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Un farmaco del XIX° secolo ma ancora utilizzato, anche se non come un tempo. Ha una lunga emivita e una finestra terapeutica ristretta. È necessaria molta attenzione nella prescrizione e nel controllo dei livelli sierici, dato che oggi l’utilizzo interessa spesso soggetti con fattori di rischio per intossicazione digitalica: insufficienza renale, anziani, fragili, defedati, donne e politrattati.
La prima descrizione dell'uso terapeutico della Digitalis purpurea si trova in un testo del 1775 di William Withering. I suoi glicosidi, tra cui la digossina, vennero isolati nella seconda metà dell'ottocento.
Fino a quando non sono stati disponibili i diuretici, i glicosidi cardiaci erano gli unici farmaci per l'insufficienza cardiaca. Comprendono diverse molecole, ma attualmente solo la digossina è utilizzata in terapia.
Fino agli anni '80, i glicosidi cardiaci venivano dosati in base agli effetti terapeutici quali il miglioramento della diuresi (Withering li considerava diuretici), la riduzione delle dimensioni cardiache all'Rx o le tipiche alterazioni dell'ECG, e ai sintomi di sovradosaggio.
Oggi le concentrazioni sieriche della digossina possono essere misurate con un test radioimmunologico.
L'effetto inotropo positivo della digossina deriva dall'aumento del Ca2+ intracellulare, che è anche alla base delle aritmie da intossicazione digitalica.
Inoltre, la digossina esercita un'importante azione vagotonica, con conseguente inibizione delle correnti di Ca2+ nel nodo AV e attivazione delle correnti atriali di K+ mediate dall'acetilcolina.
I principali effetti elettrofisiologici "indiretti" sono l'iperpolarizzazione, l'accorciamento dei potenziali d'azione atriali e l'aumento della refrattarietà del nodo AV.
Quest'ultima azione spiega l'utilità della digossina nel terminare le aritmie da rientro che interessano il nodo AV e nel controllare la risposta ventricolare nei pazienti con fibrillazione atriale.
Le indicazioni presenti nella scheda tecnica italiana (aggiornamento 2021) sono:
Nello studio del Digitalis Investigation Group del 1997, l'effetto complessivo della digossina sulla mortalità è stato neutro.
Gli effetti della digossina nei pazienti con scompenso cardiaco con ridotta frazione di eiezione e fibrillazione atriale (FA) non sono stati studiati in studi randomizzati e controllati.
Le linee guida ESC 2021 affermano che nei pazienti con scompenso cardiaco sintomatico e FA, la digossina può essere utile in caso di frequenza ventricolare rapida, quando non è possibile utilizzare altre opzioni terapeutiche.
La digossina viene eliminata principalmente per via renale immodificata. La riduzione della funzione renale comporta un accumulo con il rischio di intossicazione. La dose va calcolata in base a età , peso, sesso e funzionalità renale.
Occorre cautela, inoltre, nelle donne, negli anziani, nei soggetti fragili, ipokaliemici e malnutriti.
La prima descrizione dell'uso terapeutico della Digitalis purpurea si trova in un testo del 1775 di William Withering. I suoi glicosidi, tra cui la digossina, vennero isolati nella seconda metà dell'ottocento.
Fino a quando non sono stati disponibili i diuretici, i glicosidi cardiaci erano gli unici farmaci per l'insufficienza cardiaca. Comprendono diverse molecole, ma attualmente solo la digossina è utilizzata in terapia.
Fino agli anni '80, i glicosidi cardiaci venivano dosati in base agli effetti terapeutici quali il miglioramento della diuresi (Withering li considerava diuretici), la riduzione delle dimensioni cardiache all'Rx o le tipiche alterazioni dell'ECG, e ai sintomi di sovradosaggio.
Oggi le concentrazioni sieriche della digossina possono essere misurate con un test radioimmunologico.
L'effetto inotropo positivo della digossina deriva dall'aumento del Ca2+ intracellulare, che è anche alla base delle aritmie da intossicazione digitalica.
Inoltre, la digossina esercita un'importante azione vagotonica, con conseguente inibizione delle correnti di Ca2+ nel nodo AV e attivazione delle correnti atriali di K+ mediate dall'acetilcolina.
I principali effetti elettrofisiologici "indiretti" sono l'iperpolarizzazione, l'accorciamento dei potenziali d'azione atriali e l'aumento della refrattarietà del nodo AV.
Quest'ultima azione spiega l'utilità della digossina nel terminare le aritmie da rientro che interessano il nodo AV e nel controllare la risposta ventricolare nei pazienti con fibrillazione atriale.
Le indicazioni presenti nella scheda tecnica italiana (aggiornamento 2021) sono:
- trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica con prevalente disfunzione sistolica (specificando che la digossina è particolarmente indicata se l'insufficienza cardiaca è associata a fibrillazione atriale);
- trattamento della fibrillazione e del flutter atriale cronico al fine di ridurre la risposta ventricolare.
Nello studio del Digitalis Investigation Group del 1997, l'effetto complessivo della digossina sulla mortalità è stato neutro.
Gli effetti della digossina nei pazienti con scompenso cardiaco con ridotta frazione di eiezione e fibrillazione atriale (FA) non sono stati studiati in studi randomizzati e controllati.
Le linee guida ESC 2021 affermano che nei pazienti con scompenso cardiaco sintomatico e FA, la digossina può essere utile in caso di frequenza ventricolare rapida, quando non è possibile utilizzare altre opzioni terapeutiche.
La digossina viene eliminata principalmente per via renale immodificata. La riduzione della funzione renale comporta un accumulo con il rischio di intossicazione. La dose va calcolata in base a età , peso, sesso e funzionalità renale.
Occorre cautela, inoltre, nelle donne, negli anziani, nei soggetti fragili, ipokaliemici e malnutriti.
L'emivita di eliminazione plasmatica della digossina è compresa tra 1,5 e 2 giorni. Poiché lo steady state viene raggiunto entro 5 emivite, occorrono circa 7 giorni per raggiungere un nuovo equilibrio dopo una variazione posologica o anche di più in caso di insufficienza renale.
La digossina si distribuisce largamente alla muscolatura scheletrica, al tessuto cardiaco e ad altri tessuti magri e ha un grande volume di distribuzione nei soggetti normali.
Questo volume è ridotto negli anziani e in soggetti con ridotta massa muscolare scheletrica o insufficienza renale.
Effetti avversi
La maggior parte delle reazioni avverse alla digossina sono segni di sovradosaggio.
- disturbi digestivi: anoressia, nausea, vomito, diarrea, dolori addominali sono i primi segni di intossicazione;
- disturbi neuropsicologici: confusione, disorientamento, astenia, cefalea, vertigini, convulsioni, allucinazioni;
- disturbi oculari: visione offuscata, alterazioni della visione dei colori (segno di intossicazione) con oggetti che appaiono gialli (xantopsia) o più raramente verdi, rossi, marroni, blu o bianchi; blefarospasmo;
- disturbi cardiaci aggravati dall'ipokaliemia e talvolta fatali: peggioramento dell'insufficienza cardiaca, aritmie sopraventricolari o ventricolari, disturbi di conduzione, bradicardie;
- ginecomastia;
- eruzioni cutanee;
- trombocitopenia.
Interazioni
Le interazioni sono correlate all'effetto aritmogeno della digossina che aumenta in caso di sovradosaggio o a interazioni farmacocinetiche.
- Farmaci che riducono la funzione renale: ACE-inibitori, sartani, ciclosporina, FANS.
- Inibitori della glicoproteina P: principalmente i macrolidi, soprattutto claritromicina, ma anche azitromicina, josamicina, eritromicina, roxitromicina.
- Induttori della glicoproteina P: possono diminuire i livelli sierici di digossina (carbamazepina, tè verde, fenitoina, rifampicina, iperico).
- Farmaci che inducono ipokaliemia: diuretici dell'ansa o tiazidici, lassativi (soprattutto stimolanti), beta-2 stimolanti (p.es. salbutamolo, salmeterolo, formoterolo), corticosteroidi, aminoglicosidi, chemioterapici che inducono vomito, farmaci che facilitano l’ingresso del potassio nelle cellue (p.es. sirolimus, leflunomide), caffeina, insuline.
- Farmaci bradicardizzanti che aumentano gli effetti aritmogeni della digossina: beta-bloccanti, ivabradina, ranolazina, diltiazem, verapamil, anticolinesterasici (donepezil, galantamina), rivastigmina, neostigmina, piridostigmina, midodrina.
- Farmaci che aumentano la calcemia: vitamina D e derivati (p.es. calcipotriolo), calcio, carbonato di calcio, teriparatide, antiacidi a base di carbonato di calcio, diuretici tiazidici che riducono l'eliminazione renale di calcio.
- Altri farmaci che possono aumentare il rischio di intossicazione digitalica sono: dronedarone, telmisartan, antivirali (nirmatrelvir, ritonavir, saquinavir, telaprevir), statine (simvastatina, atorvastatina), tetracicline (minociclina, tetraciclina), rabeprazolo.
L'ipotiroidismo aumenta il rischio di aritmie da digossina. Ciò può verificarsi anche con l’assunzione di amiodarone, litio, interferon alfa, antitumorali anti-VEGF (p.es. sunitinib) o assunzione eccessiva di iodio.
Posologia
La digossina è un farmaco con finestra terapeutica ristretta. L'aumento dei livelli sierici di digossina può avere conseguenze cliniche gravi o addirittura fatali.
Prima dell’inizio della terapia va verificata la funzione renale, escludendo anche disturbi elettrolitici, soprattutto ipokaliemia, ipomagnesemia e ipercalcemia.
La digitalizzazione rapida, per il controllo della risposta ventricolare in caso di FA o flutter atriale non è più usata, in quanto esistono farmaci più efficaci.
Nei pazienti con riduzione della clearance della creatinina è necessario un aggiustamento posologico. Può essere utilizzata la tabella a fianco: la clearance della creatinina è quella risultante dalla formula di Cockcroft e Gault; la dose di 0.0625 mg al giorno può essere ottenuta anche somministrando le compresse da 0.125 mg a giorni alterni.
Non esistono linee guida rigide sul range terapeutico della digossina.
Nel 2003 è stata pubblicata un’analisi post hoc dei dati dello studio del Digitalis Investigation Group, pubblicato sul NEJM nel 1997.
I pazienti randomizzati alla terapia con digossina sono stati divisi in 3 gruppi in base alla digossinemia a 1 mese:
- 0,5-0,8 ng/ml, n = 572;
- 0,9-1,1 ng/ml, n = 322;
- ≥ 1,2 ng/ml, n = 277.
Dopo un follow-up medio di 37 mesi, rispetto al gruppo placebo, la mortalità è risultata minore nel sottogruppo con livelli di digossina compresi tra 0,5 e 0,8 ng/ml e maggiore nel sottogruppo con livelli di digossina >1,2 ng/ml (differenza statisticamente significativa per entrambi i confronti tra questi sottogruppi e il gruppo placebo).
In scheda tecnica il livello sierico ottimale della digossina è indicato da 0,5 a 1,0 ng/ml.
Nelle linee guida ESC del 2021 sul trattamento dell’insufficienza cardiaca si consiglia di monitorare la digossinemia con target <1,2 ng/ml.
È necessario prelevare campioni di sangue almeno 6 ore, ma preferibilmente 12 ore, dopo l'assunzione della digossina per garantire il completamento della distribuzione dal sangue ai tessuti.
Nei pazienti con insufficienza renale avanzata o in emodialisi, il livello di digossina va controllato almeno 12-24 ore dopo la dose precedente. Le concentrazioni di digossina nel siero misurate prima di questi intervalli possono risultare falsamente elevate.
Supponendo che la digossinemia sia stata dosata con un prelievo nel momento corretto, allo steady state e in condizioni di funzionalità renale stabile, esiste una relazione lineare tra dose di digossina e concentrazione sierica.
Per esempio: in un paziente che assume 0.250 mg/d, troviamo una digossinemia allo steady state pari a 1,6 ng/ml. Se si deisdera ottenere una digossinemia di 0,8 ng/ml, la dose deve essere ridotta del 50%, cioè 0,125 mg/d in questo esempio.
La stessa relazione lineare vale per i pazienti la cui concentrazione sierica è inferiore a quella desiderata, nei quali è necessario un aumento della dose.
In pratica - La digossina è un farmaco meno utilizzato di un tempo, che può essere utile per il controllo della frequenza nella FA e in alcuni casi nell’insufficienza cardiaca.
È un farmaco con finestra terapeutica ristretta, che ha il miglior rapporto rischio/beneficio a livelli sierici <1,0 ng/ml.
La prevenzione del sovradosaggio di digossina si basa su:
- monitoraggio della funzione renale;
- riduzione del dosaggio della digossina in situazioni ad alto rischio;
- informazione dei pazienti e dei loro familiari sui sintomi di sovradosaggio, in modo che possano riconoscerli tempestivamente;
- stretto monitoraggio clinico e dosaggio della digossinemia in caso di :
- eventi avversi;
- alterazioni della funzione renale;
- associazione di farmaci potenzialmente interagenti.
Treatment with digoxin: Initial dosing, monitoring, and dose modification
UpToDate - Topic last updated: Aug 16, 2022
Goodman and Gilman's The Pharmacological Basis of Therapeutics
McGraw Hill, 14a edizione, 2023; pp. 658-660
2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure.
Eur Heart J. 2021 Sep 21;42(36):3599-3726
The effect of digoxin on mortality and morbidity in patients with heart failure.
N Engl J Med. 1997 Feb 20;336(8):525-33
Association of serum digoxin concentration and outcomes in patients with heart failure.
JAMA. 2003 Feb 19;289(7):871-8
Gilberto Lacchia - Pubblicato 20/01/2023 - Aggiornato 20/01/2023
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