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274 - Colchicina dopo un infarto miocardico

[Tempo di lettura: 3 min] ♻ AGGIORNAMENTO

Nel 2019 un primo studio ha concluso che la colchicina potesse essere utilizzata in prevenzione secondaria nei cardiopatici. Un secondo grande studio randomizzato pubblicato recentemente sostiene questa ipotesi.
 
L'infiammazione è un promotore dell'arteriosclerosi e facilita gli eventi clinici. I trattamenti con benefici dimostrati per la prevenzione secondaria delle malattie coronariche (come statine e aspirina) sembrano avere effetti positivi sull'infiammazione, ma l'identificazione di un trattamento efficace e mirato all'infiammazione finora è stata elusiva.
 
A fine dicembre 2019 è stato pubblicato sul NEJM lo studio randomizzato e controllato COLCOT (Colchicine Cardiovascular Outcomes Trial). Lo scopo era stabilire se la colchicina, somministrata per via orale a 0.5 mg/die, avesse un effetto preventivo sul rischio cardiovascolare.

Sono stati arruolati 4745 pazienti di età media 61 anni che avevano avuto un infarto miocardico acuto recente. Trai i partecipanti, il 19% erano donne, 30% fumatori e 20% diabetici. Circa il 93% aveva subito una rivascolarizzazione coronarica, l'89% assumeva beta-bloccanti e quasi tutti statine e doppia antiaggregazione (98%-99%).

Dopo circa 22 mesi di follow-up, l'endpoint composito primario (morte per cause cardiovascolari, arresto cardiaco rianimato, infarto miocardico, ictus o ricovero urgente per angina con successiva rivascolarizzazione coronarica) si è verificato nel 5,5% nel gruppo della colchicina e nel 7,1% nel gruppo placebo (una riduzione del rischio relativo del 23% dovuta più che altro alla riduzione di angina e ictus). Gli eventi avversi erano simili nei due gruppi (16%) e non si sono osservate riduzioni significative dei leucociti.
 
Dopo lo studio COLCOT, sul NEJM è stato pubblicato a novembre 2020 lo studio LoDoCo2. È uno studio randomizzato su più di 5500 pazienti, 85% uomini, con malattia coronarica cronica, trattati con 0,5 mg di colchicina una volta al giorno o placebo. 
 
Dopo un follow-up mediano di quasi due anni e mezzo, il rischio di infarto era inferiore del 30 per cento nel gruppo della colchicina (3,0 vs 4,2%), con un rischio inferiore del 25% di rivascolarizzazione coronarica per ischemia (4,9 vs 6,4%).
 
 
La differenza tra i due gruppi nel rischio di morte per qualsiasi causa (2,6 vs 2,2%) non era significativa. A parte percentuali un po' più alte di mialgie in chi assumeva colchicina (21,2 vs 18,5%), non sono stati identificati altri eventi avversi significativi.

Questi studi introducono la possibilità che la colchicina, un farmaco economico, in uso da secoli, riduca il rischio di eventi cardiovascolari dopo un infarto miocardico, con un profilo di sicurezza probabilmente accettabile.
 
I consulenti di UpToDate si spingono a raccomandare l'aggiunta di colchicina 0,5 mg al giorno, nei pazienti con malattia coronarica cronica già in terapia con altri farmaci di prevenzione secondaria (grado di evidenza 2B).

È quindi possibile che in futuro qualche cardiologo prescriva questa terapia preventiva ad alcuni nostri pazienti. Va tuttavia tenuto presente che al momento, in Italia, la colchicina è autorizzata solo per il trattamento degli attacchi gottosi acuti e ricorrenti e della pericardite acuta e ricorrente.
 





Gilberto Lacchia - Pubblicato 26/03/2020 - Aggiornato 28/04/2020


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