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Con una nota della scorsa settimana, l’AIFA ha informato di un potenziale rischio di insorgenza di nuovi tumori maligni primitivi in seguito al trattamento con denosumab (XGEVA®, PROLIA®).
Nella nota si legge che sono stati riportati con maggiore frequenza nuovi tumori maligni primitivi negli studi clinici condotti su pazienti affetti da tumori in stadio avanzato trattati con Xgeva (denosumab), rispetto a quelli trattati con acido zoledronico.
L'incidenza cumulativa dei nuovi tumori maligni primitivi a un anno è stata dell'1,1% per i pazienti trattati con denosumab e dello 0,6% per i pazienti trattati con acido zoledronico.
Non è stato rilevato alcun pattern correlato al trattamento né per tumori singoli né per raggruppamenti di tumori.
Per quanto riguarda il denosumab, la rivista Prescrire, già nel 2011, aveva pubblicato una revisione degli studi disponibili su questo farmaco, concludendo che il rapporto rischio/beneficio per il denosumab era sfavorevole e ne sconsigliava l’utilizzo.
Già sette anni fa era noto il maggior rischio di tumori.
Nell’articolo si osservava che il farmaco di scelta per le donne con osteoporosi postmenopausale con alto rischio di frattura è l'alendronato, utilizzato insieme a misure non farmacologiche. Il denosumab, un anticorpo monoclonale che inibisce una citochina che agisce principalmente sulle cellule ossee e sui linfociti, era stato allora autorizzato nell'Unione europea per l'uso in donne con osteoporosi postmenopausale e per il trattamento della perdita ossea associata a terapia ormonale ablativa negli uomini con cancro alla prostata ad aumentato rischio di fratture.
L’articolo pone l’accento sui numerosi effetti avversi del denosumab: negli studi controllati con placebo, questo anticorpo monoclonale era stato associato a una maggiore incidenza di infezioni gravi come l’endocardite, tumori ed eruzioni cutanee.
La redazione di Prescrire concludeva allora che erano necessari ulteriori dati sul rischio di pancreatite, disturbi ossei a lungo termine (fratture atipiche, guarigione tardiva delle fratture, osteonecrosi della mandibola), ipocalcemia e cataratta, tutti riportati negli studi clinici.
In pratica, secondo gli autori, il denosumab non aveva dimostrato di essere sufficientemente efficace da superare gli effetti avversi accertati e potenziali nel trattamento dell’osteoporosi postmenopausale e negli uomini trattati con terapia ormonale ablativa per cancro alla prostata, e ne sconsigliavano l’utilizzo.
Questo giudizio è stato mantenuto a tutt’oggi. Il denosumab è inserito nella lista aggiornata ogni anno da Prescrire dei farmaci “da evitare” e su questo in particolare concludono che “ha un'efficacia molto modesta nella prevenzione delle fratture osteoporotiche e nessuna efficacia per la ‘perdita di massa ossea’ nel cancro della prostata, mentre comporta un rischio sproporzionato di effetti avversi, tra cui lombalgie, mialgie, dolore osseo e infezioni gravi (compresa l'endocardite) dovute agli effetti immunosoppressivi di questo anticorpo monoclonale”. (Prescrire int. Aprile 2018;27(192):107).
Come ciliegina sulla torta, in un grande studio multicentrico pubblicato a inizio 2018 si è osservato che i pazienti trattati con denosumab, dopo la sospensione del farmaco avevano un maggior rischio di fratture vertebrali, spesso multiple. Tanto che gli autori consigliano di passare rapidamente a un trattamento antiosteoporotico alternativo dopo la sospensione del denosumab.
Rischio di nuovo tumore maligno primitivo con Xgeva (denosumab)
AIFA: Nota informativa importante.
Denosumab. Limited efficacy in fracture prevention, too many adverse effects
Prescrire Int 2011; 20 (117): 145-148
Vertebral Fractures After Discontinuation of Denosumab
J Bone Miner Res. 2018 Feb;33(2):190-198
Pubblicato: 18/06/2018 Aggiornato: 19/10/2018
Con una nota della scorsa settimana, l’AIFA ha informato di un potenziale rischio di insorgenza di nuovi tumori maligni primitivi in seguito al trattamento con denosumab (XGEVA®, PROLIA®).
Nella nota si legge che sono stati riportati con maggiore frequenza nuovi tumori maligni primitivi negli studi clinici condotti su pazienti affetti da tumori in stadio avanzato trattati con Xgeva (denosumab), rispetto a quelli trattati con acido zoledronico.
L'incidenza cumulativa dei nuovi tumori maligni primitivi a un anno è stata dell'1,1% per i pazienti trattati con denosumab e dello 0,6% per i pazienti trattati con acido zoledronico.
Non è stato rilevato alcun pattern correlato al trattamento né per tumori singoli né per raggruppamenti di tumori.
Per quanto riguarda il denosumab, la rivista Prescrire, già nel 2011, aveva pubblicato una revisione degli studi disponibili su questo farmaco, concludendo che il rapporto rischio/beneficio per il denosumab era sfavorevole e ne sconsigliava l’utilizzo.
Già sette anni fa era noto il maggior rischio di tumori.
Nell’articolo si osservava che il farmaco di scelta per le donne con osteoporosi postmenopausale con alto rischio di frattura è l'alendronato, utilizzato insieme a misure non farmacologiche. Il denosumab, un anticorpo monoclonale che inibisce una citochina che agisce principalmente sulle cellule ossee e sui linfociti, era stato allora autorizzato nell'Unione europea per l'uso in donne con osteoporosi postmenopausale e per il trattamento della perdita ossea associata a terapia ormonale ablativa negli uomini con cancro alla prostata ad aumentato rischio di fratture.
L’articolo pone l’accento sui numerosi effetti avversi del denosumab: negli studi controllati con placebo, questo anticorpo monoclonale era stato associato a una maggiore incidenza di infezioni gravi come l’endocardite, tumori ed eruzioni cutanee.
La redazione di Prescrire concludeva allora che erano necessari ulteriori dati sul rischio di pancreatite, disturbi ossei a lungo termine (fratture atipiche, guarigione tardiva delle fratture, osteonecrosi della mandibola), ipocalcemia e cataratta, tutti riportati negli studi clinici.
In pratica, secondo gli autori, il denosumab non aveva dimostrato di essere sufficientemente efficace da superare gli effetti avversi accertati e potenziali nel trattamento dell’osteoporosi postmenopausale e negli uomini trattati con terapia ormonale ablativa per cancro alla prostata, e ne sconsigliavano l’utilizzo.
Questo giudizio è stato mantenuto a tutt’oggi. Il denosumab è inserito nella lista aggiornata ogni anno da Prescrire dei farmaci “da evitare” e su questo in particolare concludono che “ha un'efficacia molto modesta nella prevenzione delle fratture osteoporotiche e nessuna efficacia per la ‘perdita di massa ossea’ nel cancro della prostata, mentre comporta un rischio sproporzionato di effetti avversi, tra cui lombalgie, mialgie, dolore osseo e infezioni gravi (compresa l'endocardite) dovute agli effetti immunosoppressivi di questo anticorpo monoclonale”. (Prescrire int. Aprile 2018;27(192):107).
Come ciliegina sulla torta, in un grande studio multicentrico pubblicato a inizio 2018 si è osservato che i pazienti trattati con denosumab, dopo la sospensione del farmaco avevano un maggior rischio di fratture vertebrali, spesso multiple. Tanto che gli autori consigliano di passare rapidamente a un trattamento antiosteoporotico alternativo dopo la sospensione del denosumab.
Rischio di nuovo tumore maligno primitivo con Xgeva (denosumab)
AIFA: Nota informativa importante.
Denosumab. Limited efficacy in fracture prevention, too many adverse effects
Prescrire Int 2011; 20 (117): 145-148
Vertebral Fractures After Discontinuation of Denosumab
J Bone Miner Res. 2018 Feb;33(2):190-198
Gilberto Lacchia
Pubblicato: 18/06/2018 Aggiornato: 19/10/2018
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