Passa ai contenuti principali

389 - Acufeni e vaccinazione anti-COVID

[Tempo di lettura: 6 min] 
Gli acufeni e altri sintomi otologici dopo la vaccinazione anti-COVID sono ampiamente segnalati nei database di farmacovigilanza. Essendo problematiche con elevata prevalenza nella popolazione generale e legate a situazioni di ansia e stress, non è semplice attribuire il nesso causale.

Gli acufeni sono un sintomo complesso, con molteplici cause e anche una complessa associazione bidirezionale con l’ansia e lo stress. È un sintomo comune nella popolazione generale con prevalenze dal 5 al 20% a seconda delle popolazioni studiate.

Tra le numerose manifestazioni dell’infezione da SARS-CoV2 ci sono anche sintomi otologici, come acufeni, perdita uditiva neurosensoriale, otalgia e altri. Secondo una revisione sistematica di autori canadesi, solo gli acufeni e la perdita uditiva avrebbero un’associazione statisticamente significativa con l’infezione.

Anche dopo la vaccinazione anti-COVID sono stati segnalati numerosi casi di acufeni.

In un report riguardante i primi due mesi di utilizzo del vaccino prodotto da Pfizer, sono stati segnalati 196 (0.5%) casi di acufeni su 33207 vaccinazioni e 11 casi di ipoacusia improvvisa.

Nel database di farmacovigilanza dell’OMS (VigiAccess) sono attualmente segnalati 44226 (1.2%) casi di acufeni e 2259 casi di ipoacusia improvvisa su 3525837 vaccinazioni.    

In una revisione sugli acufeni associati alla vaccinazione anti-COVID, gli autori hanno fatto il punto sulle segnalazioni in letteratura, ipotizzando i meccanismi fisiopatologici e indicando un approccio al trattamento.

Gli acufeni possono essere causati da lesioni alle vie uditive. Le potenziali eziologie comprendono otite media ed esterna, tappi di cerume, otosclerosi, colesteatoma, schwannoma vestibolare, malattia di Meniere, neuriti e farmaci ototossici.

La possibile fisiopatologia degli acufeni dopo la vaccinazione anti-COVID non è chiara. Tra i meccanismi fisiopatologici ipotizzati ci sono:
  • Reattività crociata tra anticorpi anti-spike di SARS-CoV2 e antigeni otologici. La somiglianza tra la glicoproteina spike del coronavirus e numerose proteine umane rende possibile un meccanismo di mimesi molecolare. Anticorpi anti-spike potrebbero reagire con antigeni lungo le vie uditive e iniziare una reazione infiammatoria che potrebbe interessare diversi punti delle vie uditive: membrana timpanica, catena ossiculare, coclea, vasi cocleari, organo di Corti, ecc.
  • Reazioni autoimmuni. Gli anticorpi possono formare complessi con uno o più antigeni provocando una reazione di ipersensibilità di tipo III. La deposizione di immunocomplessi circolanti e di anticorpi vestibolo-cocleari può causare una reazione autoimmune nell'orecchio interno. C’è una certa associazione tra la comparsa di acufeni post-vaccinazione e malattie autoimmuni come la tiroidite di Hashimoto.
  • Ototossicità. Numerose sostanze chimiche e farmaci sono stati identificati come cause di acufeni. Non può essere quindi essere esclusa la possibilità che uno o più componenti del vaccino abbiano effetti ototossici.
  • Condizioni psicologiche. L’intensa campagna di disinformazione e la resistenza alla vaccinazione di molte persone ha certamente indotto un aumento dell’ansia e dello stress durante la campagna vaccinale. Si tratta di fattori che possono avere un ruolo eziologico o aggravante il sintomo.
Nella valutazione dell’acufene va ricercato il nesso temporale con la vaccinazione: nei casi segnalati questi comparivano dopo ore o giorni dalla vaccinazione stessa.

Vanno indagate condizioni patologiche preesistenti quali: malattie autoimmuni, problemi otologici (come l’ipoacusia neurosensoriale) e il benessere psicologico.

Dovrebbe essere eseguita un’audiometria, data la frequente associazione tra acufeni e ipoacusia.

Intensità e disabilità riferibili al sintomo soggettivo possono essere quantificate con il Tinnitus Handicap Inventory (THI), di cui esiste una versione validata in italiano.

Per i casi segnalati, il trattamento di prima scelta sono stati i corticosteroidi sistemici con uno schema a scalare.

Nella casistica veneta, i tre casi studiati hanno avuto una evoluzione favorevole:
  1. Donna di 37 anni, con anamnesi di glaucoma, senza problematiche otologiche preesistenti. Acufeni dopo 7 ore dalla prima dose di vaccino. THI 90/100. Dopo 10 giorni di cortisonici a scalare il sintomo è migliorato (THI 78/100).
  2. Uomo di 63 anni, con anamnesi di ipoacusia neurosensoriale e depressione reattiva in psicoterapia. Acufeni, iperacusia e disacusia dopo 20 ore dalla prima dose di vaccino. THI 76/100. Ha rifiutato la terapia cortisonica e l’acufene è migliorato spontaneamente dopo 7 giorni (THI 36/100).
  3. Uomo di 30 anni. Nessun problema audiologico in anamnesi. Acufene monolaterale, iperacusia e disacusia dopo una settimana dalla seconda dose di vaccino. THI 78/100. Dopo 10 giorni di terapia cortisonica il sintomo è migliorato nettamente (THI 6/100).
In pratica - È possibile che gli acufeni siano un effetto avverso della vaccinazione anti-COVID. Sono necessari studi su larga scala per migliorare la comprensione dei meccanismi fisiopatologici ed è importante la farmacovigilanza che implica la segnalazione puntuale di tutti i casi sospetti.

L’acufene può risolversi spontaneamente. Ai pazienti con sintomi particolarmente disturbanti si può proporre una terapia cortisonica a scalare di 7-10 giorni.



Hearing Loss, Tinnitus, and Dizziness in COVID-19: A Systematic Review and Meta-Analysis
Can J Neurol Sci. 2022 Mar;49(2):184-195

The reversible tinnitus and cochleopathy followed first-dose AstraZeneca COVID-19 vaccination.
QJM. 2021 Nov 13;114(9):663-664

Tinnitus following COVID-19 vaccination: report of three cases.
Int J Audiol. 2021 Jun 13:1-4

SARS-CoV-2 vaccine-associated-tinnitus: A review.
Ann Med Surg (Lond). 2022 Mar;75:103293






Gilberto Lacchia - Pubblicato 03/04/2022 - Aggiornato 03/04/2022

Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se

392 - Tremore indotto da farmaci

Tempo di lettura: 5 min Il tremore è un sintomo molto frequente e non è sempre facile stabilire se sia causato o esacerbato da un farmaco. Si classifica in base al comportamento associato: tremore d'azione di tipo cinetico (durante un movimento volontario) o posturale (mantenimento di una postura), tremore a riposo e tremore intenzionale (durante un movimento diretto a un obiettivo). Alcuni fattori utili per la diagnosi del tremore da farmaci sono: 1) esclusione di altre cause mediche di tremore ( p.es . ipertiroidismo, ipoglicemia); 2) rapporto temporale con l'inizio della terapia; 3) rapporto dose-risposta (l'aumento della dose peggiora il tremore e viceversa); e 4) mancanza di progressione (i tremori del morbo di Parkinson e i tremori essenziali si modificano nel tempo). I pazienti più a rischio sono quelli più anziani, per diversi motivi: Interazione con le patologie di base ( p.es . il parkinsonismo indotto da metoclopramide è più intenso in caso di

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere diverse cons