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534 - Un vademecum per gli inibitori di pompa


Introdotti più di 30 anni fa, sono farmaci efficaci e relativamente sicuri, ma serve una migliore pratica prescrittiva per evitarne la banalizzazione e i rischi dell'uso improprio a lungo termine. [Lettura 10 min]

Gli inibitori di pompa sono farmaci tra i più efficaci nel trattamento dei disturbi legati all'acidità gastrica. Ciononostante, l'uso indiscriminato desta preoccupazioni sui rischi di un’ipocloridria a tempo indeterminato e possibili interazioni farmacologiche.

Valutare e rivalutare costantemente l'adeguatezza dell'indicazione, delle caratteristiche dei pazienti, della posologia e della durata del trattamento è essenziale per la prescrizione responsabile di qualsiasi farmaco, inibitori di pompa compresi.

In Italia, nel 2022, la classe di farmaci per i disturbi correlati all’acidità è al quinto posto dei consumi, dopo i farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina, vitamina D, ipolipemizzanti e antitrombotici (dati OsMed 2022).

Gli IPP sono al primo posto in termini di spesa (11,40 euro pro capite) e al secondo posto in termini di consumo (77,5 DDD/1000 abitanti/die): nel corso del 2022 quasi un italiano su 5 (18%) ha ricevuto almeno una prescrizione, con prevalenza femminile (16,3% i maschi e 19,8% le femmine).

La prevalenza di utilizzo supera il 50% nella fascia d’età ≥75 anni.

Nella lista dei 20 principi attivi a maggior spesa sono presenti pantoprazolo, omeprazolo, lansoprazolo ed esomeprazolo.

FARMACOLOGIA
Gli IPP sono basi deboli, permeabili alle membrane e sensibili all'acidità.

Esistono varie forme farmaceutiche: compresse rivestite, capsule di gelatina o granuli rivestiti per sospensione e formulazioni endovenose che forniscono una soppressione acida immediata, adatte a pazienti ricoverati.

Superato lo stomaco, gli IPP vengono assorbiti nell'intestino tenue prossimale.

L'emivita ematica delle formulazioni a rilascio semplice è estremamente breve (1-2 ore), ma sono state sviluppate formulazioni a rilascio bifasico o ritardato per allungarla.

Dopo l'assorbimento, il farmaco raggiunge le cellule parietali gastriche attivate, dove si concentra nei canalicoli secretori acidi. Forma legami covalenti con i residui di cisteina sull'ATPasi H+/K+ e inibisce la secrezione acida fino a quando non vengono sintetizzate pompe sostitutive (fino a 36 ore).

Gli IPP richiedono l'espressione attiva dei canalicoli acidi H+/K+ ATPasi, che avviene in risposta a un pasto. Una singola dose inibisce solo circa due terzi delle pompe protoniche.

Con i pasti successivi, quando gli enzimi precedentemente inattivi vengono reclutati nei canalicoli secretori, lo scambio di protoni aumenterà nuovamente, anche se in modo attenuato.

Ciò spiega sia la necessità di assunzione prima dei pasti (importante a causa della breve emivita) sia l'aumento dell'efficacia con somministrazioni ripetute durante il giorno.

Omeprazolo ed esomeprazolo sono metabolizzati principalmente dal CYP2C19, con aumento del rischio di interazioni farmaco-farmaco.

Anche rabeprazolo e lansoprazolo sono metabolizzati dal CYP2C19, ma con un'affinità significativa per il CYP3A4, mentre il pantoprazolo è metabolizzato soprattutto dal CYP2C19 e con la coniugazione con solfato, con il minor potenziale di induzione o inibizione del citocromo.

I dati suggeriscono che i pazienti geneticamente metabolizzatori rapidi dei farmaci potrebbero rispondere meno pienamente al trattamento con IPP, specialmente durante l'eradicazione dell'H. pylori.

INDICAZIONI
Per alcune indicazioni esiste una forte evidenza a sostegno dell'uso degli IPP:
  • trattamento dei disturbi gastrointestinali superiori caratterizzati da un'eccessiva produzione di acido e da danni al tessuto gastro-duodenale;
  • gastroprotezione per i pazienti in trattamento con farmaci che aumentano il rischio di ulcera, come FANS e corticosteroidi;
  • eradicazione dell'Helicobacter pylori in associazione ad altri farmaci.
Una recente dichiarazione di best practice dell'American Gastroenterological Association elenca le seguenti indicazioni per l'uso di PPI a lungo termine per cui i benefici superano i rischi: 
  • esofagite erosiva di grado C/D (classificazione Los Angeles)
  • esofago di Barrett
  • stenosi esofagee da reflusso gastroesofageo
  • sindrome di Zollinger-Ellison
  • esofagite eosinofila
  • gastroprotezione negli utilizzatori di aspirina e/o di FANS ad alto rischio di emorragia gastrointestinale
  • prevenzione della progressione della fibrosi polmonare idiopatica 
Le linee guida cliniche aggiornate dell'American College of Gastroenterology per la malattia da reflusso sottolineano la maggiore efficacia degli IPP rispetto agli anti-H2.

Per i pazienti con sintomi di reflusso gastroesofageo, si raccomanda un periodo di prova di 8 settimane con un IPP una volta al giorno. Se i sintomi si ripresentano dopo 8 settimane, è indicata un'esofagogastroduodenoscopia per confermare la diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo. 

La terapia di mantenimento con IPP è raccomandata solo per i pazienti con complicanze della malattia da reflusso, come esofagite erosiva di grado C o D ed esofago di Barrett.


PRIMA DELLA PRESCRIZIONE
Se i pazienti non hanno mai assunto IPP, vanno informati che potrebbero essere necessarie fino a 4 settimane per notare l’effetto sui sintomi ed esortati a ripresentarsi se non c’è una risoluzione della sintomatologia.

In una problematica multifattoriale come la malattia da reflusso gastroesofageo, la semplice prescrizione di un IPP rischia di banalizzare l’uso del farmaco e favorisce l’uso a lungo termine.

Una buona pratica medica mette l’accento sulle variazioni utili dello stile di vita:
  • perdere peso
  • elevare la testata del letto
  • consumare pasti più piccoli e almeno 3 ore prima di coricarsi
  • evitare fattori scatenanti come fumo, alcol e alcuni alimenti
Al momento della prima prescrizione vanno descritti gli effetti avversi degli IPP:
  • disturbi gastrointestinali, come stipsi, diarrea, dolore addominale e a volte nausea e vomito;
  • effetti collaterali meno comuni sono secchezza delle fauci, cefalea, nefrite interstiziale acuta, insonnia e rash cutanei;
  • possibile aumento delle fratture (cautela negli anziani e in chi ha fattori di rischio per osteoporosi);
  • aumento della suscettibilità all'infezione da C. difficile (odds ratio 1,74 per 1 dose/d e 2,36 per >1 dose/d). In caso di infezione attiva o alto rischio di infezione, va considerata la sospensione degli IPP;
  • ipomagnesiemia che può portare all'ipoparatiroidismo secondario e all'ipocalcemia;
  • aumento del rischio di polmonite (a causa delle variazioni del pH gastrointestinale);
  • carenza di vitamina B12 da ridotto assorbimento;
  • nefrite interstiziale acuta (gli IPP sono uno dei farmaci comunemente associati a questa nefropatia).
Prima della prescrizione vanno tenute presenti le interazioni degli IPP, per esempio:
  • omeprazolo ed esomeprazolo possono diminuire l'efficacia del clopidogrel a causa del loro effetto sul CYP2C19; l’associazione è sconsigliata;
  • gli IPP interagiscono con alcuni antiretrovirali: p.es. sono controindicati in associazione alla rilpivirina. Nei pazienti in terapia con questi farmaci vanno controllate tutte le possibili interazioni prima della prescrizione;
  • l’omeprazolo può interagire con la digossina, aumentandone i livelli plasmatici;
  • gli IPP interagiscono con gli inibitori della tirosina chinasi, una classe che raggruppa numerosi chemioterapici; l’associazione può ridurre l’efficacia della chemioterapia ed è sconsigliata;
  • il lansoprazolo può interagire con il ceftriaxone aumentando l’intervallo QT; è preferibile utilizzare un altro IPP in associazione a questo antibiotico.
Dopo il periodo di prova iniziale (per qualsiasi indicazione), è consigliabile rivalutare i pazienti e prendere in considerazione una riduzione o la sospensione dell'IPP oppure avviare ulteriori indagini se i sintomi sono ancora presenti.

Esofagite grave - Possono essere indicate dosi più elevate, come 40 mg di omeprazolo, e un periodo di trattamento più lungo, di almeno otto settimane, prima di rivedere la prescrizione.

Insufficienza epatica - La dose massima di omeprazolo, esomeprazolo o pantoprazolo è di 20 mg. Il lansoprazolo dovrebbe essere ridotto del 50% in caso di insufficienza epatica da moderata a grave, e occorre cautela nella prescrizione del rabeprazolo.

Insufficienza renale - Non ci sono raccomandazioni specifiche, anche se gli IPP possono essere associati a lesioni renali acute e a malattie renali croniche. In uno studio postmarketing sulle segnalazioni al sistema di farmacovigilanza statunitense (FAERS) sono stati osservati vari livelli di aumento del rischio di effetti avversi renali e alterazioni elettrolitiche per i singoli IPP rispetto alle segnalazioni per gli anti-H2. Secondo gli autori può essere utile monitorare la funzione renale e gli elettroliti (potassio, calcio, magnesio e sodio) e considerare gli anti-H2 (benché non efficaci come gli IPP) come alternativa in pazienti ad alto rischio di sviluppare alterazioni renali ed elettrolitiche.
 

MONITORAGGIO
  • Gli IPP vengono spesso usati ex juvantibus, ma in uno studio su un database di medicina generale, alla metà circa dei pazienti non è stata rivalutata la prescrizione.
  • Tre studi ospedalieri hanno rilevato che al 30-70% dei pazienti vengono prescritti IPP per indicazioni non supportate dalle linee guida.
  • Le prescrizioni di IPP dovrebbero essere regolarmente riviste dal medico di famiglia, valutando l'impatto sulla qualità di vita, la gravità e la frequenza dei sintomi.
  • La magnesiemia andrebbe controllata prima e durante l'utilizzo degli IPP nelle terapie a lungo termine. Con i pazienti ad alto rischio, come quelli che assumono contemporaneamente diuretici o digossina, la magnesiemia andrebbe controllata ogni tre mesi.
  • Va tenuto presente il possibile rischio di aumento delle fratture, soprattutto nei fumatori e nei soggetti con ridotta massa ossea, rivalutando il rapporto rischio-beneficio della terapia con IPP.
DEPRESCRIZIONE
  • La deprescrizione degli IPP è un processo a più fasi che dovrebbe iniziare nel momento della prescrizione.
  • Ai pazienti va spiegato che gli IPP vengono spesso assunti per periodi più lunghi del necessario e che è possibile interromperne l'assunzione una volta terminato il ciclo.
  • Alla prima rivalutazione, dopo 4-8 settimane, l'efficacia del trattamento va rivalutata e gli IPP vanno sospesi se risultano inefficaci.
  • Considerare una riduzione della dose se si è osservato un beneficio.
  • Sospendere gli IPP non necessari durante una revisione della terapia per altri motivi.
  • Spiegare ai pazienti che si può verificare un'ipersecrezione acida subito dopo la sospensione del trattamento, che interessa quasi la metà dei volontari asintomatici. Una riduzione lenta della dose diminuisce il rischio di sintomi di rimbalzo.
  • Nei pazienti con condizioni ad alto rischio, gli IPP non devono essere sospesi bruscamente, a meno che la condizione si sia risolta o la sospensione sia raccomandata da uno specialista.
  • I pazienti possono passare da un IPP a un altro, ma non ci sono evidenze che suggeriscano differenze significative nella risposta, purché si utilizzino dosi equivalenti.
  • Gli antagonisti dei recettori dell'istamina di tipo 2 (famotidina) possono essere utilizzati come opzione terapeutica di seconda scelta quando gli IPP sono controindicati, ma sono meno efficaci e richiedono un follow-up se i sintomi non si risolvono.

 
BMJ 2023;383:e070752


Proton Pump Inhibitors: The Good, Bad, and Ugly.
Gastrointest Endosc Clin N Am. 2020 Apr;30(2):239-251

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