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407 - Gliflozine: effetti cardiovascolari e renali

[Tempo di lettura: 8 min] 
Gli inibitori dell’SGLT2 o gliflozine hanno comportato un importante cambiamento nella terapia dei pazienti con o ad alto rischio di insufficienza cardiaca, progressione di una nefropatia cronica o entrambe. L'inibizione dell’SGLT2 migliora gli esiti cardiovascolari nei pazienti con insufficienza cardiaca, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno un diabete di tipo 2. Oltre ad avere proprietà glicosuriche e natriuretiche, questi farmaci riducono anche il rischio di nefropatia terminale nei diabetici di tipo 2 e nei pazienti con nefropatia cronica.

I trasportatori di glucosio sono proteine integrali di membrana che mediano il trasporto di glucosio e sostanze strutturalmente correlate attraverso le membrane cellulari.

Il trasporto del glucosio trans-membrana è legato a quello del sodio e queste proteine sono definite Sodium-GLucose Transporter (SGLT).

Sono state descritte due isoforme di SGLT:
  • SGLT1, che si trova principalmente nell'intestino tenue sull'orletto a spazzola dei villi intestinali.
  • SGLT2, che si trova quasi esclusivamente nelle cellule epiteliali del tubulo renale prossimale, dove è responsabile di oltre il 90% del riassorbimento del glucosio e del 65% del riassorbimento del sodio.
Negli anni ‘90 un’azienda farmaceutica giapponese ha sviluppato il primo inibitore SGLT2 orale che riduceva la glicemia nei ratti diabetici.

Gli studi clinici hanno dimostrato che questa classe di farmaci, definita anche gliflozine, era relativamente sicura e riduceva i livelli di emoglobina glicata di circa lo 0,5-1,1%. Dato che non hanno un’azione insulino-dipendente, non causano ipoglicemia, a meno che non vengano somministrati con altri ipoglicemizzanti.

Prima dell’approvazione negli USA, la FDA ha richiesto alle aziende di condurre studi per valutare la sicurezza cardiovascolare delle gliflozine.

Effetti sulla funzione cardiovascolare

I numerosi studi sugli outcome cardiovascolari delle gliflozine, riassunti in tabella, hanno dimostrato che questi farmaci tendono a ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori, morte cardiovascolare e ricovero per insufficienza cardiaca.

In particolare, l’effetto protettivo delle gliflozine si è dimostrato sul ricovero per insufficienza cardiaca.

Per valutarlo meglio è stato condotto lo studio Dapagliflozin and Prevention of Adverse Outcomes in Heart Failure (DAPA-HF), pubblicato nel 2019.

Il DAPA-HF era limitato a pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione <40% (FE media 31%). Il 55% dei 4744 pazienti arruolati non aveva diabete di tipo 2. Dallo studio sono stati esclusi i pazienti con diabete di tipo 1.

Dopo un follow-up medio di 18 mesi, nei pazienti randomizzati a dapagliflozin si è osservata una riduzione significativa di mortalità cardiovascolare o ricovero per insufficienza cardiaca (HR 0,74) e una riduzione del 31% dei ricoveri per insufficienza cardiaca.

La mortalità per tutte le cause era 11,5% nel gruppo dapagliflozin e 14% nel gruppo placebo.

I miglioramenti erano simili nei pazienti con e senza diabete di tipo 2, indicando che i benefici cardiovascolari dell'inibitore SGLT2 sono indipendenti dalle sue proprietà ipoglicemizzanti.

Nei pazienti non diabetici non sono stati segnalati episodi di ipoglicemia grave e non si è osservata una riduzione dell'emoglobina HbA1c.

Lo studio Empagliflozin Outcome Trial in Patients with Chronic Heart Failure and a Reduced Ejection Fraction (EMPEROR-Reduced) era simile a DAPA-HF, ma riguardava pazienti con disfunzione sistolica più grave.

Anche in questo caso, il beneficio è stato osservato sia nei soggetti con diabete di tipo 2 sia in quelli senza.

Si è osservato un miglioramento sul rischio di insufficienza cardiaca, livelli di peptide natriuretico (NT-proBNP), funzione renale e glicemia basale.

Una metanalisi sugli 8474 pazienti degli studi DAPA-HF ed EMPEROR-Reduced ha mostrato che l'endpoint primario, ricovero per insufficienza cardiaca o morte cardiovascolare, è stato ridotto in modo significativo e quasi identico tra i pazienti con e senza diabete di tipo 2.

Effetti sulla funzione renale

Lo studio EMPA-REG OUTCOME, pubblicato nel 2015, è stato il primo a dimostrare una riduzione significativa (HR 0,61) dello sviluppo o del deterioramento di insufficienza renale, definito da raddoppio della creatininemia, aumento dell'albuminuria, inizio di un trattamento dialitico o morte per insufficienza renale.

Anche se la terapia con empagliflozin produceva una iniziale riduzione dell'eGFR, veniva seguita da un rallentamento del peggioramento rispetto al placebo. Questa transitoria riduzione è stata osservata anche con altri inibitori SGLT2 e non comporterebbe problemi di sicurezza.

Il dapagliflozin è autorizzato in Europa anche per il trattamento dell'insufficienza renale cronica. L'autorizzazione si basa principalmente sullo studio DAPA-CKD, pubblicato a fine 2020 e finanziato da AstraZeneca.

Nel DAPA-CKD sono stati randomizzati 4304 pazienti in due gruppi uguali, diabetici e non, con insufficienza renale. L'eGFR era tra 25 e 75 ml/min (media 43 ml/min), con rapporto albuminuria/creatinuria compreso tra 200 mg/g e 5000 mg/g (nella metà dei soggetti era >1000 mg/g).

L'endpoint combinato comprendeva riduzione persistente dell'eGFR di almeno il 50%, sviluppo di nefropatia terminale, morte per cause cardiovascolari o morte per insufficienza renale.

Un evento dell'endpoint si è verificato nel 9,2% dei pazienti del gruppo dapagliflozin rispetto al 14,5% dei pazienti del gruppo placebo. Per questo motivo lo studio è stato interrotto prima del tempo, dopo 2,4 anni di follow-up.

Effetti avversi

Gli effetti avversi più comuni delle gliflozine sono le infezioni micotiche genitali, in rapporto all'effetto glucosurico di questi farmaci. Si verificano più spesso nelle donne che negli uomini.

Effetti avversi meno comuni sono le infezioni delle vie urinarie e la pielonefrite.

La chetoacidosi, relativamente poco frequente, può verificarsi soprattutto in pazienti anziani con deplezione di volume. Può essere precipitata da una malattia acuta o dal digiuno e associarsi a un’ipotensione grave.

Una forma di chetoacidosi nei pazienti che assumono inibitori dell’SGLT2 è la chetoacidosi atipica euglicemica, non associata a un aumento della glicemia.

Nello studio CANVAS (Canagliflozin Cardiovascular Assessment Study) è stato osservato un raddoppio dell'incidenza di amputazioni agli arti inferiori e un aumento delle fratture ossee. Queste complicanze non sono state osservate nello studio CREDENCE sul canagliflozin, e non sono state segnalate con altre gliflozine.

Un altro effetto raro, ma grave, sono le infezioni perineali o genitali che si manifestano con dolore, edema genitale o perineale e febbre (gangrena di Fournier).






Gliflozins in the Management of Cardiovascular Disease
N Engl J Med 2022; 386:2024-2034

Dapagliflozin (Forxiga°) and chronic heart failure. An alternative to the sacubitril + valsartan combination, with the serious adverse effects common to all gliflozins
Prescrire International 2021 ; 30 (232) : 285-287

Cardiovascular and renal outcomes with empagliflozin in heart failure.
N Engl J Med 2020;383:1413-1424.

Dapagliflozin in Patients with Chronic Kidney Disease.
N Engl J Med. 2020 Oct 8;383(15):1436-1446.

SGLT2 inhibitors in patients with heart failure with reduced ejection fraction: a meta-analysis of the EMPEROR-Reduced and DAPA-HF trials.
Lancet 2020;396:819-829.

Dapagliflozin in patients with heart failure and reduced ejection fraction.
N Engl J Med 2019;381:1995-2008.






Gilberto Lacchia - Pubblicato 06/06/2022 - Aggiornato 06/06/2022

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