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422 - “Vacanza terapeutica” dai bifosfonati: come, quando e per quanto tempo

[Tempo di lettura: 11 min] 
I bifosfonati sono una terapia efficace per l’osteoporosi utilizzata da più di 40 anni. Negli ultimi anni, le preoccupazioni per reazioni avverse riconosciute (p.es. esofagite) e i potenziali problemi di sicurezza a lungo termine, come le fratture femorali atipiche, e l'osteonecrosi della mandibola, insieme alla possibilità che la riduzione del rischio di fratture possa persistere per mesi o anni dopo l'interruzione del trattamento a lungo termine, hanno fatto aumentare l'interesse per l'interruzione o la sospensione della terapia dopo alcuni anni di trattamento.

I legami chimici dei bifosfonati (P-C-P) sono analoghi biologici dei legami di pirofosfato (P-O-P) prodotti naturalmente. La sostituzione dell'atomo di ossigeno con uno di carbonio impedisce al composto di essere metabolizzato. Tutti i bifosfonati si legano all'osso e ne inibiscono il riassorbimento.

I vari bifosfonati si differenziano per il grado di legame con l'osso e per la velocità con cui si staccano per essere riciclati nel processo di rimodellamento. Il risedronato si lega meno saldamente e si stacca più in fretta, mentre l'acido zoledronico si lega più saldamente e si stacca più lentamente.

Quando i bifosfonati sono entrati in commercio per la terapia dell'osteoporosi, alla fine degli anni ‘80, non si conosceva la durata ottimale della terapia.

La relativa scarsità di effetti collaterali gravi dei bifosfonati nei primi studi, a parte l'irritazione gastrointestinale che poteva essere facilmente gestita nella maggior parte dei casi, ha suggerito la possibilità di trattamenti a lungo termine, in molti casi a tempo indeterminato.

In chi li utilizzava a lungo termine sono iniziati a emergere casi di fratture spontanee atipiche del femore e di osteonecrosi della mandibola.

Le fratture atipiche del femore sono spesso bilaterali, si verificano con un trauma minimo o nullo e richiedono un intervento chirurgico: sono considerate l’effetto collaterale potenziale più grave dell'uso a lungo termine dei bifosfonati.

Descritte per la prima volta nel 2005, queste fratture si localizzano nell'area subtrocanterica e nella diafisi femorale. Sono state segnalate con maggiore frequenza in persone che assumevano bifosfonati ad alte dosi in campo oncologico.

L’utilizzo di terapie steroidee a lungo termine e il basso peso sono altri fattori di rischio.

Dopo la sospensione del bifosfonato per 1-2 anni, il rischio di fratture atipiche del femore si riduce notevolmente (>70% nel primo anno di interruzione).

L'osteonecrosi della mandibola è una complicanza molto rara dei bifosfonati somministrati per l'osteoporosi, più comune in pazienti oncologici che ricevono dosi elevate di bifosfonati, in genere per mieloma, neoplasie mammarie o cancro prostatico.

L'osteonecrosi della mandibola è definita come esposizione dell’osso nella regione maxillo-facciale, che non guarisce entro 8 settimane in pazienti in terapia con bifosfonati senza precedenti di radioterapia nella regione cranio-facciale.

Le crescenti segnalazioni di effetti collaterali, rari ma potenzialmente gravi, dei bifosfonati hanno reso necessaria riconsiderare l'efficacia e la sicurezza a lungo termine.

Ai fini della terapia dell'osteoporosi, le pause terapeutiche (drug holiday) sono un'interruzione temporanea o eventualmente permanente di una terapia antifratturativa dopo un certo periodo di uso continuativo.

Dopo un trattamento della durata di 3-5 anni, andrebbero discussi con i pazienti i potenziali rischi e benefici di una pausa terapeutica.

Sulla base delle evidenze esistenti, derivanti da studi randomizzati di interruzione dell'uso di alendronato e acido zoledronico, i benefici del trattamento per le fratture vertebrali si mantengono, ma quelli per le fratture non vertebrali sembrano stabilizzarsi o diminuire leggermente dopo 5 anni di uso di alendronato e 3 anni di acido zoledronico.

Esistono pochi dati per altri bifosfonati. 

La maggior parte delle linee guida raccomanda di prendere in considerazione una pausa terapeutica dopo 5 anni di uso di bifosfonati e 3-6 anni di acido zoledronico.

Lo studio FLEX ha valutato il rischio di frattura dell'interruzione della terapia dopo 5 anni di alendronato: gli unici fattori associati a fratture fuori terapia erano una ridotta densità minerale ossea (BMD) e l'età avanzata al momento dell'interruzione.

I candidati ideali per l'inizio di una pausa terapeutica, quindi, sono i soggetti più giovani (<65-75) che hanno completato con successo 3-5 anni di trattamento con bifosfonati senza fratture e la cui BMD non è più nell'intervallo osteoporotico (T-score >-2,5).

I soggetti con precedenti fratture dell'anca o fratture vertebrali multiple, o qualsiasi nuova frattura in corso di trattamento, non sono buoni candidati per una pausa terapeutica e la maggior parte dovrebbe continuare a ricevere il trattamento con bifosfonati fino a 10 anni.

Ai soggetti di età superiore a 65 anni, a quelli con precedenti fratture diverse da quelle dell'anca o vertebrali e a quelli con T-score ancora nell'intervallo osteoporotico, può essere offerta una pausa terapeutica riconoscendo che il rischio di frattura rimane elevato.

Durante una pausa terapeutica, è importante il follow-up periodico per valutare le condizioni cliniche e rafforzare le misure preventive, ma una volta sospeso il bifosfonato non esistono approcci validati per valutare il rischio di frattura.

Qualcuno raccomanda il monitoraggio periodico con densitometria o la misurazione dei marcatori biochimici di turnover osseo, ma non ci sono dimostrazioni empiriche dell'utilità di tale monitoraggio.

Dallo studio FLEX è emerso che nei primi 1-3 anni successivi all'interruzione dell'alendronato, la BMD o il dosaggio della fosfatasi alcalina specifica dell'osso (BAP) nel siero e degli N-telopeptidi dei legami crociati del collagene di tipo I nelle urine (rispettivamente marcatori di formazione e riassorbimento osseo) non erano associati al successivo rischio di frattura.

Viene tuttavia riconosciuto che la BMD predice fortemente le fratture nei soggetti non trattati.

Ripetere la densitometria 3 o più anni dopo l'interruzione dei bifosfonati può rassicurare sia i pazienti sia i medici e potrebbe essere giustificato per identificare rari casi di inattesa rapida riduzione della BMD (>5%).

La ripresa della terapia dopo una pausa terapeutica dovrebbe essere individualizzata, ma non ci sono dati solidi che possano guidare la pratica.

Gli esperti di UpToDate consigliano di riprendere la terapia con bifosfonati entro 5 anni se si verifica una delle seguenti situazioni:
  • Una perdita ossea riproducibile (circa il 5%) su almeno due densitometrie effettuate a distanza di almeno due anni l'una dall'altra, utilizzando lo stesso modello e marca di apparecchiatura.
  • Evidenza di perdita ossea alla colonna vertebrale e all'anca in una densitometria.
  • Evidenza di perdita ossea in una densitometria in uno dei due siti e associata a un valore >600 pg/mL del telopeptide C-terminale del collagene di tipo I a digiuno.
In alternativa, i bifosfonati possono essere ripresi dopo una pausa di 3-5 anni in donne che hanno mostrato un miglioramento durante il ciclo iniziale di bifosfonati e non hanno avuto una frattura precedente.

Sebbene non sia stata sviluppata o convalidata per i soggetti già trattati, la stratificazione del rischio con il punteggio FRAX può essere utile per calcolare il rischio di fratture osteoporotiche dell'anca a 10 anni, poiché il profilo di rischio della paziente potrebbe essere peggiorato.

In pratica - Per pazienti che hanno assunto alendronato o risedronato per 5 anni o trattate con acido zoledronico una volta all'anno per 3 anni, va valutata l’opportunità di una pausa terapeutica.

Basso rischio - Per pazienti a basso rischio di frattura nel prossimo futuro (p.es. densità minerale ossea stabile, assenza di precedenti fratture vertebrali o dell'anca), si suggerisce la sospensione del trattamento, in quanto sembra mantenersi un beneficio residuo sulla massa ossea e sulle fratture.

Alto rischio - Per pazienti ad alto rischio di frattura (storia di frattura osteoporotica prima o durante la terapia, T-score inferiore a -3,0 in assenza di fratture) che assumono alendronato o risedronato, si consiglia di continuare la terapia fino a 10 anni, poiché i dati degli studi clinici dimostrano il mantenimento dei benefici sulla massa ossea e sulle fratture senza un eccessivo aumento del rischio di eventi avversi.

Nelle donne ad alto rischio di frattura, trattate con acido zoledronico, si consiglia la prosecuzione della terapia fino a 6 anni. Alendronato, risedronato e acido zoledronico hanno dimostrato la loro efficacia rispettivamente per 10, 7 e 6 anni.

La European Menopause and Andropause Society consiglia:
  • L'interruzione dei bifosfonati deve essere presa in considerazione in tutti i pazienti trattati per più di 5 anni con alendronato, risedronato o acido zoledronico.
  • Se la paziente non ha subito fratture prima o durante la terapia e il rischio di frattura è basso, si può raccomandare una "pausa terapeutica".
  • Sebbene non vi siano evidenze certe, si suggerisce una pausa di 1-2 anni per il risedronato, 3-5 anni per l'alendronato e 3-6 anni per l'acido zoledronico.
  • Dopo questo periodo, la paziente va rivalutata. Se si verifica una nuova frattura o il rischio di frattura è aumentato o la densità minerale ossea rimane bassa (T-score del collo femorale ≤-2,5), è opportuno riprendere il trattamento.



Continuation of Bisphosphonate Therapy for Osteoporosis beyond 5 Years.
N Engl J Med. 2022 Apr 14;386(15):1467-1469

Bisphosphonate therapy for the treatment of osteoporosis
UpToDate - Topic last updated: Jul 19, 2021

Management of osteoporosis and the prevention of fragility fractures
National clinical guideline - SIGN (Revisione 2021)

Bisphosphonate Drug Holidays in Primary Care: When and What to Do Next?
Curr Osteoporos Rep. 2021 Apr;19(2):182-188

Drug holidays from bisphosphonates and denosumab in postmenopausal osteoporosis: EMAS position statement.
Maturitas. 2017 Jul;101:23-30.

Fracture prediction after discontinuation of 4 to 5 years of alendronate therapy: the FLEX study.
JAMA Intern Med. 2014 Jul;174(7):1126-34






Gilberto Lacchia - Pubblicato 25/07/2022 - Aggiornato 25/07/2022

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