cerotti a base di lidocaina sono una possibilità per il dolore localizzato.

Prurito - Il prurito può svilupparsi in presenza di colestasi da qualsiasi causa, compresa la cirrosi. Il prurito da colestasi può essere generalizzato o localizzato (in particolare ai palmi delle mani e alle piante dei piedi). L'intensità è variabile e può aumentare o diminuire spontaneamente. L’intensità non è correlata alla gravità della malattia epatica sottostante.

Di solito non è necessaria una valutazione approfondita se la causa della colestasi è nota; è comunque consigliabile prendere in considerazione anche altre cause di prurito, come dermatite atopica o da contatto o pediculosi.

Si può tentare in prima battuta una terapia con un sequestrante degli acidi biliari, come la colestiramina (Questran°, 4-16 mg/d). Queste resine riducono anche l’assorbimento di vitamine liposolubili che vanno reintegrate nell’uso cronico (soprattutto vitamina K).


Per i pazienti che non rispondono o non tollerano un sequestrante degli acidi biliari, le opzioni comprendono rifampicina (Rifadin°, 150-300 mg/d, uso off-label) o il naltrexone (Nalorex°, 12.5-50 mg/d, uso off-label): non è appropriato nei pazienti trattati con oppioidi in cui si ridurrebbe l’efficacia dell’analgesia.

Se queste terapie falliscono si può valutare la sertralina (75-100 mg/d): è metabolizzata dal fegato e la scheda tecnica avverte di ridurre la dose e aumentare gli intervalli di somministrazione.

Se il prurito è attribuibile all'uremia piuttosto che alla colestasi, il gabapentin può alleviare i sintomi.

Crampi muscolari - Nella cirrosi avanzata possono essere presenti crampi muscolari, anche gravi, le cui cause non sono chiare. Devono essere escluse altre cause come anomalie elettrolitiche e insufficienza renale acuta.

Possono essere utili aminoacidi a catena ramificata (4 g x 3), taurina (3 g/d), integrazione di zinco (in pazienti con bassi livelli) e vitamina E (200 mg x 3).

È stato usato anche il chinino solfato ma il rapporto rischio/beneficio è probabilmente sfavorevole: è controindicato nei pazienti con cirrosi Child-Pugh C e richiede un attento monitoraggio per il rischio di trombocitopenia, emolisi e tossicità cardiaca.

Anoressia/cachessia - La malnutrizione proteico-calorica è comune nelle epatopatie terminali. La valutazione dello stato nutrizionale nel contesto della cirrosi scompensata è difficile a causa degli spostamenti di volume e di sodio, della disfunzione sintetica epatica e delle alterazioni del metabolismo energetico.

Se il paziente è in attesa di trapianto, può essere indicata una valutazione del peso, dell'assunzione di alimenti, dei sintomi gastrointestinali e dei segni e sintomi di carenza nutrizionale e una valutazione di laboratorio dello stato nutrizionale.

Sindrome epato-renale - La sindrome epatorenale è un'insufficienza renale funzionale nei pazienti cirrotici in assenza di malattia renale intrinseca. È caratterizzata da ritenzione di sodio e acqua con vasocostrizione renale e conseguente riduzione del flusso sanguigno renale, della velocità di filtrazione glomerulare e della diuresi. È classificata in due tipi.

  • Tipo 1: rapido deterioramento della funzione renale indicato da un raddoppio della creatininemia a valori >2,5 mg/dL, o diminuzione della clearance della creatinina a valori <20 mL /min. Questa forma di solito è precipitata dalla peritonite batterica spontanea. La durata mediana della sopravvivenza è inferiore a due settimane senza trattamento. Quasi tutti i pazienti muoiono entro 10 settimane.
  • Tipo 2: creatininemia moderatamente aumentata, superiore a 1,5 mg/dL, che rimane stabile per un periodo più lungo, e ascite generalmente resistente ai diuretici. La durata mediana della sopravvivenza è da tre a sei mesi.

Vanno sospesi eventuali FANS e farmaci nefrotossici.
Per controllare l'insufficienza renale e gli squilibri elettrolitici è spesso usata l'emodialisi.
In un contesto di cure palliative, nei pazienti ipotesi può essere usata la midodrina (Gutron°) orale.

Dispnea - Alcuni pazienti sviluppano dispnea da idrotorace epatico refrattario alla restrizione sodica, ai diuretici e alla toracentesi. Possono essere candidati per lo shunt intraepatico portosistemico transgiugulare (TIPS), anche se questa procedura invasiva può non essere praticabile nelle fasi terminali.

Il posizionamento di un catetere pleurico a permanenza può essere un'alternativa, in particolare per i pazienti che preferiscono una gestione domiciliare o in hospice. Questa procedura, tuttavia, può provocare una grave deplezione di proteine ed elettroliti, infezioni, insufficienza renale ed emorragie.



Palliative care for patients with end-stage liver disease
UpToDate - This topic last updated: Apr 23, 2021.

Cirrhosis and Chronic Liver Failure: Part II. Complications and Treatment
Am Fam Physician 2006;74:767-76

Child Pugh Score
Calcolatore QxMD

MELD Score
Calcolatore QxMD




Gilberto Lacchia - Pubblicato 21/06/2021 - Aggiornato 21/06/2021

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