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Soppesare il beneficio della prevenzione dell'ictus e il rischio emorragico può essere particolarmente impegnativo negli anziani con fibrillazione atriale. Due studi osservazionali statunitensi affrontano questi aspetti della terapia anticoagulante in anziani con fragilità, deterioramento cognitivo e demenza.
Nei soggetti nei quali viene diagnosticata una fibrillazione atriale (FA), il pilastro del processo decisionale è il punteggio CHA2DS2-VASc, che stima il rischio di ictus senza trattamento.
In virtù dell'età e delle comorbidità, quasi tutti i pazienti anziani rientrano nei criteri che soddisfano la soglia per la terapia anticoagulante secondo le linee guida.
Il problema principale nella prescrizione della terapia anticoagulante ai soggetti anziani con FA è principalmente quello di soppesare accuratamente il rischio di un'emorragia maggiore o clinicamente rilevante rispetto a un ictus potenzialmente catastrofico.
L'utilità degli strumenti di previsione del rischio emorragico disponibili è tuttavia limitata, perché le loro prestazioni sono modeste e perché molte variabili di questi strumenti si sovrappongono a quelle del punteggio CHA2DS2-VASc.
Due studi pubblicati sul numero di febbraio del Journal of the American Geriatrics Society, hanno valutato l’effetto della terapia anticoagulante in pazienti anziani, fragili, con deterioramento cognitivo o demenza.
Nel primo studio, 1200 adulti anziani con FA (età media 75 anni; CHA2DS2-VASc medio 4,4) sono stati seguiti per 2 anni.
La terapia anticoagulante è stata associata a un eccesso di emorragie maggiori o di morte nei pazienti con deterioramento cognitivo (Hazard Ratio, 2,23), ma non nei pazienti con livello cognitivo intatto (HR, 0,94).
Gli autori hanno calcolato il Number Needed to Harm (NNH, pazienti da trattare per avere un effetto avverso) e il Number Needed to Treat (NNT, pazienti da trattare per prevenire un ictus), confrontando i pazienti con problemi cognitivi e quelli senza e i pazienti considerati fragili con quelli non fragili.
Tra i pazienti con problemi cognitivi (42% dei partecipanti) il NNH per un’emorragia maggiore o la morte era circa 8 (103 in quelli senza disturbi cognitivi), mentre l’NNT per i pazienti con disturbi cognitivi era circa 30.
Gli effetti avversi associati alla terapia anticoagulante erano inoltre più comuni nei pazienti fragili rispetto a quelli non fragili. La differenza non risultava statisticamente significativa, ma gli autori fanno notare che solo il 20% dei partecipanti rientrava nei criteri di fragilità, diminuendo il potere statistico dello studio.
In un secondo studio, i ricercatori hanno valutato gli esiti in 15.000 residenti in case di riposo con FA e demenza avanzata (donne >70%; punteggio medio CHA2DS2-VASc, 6).
La terapia anticoagulante è stata associata a un numero significativamente maggiore di emorragie gravi (HR, 1,15), ma non a un minor rischio di ictus.
I pazienti scoagulati hanno vissuto in media circa 2,5 mesi in più, ma più della metà dei pazienti di entrambi i gruppi sono morti entro 1 anno.
In pratica - Le linee guida raccomandano la terapia anticoagulante per quasi tutti i pazienti anziani con fibrillazione atriale sulla base di una letteratura in cui sono sottorappresentati gli adulti con deterioramento cognitivo e fragilità.
Questi due studi, entrambi ampiamente aggiustati per i potenziali fattori confondenti, rendono più incerto il beneficio della terapia anticoagulante nei pazienti con deterioramento cognitivo (nei quali i danni dell'anticoagulante sembrano superare sostanzialmente i benefici) e nei pazienti con demenza avanzata (nei quali un leggero prolungamento della vita a spese di un eccesso di emorragie potrebbe non essere in linea con gli obiettivi di cura).
Questi risultati possono essere illustrati ai pazienti con fibrillazione atriale o a chi se ne prende cura, quando è necessario proporre una terapia anticoagulante.
Wang W et al. Differential effect of anticoagulation according to cognitive function and frailty in older patients with atrial fibrillation.
J Am Geriatr Soc 2023 Feb; 71:394.
Ouellet GM et al. Benefits and harms of oral anticoagulants for atrial fibrillation in nursing home residents with advanced dementia.
J Am Geriatr Soc 2023 Feb; 71:561
Gilberto Lacchia - Pubblicato 06/03/2023 - Aggiornato 06/03/2023
Nei soggetti nei quali viene diagnosticata una fibrillazione atriale (FA), il pilastro del processo decisionale è il punteggio CHA2DS2-VASc, che stima il rischio di ictus senza trattamento.
In virtù dell'età e delle comorbidità, quasi tutti i pazienti anziani rientrano nei criteri che soddisfano la soglia per la terapia anticoagulante secondo le linee guida.
Il problema principale nella prescrizione della terapia anticoagulante ai soggetti anziani con FA è principalmente quello di soppesare accuratamente il rischio di un'emorragia maggiore o clinicamente rilevante rispetto a un ictus potenzialmente catastrofico.
L'utilità degli strumenti di previsione del rischio emorragico disponibili è tuttavia limitata, perché le loro prestazioni sono modeste e perché molte variabili di questi strumenti si sovrappongono a quelle del punteggio CHA2DS2-VASc.
Due studi pubblicati sul numero di febbraio del Journal of the American Geriatrics Society, hanno valutato l’effetto della terapia anticoagulante in pazienti anziani, fragili, con deterioramento cognitivo o demenza.
Nel primo studio, 1200 adulti anziani con FA (età media 75 anni; CHA2DS2-VASc medio 4,4) sono stati seguiti per 2 anni.
La terapia anticoagulante è stata associata a un eccesso di emorragie maggiori o di morte nei pazienti con deterioramento cognitivo (Hazard Ratio, 2,23), ma non nei pazienti con livello cognitivo intatto (HR, 0,94).
Gli autori hanno calcolato il Number Needed to Harm (NNH, pazienti da trattare per avere un effetto avverso) e il Number Needed to Treat (NNT, pazienti da trattare per prevenire un ictus), confrontando i pazienti con problemi cognitivi e quelli senza e i pazienti considerati fragili con quelli non fragili.
Tra i pazienti con problemi cognitivi (42% dei partecipanti) il NNH per un’emorragia maggiore o la morte era circa 8 (103 in quelli senza disturbi cognitivi), mentre l’NNT per i pazienti con disturbi cognitivi era circa 30.
Gli effetti avversi associati alla terapia anticoagulante erano inoltre più comuni nei pazienti fragili rispetto a quelli non fragili. La differenza non risultava statisticamente significativa, ma gli autori fanno notare che solo il 20% dei partecipanti rientrava nei criteri di fragilità, diminuendo il potere statistico dello studio.
Il forest plot in cui erano confrontati gli esiti dei pazienti con problemi cognitivi e quelli senza, dimostrava con evidenza il maggior rischio di complicanze dei primi.
La figura è stata considerata emblematica e pubblicata dalla rivista in copertina come immagine del mese.
In un secondo studio, i ricercatori hanno valutato gli esiti in 15.000 residenti in case di riposo con FA e demenza avanzata (donne >70%; punteggio medio CHA2DS2-VASc, 6).
La terapia anticoagulante è stata associata a un numero significativamente maggiore di emorragie gravi (HR, 1,15), ma non a un minor rischio di ictus.
I pazienti scoagulati hanno vissuto in media circa 2,5 mesi in più, ma più della metà dei pazienti di entrambi i gruppi sono morti entro 1 anno.
In pratica - Le linee guida raccomandano la terapia anticoagulante per quasi tutti i pazienti anziani con fibrillazione atriale sulla base di una letteratura in cui sono sottorappresentati gli adulti con deterioramento cognitivo e fragilità.
Questi due studi, entrambi ampiamente aggiustati per i potenziali fattori confondenti, rendono più incerto il beneficio della terapia anticoagulante nei pazienti con deterioramento cognitivo (nei quali i danni dell'anticoagulante sembrano superare sostanzialmente i benefici) e nei pazienti con demenza avanzata (nei quali un leggero prolungamento della vita a spese di un eccesso di emorragie potrebbe non essere in linea con gli obiettivi di cura).
Questi risultati possono essere illustrati ai pazienti con fibrillazione atriale o a chi se ne prende cura, quando è necessario proporre una terapia anticoagulante.
Wang W et al. Differential effect of anticoagulation according to cognitive function and frailty in older patients with atrial fibrillation.
J Am Geriatr Soc 2023 Feb; 71:394.
Ouellet GM et al. Benefits and harms of oral anticoagulants for atrial fibrillation in nursing home residents with advanced dementia.
J Am Geriatr Soc 2023 Feb; 71:561
Gilberto Lacchia - Pubblicato 06/03/2023 - Aggiornato 06/03/2023
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