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485 - Ancora su vitamina D e rischio di frattura

[Tempo di lettura: 6 min] 
Una recente analisi dei dati di uno studio australiano ha valutato l’effetto della vitamina D sul rischio di frattura. Di nuovo, l'integrazione di routine di vitamina D non ha ridotto le fratture negli anziani che vivono in comunità.

Alcune meta-analisi di studi osservazionali hanno rilevato che basse concentrazioni sieriche di 25-OH vitamina D (25(OH)D) sono associate a un aumento del rischio di fratture in qualsiasi sede e di fratture dell'anca. Questi risultati potrebbero tuttavia derivare da una causalità inversa o fattori di confondimento.

Le revisioni sistematiche e le meta-analisi di studi controllati randomizzati (RCT) non hanno dimostrato che l'integrazione con vitamina D da sola riduca il rischio di frattura.

Lo studio VITAL, con 25.800+ partecipanti, follow-up mediano >5 anni, ha rilevato che l'integrazione quotidiana con 2000 UI di vitamina D3 ha avuto un effetto trascurabile sull'incidenza di fratture in uomini di età >50 anni e donne di età >55 anni.

Al contrario, è possibile che dosi elevate, quotidiane o posologie intermittenti ad alte dosi, possano avere effetti deleteri sul rischio di fratture.

In uno RCT del 2019 sull'integrazione di vitamina D3 per 3 anni, la densità minerale ossea del radio era inferiore nei partecipanti che assumevano 4000 UI/d o 10000 UI/d, rispetto a chi assumeva 400 UI/d; anche l'integrazione con 10000 UI/d si associava a una minore densità minerale ossea della tibia.

Una meta-analisi del 2017 ha rilevato che dosi elevate intermittenti di vitamina D aumentavano il rischio di frattura dell'anca se somministrate annualmente (HR 1,41), ma non quando venivano somministrate con maggiore frequenza (p.es. una volta alla settimana; HR 0,84).

Un altro RCT del 2010, condotto su donne ad alto rischio di frattura, ha riscontrato che dosi annuali di 500.000 UI di vitamina D3 aumentavano il rischio sia di fratture sia di cadute.

L’RCT australiano D-Health, ha arruolato 21.000+ anziani residenti in comunità (età 60-85 anni), che hanno assunto una integrazione con 60.000 UI di vitamina D3 al mese o placebo, per 5 anni.

L'endpoint primario di D-Health, pubblicato nel 2022, era la mortalità per tutte le cause. Era stata analizzata anche la mortalità per cancro, malattie cardiovascolari e altre cause.

La somministrazione mensile di vitamina D3 negli anziani non aveva ridotto la mortalità per tutte le cause.

Stime puntuali e analisi esplorative che escludevano il periodo iniziale di follow-up erano compatibili con un trend verso l’aumento del rischio di morte per cancro.

L'analisi pubblicata nel maggio 2023 su Lancet Diabetes and Endocrinology è stata effettuata per valutare se l'integrazione negli anziani con dosi mensili di 60.000 UI di vitamina D3, per un massimo di 5 anni, modificasse il rischio di fratture totali.

Non sono state osservate differenze significative tra i gruppi vitamina D e placebo nel numero di fratture totali (5,6% vs 5,9%) o nelle fratture non vertebrali, dell'anca o osteoporotiche maggiori.

I livelli medi di 25(OH)D durante lo studio erano di circa 30 ng/mL nel gruppo placebo e 45 ng/mL nel gruppo che assumeva l’integrazione.

Circa un quarto dei partecipanti aveva livelli basali stimati <20 ng/mL e, anche in questo sottogruppo, l'integrazione con vitamina D non ha prevenuto le fratture.

L’analisi dei dati ha evidenziato un possibile beneficio solo nell’ultimo anno dopo 5 anni di integrazione. Un commentatore dello studio, sullo stesso numero di Lancet Diabetes and Endocrinology, mette in dubbio che questo sia un effetto reale, ipotizzando che si tratti di un falso positivo collegato al tipo di analisi statistica utilizzata.

Del resto, fa notare il commentatore, “l'improvvisa comparsa di un beneficio terapeutico nell'ultimo anno di uno studio di 5 anni è senza precedenti negli studi di prevenzione delle fratture con qualsiasi farmaco”.

In pratica - Considerati i risultati di questo e del grande studio statunitense VITAL, si può affermare che un’integrazione di routine per 5 anni con vitamina D non riduce il rischio di fratture in anziani sani che vivono in comunità.

L’accumularsi di dati solidi che ci forniscono gli RCT pubblicati in questi ultimi anni dovrebbe farci riconsiderare la nostra attività prescrittiva.

È veramente giustificata l’integrazione di vitamina D in così tanti dei nostri pazienti, al punto che questo principio attivo sia la terza voce di spesa farmaceutica convenzionata (200+ milioni di Euro nel 2021)?



The effect of monthly vitamin D supplementation on fractures: a tertiary outcome from the population-based, double-blind, randomised, placebo-controlled D-Health trial.
Lancet Diabetes Endocrinol. 2023 May;11(5):324-332.

Vitamin D and fractures
Lancet Diabetes Endocrinol. 2023 May;11(5):301-302

The D-Health Trial: a randomised controlled trial of the effect of vitamin D on mortality.
Lancet Diabetes Endocrinol. 2022 Feb;10(2):120-128

Effect of High-Dose Vitamin D Supplementation on Volumetric Bone Density and Bone Strength: A Randomized Clinical Trial.
JAMA. 2019 Aug 27;322(8):736-745

Association Between Calcium or Vitamin D Supplementation and Fracture Incidence in Community-Dwelling Older Adults: A Systematic Review and Meta-analysis.
JAMA. 2017 Dec 26;318(24):2466-2482

Annual high-dose oral vitamin D and falls and fractures in older women: a randomized controlled trial.
JAMA. 2010 May 12;303(18):1815-22





Gilberto Lacchia - Pubblicato 01/05/2023 - Aggiornato 01/05/2023

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