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464 - 🔎 APPROFONDIMENTO: Gliptine

[Tempo di lettura: 12 min] 
Gli inibitori della DPP-4 sono antidiabetici orali in commercio da 15 anni. Hanno un modesto effetto di riduzione dell’emoglobina glicata e fino a oggi non hanno dimostrato un consistente beneficio sulle complicanze del diabete. Nel corso degli anni dopo la commercializzazione sono emersi numerosi effetti avversi. Alcuni commentatori esprimono dubbi sul fatto che possano avere una qualche utilità nella terapia del diabete di tipo 2.

La dipeptidil-peptidasi 4 (DPP-4) è una serina proteasi ampiamente distribuita nell'organismo, espressa come ectoenzima sulle cellule endoteliali vascolari, sulla superficie dei linfociti T e in forma circolante.

La DPP-4 è coinvolta nel catabolismo delle incretine (GLP-1 e GIP), ormoni intestinali che stimolano la secrezione insulinica postprandiale.

Meccanismo d'azione

Gli inibitori della DPP-4 (gliptine) producono un'inibizione quasi completa e duratura della DPP-4, aumentando così la percentuale di GLP-1 e GIP attivi dopo un pasto.
 
Alogliptin, linagliptin e sitagliptin sono inibitori competitivi della DPP-4; vildagliptin e saxagliptin legano l'enzima in modo covalente.

Tutti e cinque i farmaci possono essere somministrati in dosi tali da ridurre l'attività misurabile della DPP-4 di oltre il 95% per 12 ore. Ciò induce un raddoppio delle concentrazioni plasmatiche di GIP e GLP-1 attivi producendo; aumento della secrezione di insulina, riduzione dei livelli di glucagone e miglioramento dell'iperglicemia a digiuno e postprandiale.

L'inibizione della DPP-4 non sembra avere effetti diretti sulla sensibilità all'insulina, sulla motilità gastrica o sul senso di sazietà; inoltre, il trattamento cronico con un inibitore della DPP-4 non influisce sul peso corporeo. È presente un rischio moderato di ipoglicemia.

Gli inibitori della DPP-4, usati in monoterapia nei pazienti diabetici di tipo 2, riducono i livelli di emoglobina glicata in media dello 0,4-0,8%.


Metabolismo

Alogliptin, saxagliptin, sitagliptin e vildagliptin circolano principalmente in forma non legata e sono escreti in gran parte immodificati nelle urine (la posologia va adeguata in caso di insufficienza renale).

Il linagliptin si lega ampiamente alle proteine plasmatiche e viene eliminato principalmente dal sistema epatobiliare, con una scarsa clearance renale.

Solo il saxagliptin viene metabolizzato dall’isoenzima CYP3A4. Questo metabolismo e l’eliminazione prevalentemente renale lo rende poco maneggevole in pazienti con riduzione della funzione renale e comporta il rischio di numerose interazioni importanti.

Viene consigliata la riduzione della posologia del saxagliptin a 2,5 mg al giorno in caso di associazione a inibitori forti del CYP3A4 (p.es. antimicotici azolici, claritromicina, diversi antiretrovirali, ritonavir).


Effetti avversi

Le gliptine hanno un profilo di sicurezza omogeneo. Gli effetti avversi indicati come comuni sono cefalea, nausea, stipsi o diarrea e ipoglicemia.

Nel 2007, sitagliptin è stato il primo inibitore della DPP-4 approvato nell'Unione Europea per il trattamento del diabete di tipo 2.

Mentre negli studi di registrazione non erano stati osservati effetti avversi particolarmente rilevanti o preoccupanti, il profilo di sicurezza si è gradualmente appesantito nella fase post-marketing.

Secondo la valutazione clinica iniziale di sitagliptin, i principali eventi avversi sono risultati nausea e stipsi, infezioni (soprattutto delle vie aeree superiori) e mialgie.

Sono stati segnalati depressione e aumenti della creatininemia.

Dalla immissione in commercio sono stati emessi diversi allarmi di farmacovigilanza, soprattutto per quanto riguarda sitagliptin, utilizzato da più tempo, ma successivamente anche per le altre gliptine.

Reazioni cutanee - Dal 2008 sono segnalate reazioni di ipersensibilità, alcune delle quali gravi: anafilassi, angioedema, reazioni cutanee come orticaria o dermatite bollosa, compresa la sindrome di Stevens-Johnson.

In un'analisi di un centro di farmacovigilanza francese, le gliptine sono risultate coinvolte nel 20% delle segnalazioni di pemfigoide bolloso. Il rischio di pemfigoide bolloso era associato in modo statisticamente significativo all'uso di ciascuna di 3 gliptine (vildagliptin, sitagliptin e saxagliptin).

In particolare, il rischio di un paziente con pemfigoide bolloso che assumeva vildagliptin è risultato essere circa 200 volte superiore rispetto ai pazienti non affetti.

Il meccanismo di insorgenza di questo effetto avverso non è stato stabilito.

Le gliptine inibiscono la DDP-4, che è simile alla proteina CD26 presente sulla superficie dei linfociti, di cui modula la funzione.

Questo possibile effetto immunosoppressivo indesiderato potrebbe essere responsabile anche di diversi tipi di infezione e altre gravi reazioni di ipersensibilità.

Infezioni - Il crossover con altri substrati della DPP-4, in particolare per quanto riguarda la funzione immunitaria, rimane un problema, sebbene non sia stato segnalato in studi clinici a breve termine.

Una metanalisi ha segnalato un aumento del rischio di rinofaringite. Dal 2009 sono aumentate le segnalazioni di tubercolosi in pazienti trattati con saxagliptin. L'incidenza sembra dose-dipendente.

Nelle schede tecniche è segnalato il rischio di infezioni delle vie aeree superiori e delle vie urinarie.

Pancreatite - A partire dal 2009 ai servizi di farmacovigilanza sono state inviate numerose segnalazioni di pancreatiti acute durante la terapia con gliptine.

Nel database di farmacovigilanza dell'OMS, VigiAccess, a metà febbraio 2023, risultano:
  • sitagliptin 2277 pancreatiti (~7% di tutte le segnalazioni);
  • saxagliptin 210 pancreatiti (~4.2%);
  • linagliptin 374 pancreatiti (~3.7%);
  • alogliptin 72 pancreatiti (~3.5%);
  • vildagliptin 114 pancreatiti (~1.1%);
Nella metà dei casi, i sintomi sono scomparsi con la sospensione del farmaco.

Le schede tecniche delle gliptine sono state modificate: "i pazienti devono essere informati sui sintomi caratteristici della pancreatite acuta. Se si sospetta una pancreatite, il trattamento con il [nome del farmaco] deve essere interrotto; se viene confermata la pancreatite acuta, il trattamento con [nome del farmaco] non deve essere ripreso. Si deve prestare cautela nei pazienti con anamnesi di pancreatite."

Artralgie - Negli ultimi anni sono stati segnalati dolori articolari importanti in pazienti trattati con gliptine.

In una serie di casi commentati in un comunicato della FDA del 2015, in 22 casi il dolore si è manifestato entro il primo mese di trattamento; 10 pazienti sono stati ricoverati per dolore invalidante; in 23 casi, il dolore si è attenuato entro un mese dalla sospensione della gliptina. Il dolore articolare si è ripresentato in 8 casi in cui è stata reintrodotta una gliptina, 6 volte con un altra gliptina.

Alcuni pazienti con dolori articolari presentavano segni clinici suggestivi di artrite o reazione immunitaria: febbre, eruzione cutanea, edema, aumento della VES o PCR. In alcuni sono stati osservati segni di malattia autoimmune, con positività degli anticorpi antinucleari.

Una metanalisi pubblicata nel 2017 ha confermato questo aumento del rischio di artralgie.

Insufficienza cardiaca - Fin dal 2014 sono state pubblicate metanalisi che hanno indicato un aumento del rischio di insufficienza cardiaca da parte delle gliptine.

Il meccanismo di questo possibile effetto avverso non è noto. Le gliptine, tuttavia, sono associate a un'attivazione cronica del sistema simpatico, che potrebbe avere un ruolo a lungo termine nell'aggravare l'insufficienza cardiaca, soprattutto nei pazienti ad alto rischio.

In pratica - I consulenti di UpToDate scrivono che gli inibitori della DPP-4 non vanno considerati come prima scelta per la maggior parte dei pazienti con diabete di tipo 2.

Potrebbero essere presi in considerazione in monoterapia nei pazienti intolleranti o con controindicazioni alla metformina, come i pazienti con insufficienza renale cronica avanzata, in particolare quelli ad alto rischio di ipoglicemia.

Secondo UpToDate gli inibitori della DPP-4 possono essere considerati anche come terapia aggiuntiva in pazienti non adeguatamente controllati con la metformina, un tiazolidinedione o una sulfonilurea.

Per quanto riguarda gli effetti delle gliptine sulle complicanze cardiovascolari del diabete, diversi grandi studi randomizzati non sono riusciti a dimostrare alcun beneficio: lo studio EXAMINE con alogliptin nel 2011, lo studio SAVOR-TIMI-53 con saxagliptin nel 2013 e lo studio TECOS con sitagliptin nel 2015.

Nelle conclusioni dello studio SAVOR (finanziato da AstraZeneca e Bristol-Myers Squibb), gli autori ammettono che “l'inibizione della DPP-4 con saxagliptin non ha aumentato o ridotto il tasso di eventi ischemici, anche se la percentuale di ricoveri per insufficienza cardiaca è aumentata.”

Nelle conclusioni dello studio TECOS (finanziato da Merck) i risultati sono presentati sotto una luce positiva: “l'aggiunta di sitagliptin alle cure abituali non sembra aumentare il rischio di eventi cardiovascolari avversi maggiori, di ricovero per insufficienza cardiaca o di altri eventi avversi.”

I consulenti della rivista indipendente tedesca arznei-telegram sono fortemente critici nei confronti di queste conclusioni: “Un farmaco antidiabetico non può essere giustificato dal fatto che il suo uso non comporta rischi cardiovascolari. Lo studio TECOS deve essere considerato uno studio con un risultato sfavorevole per sitagliptin: la dimostrazione prevista di una riduzione degli eventi cardiovascolari non è stata fornita, nonostante tre anni di follow-up, nonostante la riduzione dei valori di HbA1c dello 0,3% e nonostante la sperimentazione coinvolgesse un gruppo a rischio con malattie vascolari manifeste. In questo contesto, i segnali di rischio osservati sono ancora più gravi."

Anche i revisori della rivista Prescrire, fin dalla prima immissione in commercio nel 2007 sono stati critici nei confronti delle gliptine, che sono sempre state inserite nelle revisioni annuali della lista dei farmaci che Prescrire consiglia di non utilizzare.

I consulenti di Prescrire ritengono che siano farmaci che, da un lato non hanno dimostrato una efficacia nella riduzione delle complicanze del diabete e riducono l'emoglobina glicata solo in misura minima, e dall'altro hanno un profilo di sicurezza pesante che rende sfavorevole il rapporto rischio/beneficio.



Goodman and Gilman's The Pharmacological Basis of Therapeutics
McGraw Hill, 14a edizione, 2023; pp. 1039-1040

Dipeptidyl peptidase 4 (DPP-4) inhibitors for the treatment of type 2 diabetes mellitus
UpToDate - topic last updated: Oct 24, 2022

FDA warns that DPP-4 inhibitors for type 2 diabetes may cause severe joint pai
FDA drag safety communication - agosto 2015.

Dipeptidyl peptidase-4 inhibitors and risk of arthralgia: A systematic review and meta-analysis.
Diabetes Metab. 2017 Dec;43(6):493-500

Effect of dipeptidyl peptidase-4 inhibitors on heart failure: A meta-analysis of randomized clinical trials.
Int J Cardiol. 2016 May 15;211:88-95

Effect of Sitagliptin on Cardiovascular Outcomes in Type 2 Diabetes.
N Engl J Med. 2015 Jul 16;373(3):232-42

Sitagliptin und TECOS: wie eine negativstudie zur positivstudie wird
arznei telegram 2015;46: 61-2

Saxagliptin and cardiovascular outcomes in patients with type 2 diabetes mellitus.
N Engl J Med. 2013 Oct 3;369(14):1317-26




Gilberto Lacchia - Pubblicato 20/02/2023 - Aggiornato 20/02/2023

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