Passa ai contenuti principali

418 - Ricadute di COVID-19 dopo terapia antivirale orale

[Tempo di lettura: 6 min] 
Dopo l'introduzione della terapia antivirale con nirmatrelvir/ritonavir sono stati descritti casi di ricadute cliniche della malattia dopo la terapia antivirale. I pazienti sono contagiosi durante la ricaduta.. Si tratta di situazioni solitamente benigne che richiedono una terapia sintomatica.

Nei 6 mesi successivi all'introduzione di due nuovi farmaci antivirali orali attivi contro SARS-CoV2, sono state descritte ricadute cliniche dopo il trattamento con nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid°).

Alcuni ricercatori hanno suggerito che un fenomeno simile si possa verificare anche con molnupiravir. Sono in corso studi preliminari nei quali si sta cercando di capire frequenza, eziologia e implicazioni cliniche di queste ricadute.

Attualmente non esiste una definizione universalmente accettata di "ricaduta" di COVID associata al trattamento antivirale; tuttavia, i CDC statunitensi descrivono la ricaduta come recidiva dei sintomi di COVID o nuovo test positivo dopo un test negativo entro 2-8 giorni dalla guarigione iniziale.

Incidenza - Diversi studi hanno suggerito che la ricaduta si verifichi in <1% dei pazienti trattati con Paxlovid, anche se non esistono studi clinici prospettici sistematici che convalidino queste stime.

I dati di Pfizer hanno fornito una cifra ≤2%. Le stime di incidenza sono complicate dal fatto che la stessa COVID non trattata può seguire un modello clinico bifasico.

Un breve periodo di riacutizzazione dei sintomi, infatti, può far parte della storia naturale dell'infezione da SARS-CoV2 in alcune persone, indipendentemente dal trattamento con Paxlovid e dallo status vaccinale.

Presentazione clinica - Sono state descritte ricadute in pazienti di tutte le età. La maggior parte era stata precedentemente vaccinata, anche con dose di richiamo.

Nella maggior parte dei casi la terapia con nirmatrelvir/ritonavir era indicata a causa dell'età o di comorbidità, e pochissimi erano francamente immunocompromessi.

Una situazione tipica è quella di una pronta risoluzione dei sintomi COVID all'inizio di un ciclo di 5 giorni di Paxlovid, seguita da una brusca recrudescenza dei sintomi 4-7 giorni dopo la fine del trattamento.

I sintomi della ricaduta sono spesso lievi, si risolvono dopo alcuni giorni e richiedono solo una terapia sintomatica.

Raramente sono stati segnalati sintomi più gravi di quelli della malattia iniziale. Alcuni casi sono stati trattati nuovamente e una minoranza ha richiesto il ricovero, anche se non è del tutto chiaro se i casi ospedalizzati rappresentino una vera e propria ricaduta o un'infezione persistente e in peggioramento.

Analisi virologica - La maggior parte delle segnalazioni confermano che sia la PCR sia i test antigenici sono positivi durante la ricaduta di COVID.

Un virus in grado di replicarsi è stato ripetutamente isolato dai pazienti, a volte per una settimana o più, ed è stato segnalato almeno un caso di trasmissione da persona a persona durante la ricaduta.

Diversi ricercatori non sono riusciti a identificare mutazioni con resistenza a Paxlovid nel virus isolato durante la ricaduta.

I campioni di questi pazienti hanno prodotto alti livelli di IgG anti-nucleocapside e anticorpi neutralizzanti, oltre a robuste risposte delle cellule T specifiche per SARS-CoV2.

In pratica - Sebbene la maggior parte dei dati sulle ricadute di COVID dopo la terapia antivirale siano ancora preliminari, alcuni modelli sembrano abbastanza chiari da poter essere utilizzati per rassicurare i pazienti.

La ricaduta non rifletterebbe né una resistenza ai farmaci, né una risposta immunitaria significativamente compromessa, ed è molto improbabile che presagisca un esito clinico sfavorevole. I pazienti con ricaduta devono essere considerati contagiosi.

Non è chiaro se queste ricadute richiedano un secondo ciclo di trattamento. Alcuni medici hanno proposto che un trattamento iniziale più lungo potrebbe evitare la recidiva, ma i costi e i benefici di tale pratica di fronte a una condizione per lo più benigna non sono chiari.

Il CDC statunitense fornisce questi consigli agli operatori sanitari:
  • Al momento non vi sono prove della necessità di un trattamento aggiuntivo per la ricaduta di COVID.
  • In base ai dati attualmente disponibili, il monitoraggio del paziente continua a essere la gestione più appropriata per i pazienti con recidiva dei sintomi dopo il completamento di un ciclo di trattamento con Paxlovid.
  • Alle persone con ricaduta di COVID va consigliato di seguire le linee guida sull'isolamento e di prendere precauzioni per prevenire un'ulteriore trasmissione.
  • I pazienti devono isolarsi nuovamente per almeno 5 giorni.
  • Considerare una rivalutazione clinica per i pazienti con ricaduta e sintomi persistenti o ingravescenti.




Virological and clinical rebounds of COVID-19 soon after nirmatrelvir/ritonavir discontinuation.
Clin Microbiol Infect. 2022 Jul 2:S1198-743X(22)00344-5

COVID-19 "Rebound" associated with nirmatrelvir/ritonavir pre-hospital therapy.
J Infect. 2022 Jun 17:S0163-4453(22)00363-2

Characterization of virologic rebound following nirmatrelvir-ritonavir treatment for COVID-19.
Clin Infect Dis. 2022 Jun 23:ciac512. doi: 10.1093/cid/ciac512. Epub

COVID-19 Rebound After Paxlovid Treatment
CDC Health Alert Network - May 24, 2022





Gilberto Lacchia - Pubblicato 19/07/2022 - Aggiornato 19/07/2022

Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se

392 - Tremore indotto da farmaci

Tempo di lettura: 5 min Il tremore è un sintomo molto frequente e non è sempre facile stabilire se sia causato o esacerbato da un farmaco. Si classifica in base al comportamento associato: tremore d'azione di tipo cinetico (durante un movimento volontario) o posturale (mantenimento di una postura), tremore a riposo e tremore intenzionale (durante un movimento diretto a un obiettivo). Alcuni fattori utili per la diagnosi del tremore da farmaci sono: 1) esclusione di altre cause mediche di tremore ( p.es . ipertiroidismo, ipoglicemia); 2) rapporto temporale con l'inizio della terapia; 3) rapporto dose-risposta (l'aumento della dose peggiora il tremore e viceversa); e 4) mancanza di progressione (i tremori del morbo di Parkinson e i tremori essenziali si modificano nel tempo). I pazienti più a rischio sono quelli più anziani, per diversi motivi: Interazione con le patologie di base ( p.es . il parkinsonismo indotto da metoclopramide è più intenso in caso di

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere diverse cons