A un quarto di secolo dall’immissione in commercio dei farmaci per il morbo di Alzheimer, si hanno molte informazioni su profilo di sicurezza e interazioni farmacologiche. Sono farmaci che non hanno modificato la storia naturale della malattia e in alcune situazioni la deprescrizione può essere la scelta migliore.
In Italia i farmaci disponibili per il trattamento della malattia di Alzheimer sono:
- Anticolinesterasici
- Donepezil (demenza di grado lieve-moderato)
- Rivastigmina (demenza da lieve a moderatamente grave)
- Galantamina (demenza da lieve a moderatamente grave)
- Antagonista dei recettori dell’N-Metil-D-Aspartato (NMDA)
- Memantina (demenza da moderata a grave)
EFFETTI AVVERSI DEGLI ANTICOLINESTERASICI
Gastroenterici - Sono frequenti e dose-dipendenti. Si tratta soprattutto di nausea, vomito, anoressia, diarrea, dolore addominale e dispepsia. Per prevenire questi disturbi è utile iniziare la terapia a basse dosi gradualmente crescenti.
Neurologici - Si tratta soprattutto di vertigini, tremore, cefalea, sonnolenza e insonnia. Più raramente, sono stati segnalati sintomi extrapiramidali e convulsioni, oltre a disturbi psichiatrici come depressione, allucinazioni, agitazione, comportamento aggressivo e confusione.
Tra le reazioni avverse extrapiramidali è stata segnalata una distonia acuta detta “sindrome di Pisa”. Il paziente assume una posizione con flessione laterale di tronco, testa e collo, con una postura che ricorda la torre di Pisa. È un disturbo extrapiramidale noto anche per i neurolettici.
Cardiovascolari - I farmaci anticolinesterasici hanno un effetto bradicardizzante e possono causare disturbi della conduzione. Sono state segnalate sincopi, bradicardia, blocchi atrioventricolari, blocchi di branca e arresto cardiaco. Con la sospensione dell’anticolinesterasico o con la riduzione della dose sono stati osservati miglioramenti delle aritmie.
Disturbi della termoregolazione - L’effetto colinergico può causare ipersudorazione e quindi disidratazione, soprattutto durante le stagioni calde.
Incontinenza urinaria - L'incontinenza urinaria è un effetto avverso riconosciuto degli anticolinesterasici, dipendente dal loro meccanismo di azione. Il rischio di cascata prescrittiva, con introduzione di un anticolinergico per l’incontinenza è stato identificato in diversi studi.
INTERAZIONI FARMACOLOGICHE
Anticolinergici - L’associazione con anticolinesterasici comporta un antagonismo dell’effetto farmacologico e dovrebbe essere evitata. Si può verificare con farmaci prescritti per l’incontinenza urinaria (ossibutinina, solifenacina, tolterodina), broncodilatatori (ipratropio bromuro, tiotropio), colliri midriatici, ecc.
Altri farmaci con un effetto anticolinergico sono cimetidina, codeina, digossina, furosemide, nifedipina, prednisone, warfarin.
Un altro motivo per evitare gli anticolinergici è il loro effetto di aggravamento sul deficit cognitivo. Gli effetti centrali degli anticolinergici, inoltre, possono provocare disturbi del comportamento, allucinazioni visive, agitazione, irritabilità, delirium e aggressività. (➡Anziani e anticolinergici)
Neurolettici - Data la frequenza di disturbi del comportamento nella malattia di Alzheimer, non sono rare le prescrizioni di neurolettici.
I neurolettici hanno proprietà antidopaminergiche che da un lato sono all'origine dell'effetto antipsicotico desiderato, e dall'altro degli effetti collaterali extrapiramidali: distonie, discinesie, sindromi parkinsoniane, acatisia, discinesie tardive.
Gli anticolinesterasici possono peggiorare delle sindromi extrapiramidali e l’associazione con neurolettici può avere un effetto sinergico. In pazienti trattati con donepezil, dopo la prescrizione di un neurolettico sono note numerose segnalazioni di sindromi extrapiramidali gravi (parkinsonismo, rigidità fino all'immobilità).
Disturbi del ritmo - Gli anticolinesterasici sono bradicardizzanti, e possono indurre disturbi della conduzione. Questi effetti collaterali cardiaci si sommano a quelli di altri farmaci. Un maggior rischio si è osservato in associazione con altri farmaci bradicardizzanti (amiodarone, beta-bloccanti, digossina, diltiazem, verapamil), con farmaci depressori della conduzione e farmaci che allungano l’intervallo QT, come antiaritmici, neurolettici, ecc. (➡ Farmaci che allungano l’intervallo QT).
Interazioni farmacocinetiche - Donepezil e galantamina nel fegato sono metabolizzati da due isoenzimi del citocromo P450. Queste interazioni comportano un accumulo di donepezil e galantamina con possibile aumento degli effetti avversi.
- Isoenzima 3A4: inibitori del CYP3A4 sono farmaci cardiovascolari (amiodarone, diltiazem, verapamil), la maggior parte dei macrolidi, eccetto la spiramicina (Rovamicina°), gli antimicotici azolici, alcuni antiretrovirali (ritonavir, saquinavir) e il succo di pompelmo.
- Isoenzima 2D6: inibitori del CYP2D6 sono soprattutto alcuni SSRI (fluoxetina, paroxetina), neurolettici (aloperidolo), bupropione, chinidina, ritonavir.
La rivastigmina è metabolizzata soprattutto dalle colinesterasi. Ha un basso legame con gli isoenzimi del citocromo P450. Ciò indica un minor rischio di interazioni farmacocinetiche, senza escluderle del tutto.
MEMANTINA
La memantina ha un profilo di effetti avversi diverso dagli anticolinesterasici. I disturbi più frequenti sono sono agitazione, vertigini, cefalea, ipertensione, stipsi, astenia, sonnolenza, allucinazioni o confusione. Raramente sono state segnalate convulsioni.
Le interazioni farmacologiche con la memantina sono state poco studiate. Il suo profilo di interazione è dedotto soprattutto dagli effetti farmacodinamici noti e dalle caratteristiche farmacocinetiche.
L'associazione della memantina con un altro antagonista del recettore NMDA, come amantadina, ketamina o destrometorfano (sciroppi per la tosse), può aumentare l'incidenza e la gravità degli effetti avversi neuropsicologici.
Anche per la memantina è stata segnalata bradicardia, più spesso in associazione con altri farmaci bradicardizzanti, come anticolinesterasici, beta-bloccanti o digossina.
La memantina ha effetti dopaminergici che vengono aumentati se associata ad altri farmaci dopaminergici. Allo stesso modo, gli effetti anticolinergici sono aumentati in associazione ad altri anticolinergici.
L’associazione con farmaci che abbassano la soglia convulsivante (neurolettici, litio, tramadolo, anticolinesterasici) aumenta il rischio di crisi.
La memantina viene eliminata principalmente per via renale, con un'emivita di eliminazione da 60 a 100 ore. L'aumento del pH urinario diminuisce l'escrezione renale ed espone ad accumulo di memantina.
Diuretici, FANS, ACE-inibitori e sartani possono diminuire la funzione renale e l'escrezione della memantina.
Competono con la memantina anche farmaci che condividono lo stesso meccanismo di secrezione tubulare (amantadina, cimetidina, triamterene), di trasporto cationico renale (ranitidina, chinidina, nicotina) o che aumentano il pH delle urine (antiacidi, inibitori dell'anidrasi carbonica, ecc.).
La memantina è metabolizzata dagli isoenzimi CYP2B6 e CYP2D6. Non può essere esclusa un'interazione con i farmaci che dipendono da questi isoenzimi per il loro metabolismo.
I farmaci con indicazione per il morbo di Alzheimer sono in commercio da metà degli anni ‘90. Nel 2018, la Francia è stata la prima nazione a renderli non più rimborsabili, considerandoli di utilità minima, transitoria e di incerta rilevanza clinica.
La decisione è stata preceduta da una lunga campagna della rivista Prescrire, che per anni ha espresso un parere negativo sull’uso di questi farmaci che, a distanza di decenni, non avevano dimostrato di modificare in modo apprezzabile il decorso della malattia.
Le autorità sanitarie francesi hanno ritenuto che l’attenzione e le risorse dovessero essere concentrate su approcci non farmacologici alla malattia di Alzheimer e più centrati sul paziente.
In una revisione Cochrane del 2018 degli studi sul donepezil, a sei mesi la differenza media tra i gruppi trattati e quelli di controllo risultava di soli 2,7 punti relativi alla parte cognitiva di una scala di valutazione di 70 punti, e 1,1 punti su 30 del MMSE. Le revisioni Cochrane degli altri farmaci hanno indicato benefici cognitivi di entità simile.
In un panorama così sconfortante, se la terapia con i farmaci per la demenza produce effetti avversi o interazioni significative con altre terapie necessarie, la deprescrizione può essere una scelta a beneficio del paziente.
La deprescrizione degli anticolinesterasici è stata studiata negli Stati Uniti su circa 37000 ospiti con demenza grave ricoverati in case di riposo.
Lo studio osservazionale è stato pubblicato nel 2020. Gli autori concludevano che la sospensione degli anticolinesterasici non comporta un eccesso di rischio di eventi avversi e può associarsi a una leggera riduzione del rischio di cadute e fratture.
In una recensione dello studio pubblicata su Journal Watch, il commentatore concludeva che “poiché gli anticolinesterasici probabilmente non apportano benefici ai pazienti con demenza grave, ma contribuiscono alla politerapia e sono associati a numerosi potenziali effetti avversi, sospenderli in questi pazienti sembra essere sicuro e sensato.”
Adverse reactions to drugs used in the treatment of Alzheimer’s disease
Adverse Drug Reaction Bulletin. 2011;268:1031-1034
Alzheimer's disease: beware of interactions with cholinesterase inhibitors.
Prescrire Int. 2006 Jun;15(83):103-6
Clinically significant drug interactions with cholinesterase inhibitors: a guide for neurologists.
CNS Drugs. 2003;17(13):947-63
Drug interactions with cholinesterase inhibitors.
Drugs Aging. 2003;20(6):437-44
Donepezil for dementia due to Alzheimer's disease.
Cochrane Database Syst Rev. 2018 Jun 18;6(6):CD001190
Risk for health events after deprescribing acetylcholinesterase inhibitors in nursing home residents with severe dementia.
J Am Geriatr Soc 2020 Apr; 68:699
France removes state funding for dementia drugs.
BMJ. 2019 Dec 30;367:l6930
Gilberto Lacchia - Pubblicato 15/10/2021 - Aggiornato 15/10/2021
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