Passa ai contenuti principali

368 - Farmaci anti-COVID orali: nirmatrelvir/ritonavir

[Tempo di lettura: 8 min] 
L’associazione nirmatrelvir/ritonavir ha dimostrato una certa efficacia antivirale in pazienti adulti, con sintomi da meno di 5 giorni, non vaccinati, con sierologia negativa e senza necessità di ossigenoterapia. L’uso sarà probabilmente limitato dalle numerose interazioni farmacologiche potenzialmente pericolose.

Il 27 gennaio 2022, l'EMA ha emesso un parere positivo per l’autorizzazione dell’associazione nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid°) nell'Unione europea.

I pazienti potenzialmente trattabili sono adulti, con COVID sintomatico da non più di 5 giorni, senza necessità di ossigenoterapia e ad alto rischio di progressione verso una forma grave.

In vitro, nirmatrelvir inibisce la proteasi 3CLpro di SARS-CoV2: ciò impedisce la produzione di precursori poliproteici virali e quindi la replicazione virale. Dopo la somministrazione orale, il nirmatrelvir è ampiamente metabolizzato dall'isoenzima CYP3A4 del citocromo P450.

Il ritonavir non ha attività antivirale su SARS-CoV2, ma è un potente inibitore del CYP3A4: è associato al nirmatrelvir per aumentare e prolungare la presenza di quest’ultimo in circolo.

Posologia: nirmatrelvir 300 mg + ritonavir 100 mg ogni 12 ore per 5 giorni; 150 mg + 100 mg x 2 nell’insufficienza renale moderata. Il farmaco è controindicato con eGFR <30 ml/min e nell’epatopatia grave (Child-Pugh C).

Escrezione: nirmatrelvir 50% con le urine, 35% con le feci; ritonavir 86% con le feci.

Lo sviluppo di resistenze al nirmatrelvir è poco studiato, soprattutto in presenza di mutazioni della proteasi 3CLpro di SARS-CoV2.

La valutazione clinica di nirmatrelvir/ritonavir si è basata principalmente su uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo in adulti con un’infezione precoce, confermata, considerata da lieve a moderata. I pazienti avevano almeno un fattore di rischio per COVID grave e non erano vaccinati contro il COVID.

I fattori di esclusione erano: probabile ricovero per COVID entro 48 ore, pregressa infezione documentata da SARS-CoV2, insufficienza renale moderata o grave, epatopatia (tranne la steatosi non alcolica), saturimetria <92% in aria ambiente. Sono stati esclusi anche pazienti trattati con almeno un farmaco substrato del CYP3A4, il cui sovradosaggio per l’inibizione dell’isoenzima sarebbe stato pericoloso.

Nel rapporto dell’EMA l’analisi era basata sui dati dei primi 1361 pazienti inclusi fino alla fine di settembre 2021. Un rapporto della FDA del 22 dicembre 2021 contiene alcuni dati su tutti i 2246 pazienti dello studio.

I principali fattori di rischio erano: BMI ≥30 (36%), ipertensione arteriosa (32%), diabete (12%), età ≥60 anni (22%). Gli immunodepressi rappresentavano solo l'1% circa.

Nonostante i criteri di esclusione, all’inizio dello studio il 50% circa dei soggetti erano positivi alla ricerca di anticorpi per SARS-CoV2.

L'endpoint primario dello studio era una combinazione di ricovero per COVID o morte entro un mese. Questo endpoint si è verificato nello 0,8% dei pazienti nel braccio nirmatrelvir/ritonavir contro il 6,1% nel braccio placebo. Nell'analisi ad interim di 1361 pazienti la differenza era statisticamente significativa (p<0,0001; NNT=1), con riduzione del rischio relativo dell’86%.

Rispetto al placebo, l’associazione induce una maggiore riduzione della carica virale al 5° giorno nei tamponi nasofaringei. Secondo un comunicato stampa del produttore e studi non ancora pubblicati, i dati in vitro dimostrerebbero un'attività anche contro la variante Omicron.


Secondo l'EMA, resta da chiarire se la durata della terapia è sufficiente, soprattutto negli immunodepressi.

Gli effetti avversi di nirmatrelvir sono poco studiati. Lavori sulle scimmie hanno dimostrato un rischio di aumento della pressione arteriosa e di bradicardia.

Il ritonavir è usato da tempo nel trattamento dell'HIV. I suoi effetti avversi sono numerosi: disturbi digestivi (nausea, vomito, diarrea, disgeusia, anoressia); iperglicemia; miopatie; rash cutaneo, tra cui sindrome di Stevens-Johnson; prolungamento dell’intervallo PR sull’ECG.

È noto che ritonavir può causare un aumento delle transaminasi, epatite e ittero. Va usato con prudenza in soggetti epatopatici. Nella terapia dell'HIV sono stati descritti numerosi effetti avversi del ritonavir, ma non è chiaro in che misura questi siano trasferibili alla terapia di breve durata nel COVID. In caso di infezione da HIV non controllata o misconosciuta, l'uso dell’associazione potrebbe indurre una resistenza agli inibitori delle proteasi.

I principali effetti avversi segnalati nello studio clinico sono disgeusia (6% vs <1% con placebo), diarrea (3% vs 2%); ipertensione (7 casi vs 2 casi); mialgie (7 casi vs 2 casi).

Come prevedibile l’associazione nirmatrelvir/ritonavir può avere molteplici interazioni farmacologiche. Oltre alla potente inibizione dell'isoenzima CYP3A4 da parte di ritonavir, entrambi i principi attivi hanno numerose interferenze con molti isoenzimi (inibizione, induzione, effetto di substrato) e con glicoproteina P, polipeptidi di trasporto degli anioni organici (OATP) e trasportatori di cationi organici (OCT).

Con un gran numero di farmaci sono possibili interazioni gravi tra cui: alfuxosina, ranolazina, ivrabradina, rifampicina, colchicina, amiodarone, warfarin, rivaroxaban, amlodipina, lercanidipina, simvastatina, lovastatina, etinilestradiolo, morfina, fentanyl, ossicodone, prednisone, clorazepato, midazolam, triazolam, quetiapina. L’associazione con carbamazepina e iperico può comportare la perdita dell’effetto terapeutico di nirmatrelvir.

In una lettera pubblicata su Lancet, alcuni autori della NHS Foundation di Londra hanno raccomandato estrema cautela nell’uso del ritonavir a causa delle importanti interazioni. Queste possono verificarsi anche con farmaci da banco e sostanze a uso ricreativo, a volte con effetti fatali.

L’università di Liverpool ha messo a disposizione online un Drug interaction checker dedicato ai farmaci utilizzati nella terapia dell’HIV, tra cui il ritonavir. È possibile verificare le interazioni con i farmaci assunti dal paziente ed eventualmente cercare alternative.

Gli studi sui animali non hanno mostrato effetti teratogeni del nirmatrelvir. Le donne incinte non sono comunque state incluse nello studio. L'uso in gravidanza o senza un'adeguata contraccezione non è raccomandato. Poiché ritonavir interferisce con gli estroprogestinici, va utilizzato un metodo contraccettivo alternativo o aggiuntivo fino a un ciclo mestruale dopo la fine della terapia.

In pratica - Lo studio randomizzato in doppio cieco, dal quale si attendono ulteriori analisi, ha mostrato una riduzione del rischio di ricovero e morte per COVID in soggetti non vaccinati. La riduzione del rischio potrebbe essere maggiore in pazienti con fattori di rischio multipli per COVID grave.

La terapia va iniziata entro 5 giorni dall’inizio dei sintomi.

Le numerose interazioni farmacologiche e la possibilità di sovradosaggio nell’insufficienza renale rendono complesso l’utilizzo nei pazienti a rischio, spesso anziani e in terapia con diversi farmaci potenzialmente interagenti.





Covid-19 : nirmatrelvir + ritonavir (Paxlovid°) chez certains patients à risque de forme grave
La revue Prescrire, Février 2022

Oral antivirals for the prevention and treatment of SARS-CoV-2 infection.
AIDS Rev. 2022 Jan 24

AIFA definisce le modalità di utilizzo di Paxlovid presto disponibile in Italia
AIFA - 28 gennaio 2022

COVID-19: EMA raccomanda l’autorizzazione all’immissione in commercio subordinata a condizioni per Paxlovid
AIFA - 27 gennaio 2022

Caution required with use of ritonavir-boosted PF-07321332 in COVID-19 management.
Lancet. 2022 Jan 1;399(10319):21-22

Omicron variant is highly sensitive to molnupiravir, nirmatrelvir, and the combination.
Cell Res. 2022 Jan 20:1–3




Gilberto Lacchia - Pubblicato 07/02/2022 - Aggiornato 07/02/2022

Commenti

Post popolari in questo blog

392 - Tremore indotto da farmaci

Tempo di lettura: 5 min Il tremore è un sintomo molto frequente e non è sempre facile stabilire se sia causato o esacerbato da un farmaco. Si classifica in base al comportamento associato: tremore d'azione di tipo cinetico (durante un movimento volontario) o posturale (mantenimento di una postura), tremore a riposo e tremore intenzionale (durante un movimento diretto a un obiettivo). Alcuni fattori utili per la diagnosi del tremore da farmaci sono: 1) esclusione di altre cause mediche di tremore ( p.es . ipertiroidismo, ipoglicemia); 2) rapporto temporale con l'inizio della terapia; 3) rapporto dose-risposta (l'aumento della dose peggiora il tremore e viceversa); e 4) mancanza di progressione (i tremori del morbo di Parkinson e i tremori essenziali si modificano nel tempo). I pazienti più a rischio sono quelli più anziani, per diversi motivi: Interazione con le patologie di base ( p.es . il parkinsonismo indotto da metoclopramide è più intenso in caso di

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se

101 - Interpretazione degli esami per l'assetto marziale