Passa ai contenuti principali

238 - Vaccini anti-COVID: ChAdOx1 nCoV-19 (AstraZeneca)

Vaccino anti-COVID ChAdOx1 nCoV-19 (AstraZeneca) - Blog Prescrivere
[Tempo di lettura: 10 min]

A fine gennaio il vaccino anti-COVID ChAdOx1 nCoV-19 dell'Università di Oxford e AstraZeneca è stato approvato in Unione Europea.

Si tratta di un vaccino a vettore virale, basato su un virus a bassa patogenicità il cui genoma è modificato dall'inserimento di un gene che codifica per la proteina virale contro cui si desidera una risposta immunitaria. Dopo l'iniezione del vaccino, il vettore virale entra nelle cellule umane che sintetizzano poi le proteine codificate dal genoma virale modificato, compresa la proteina contro cui si desidera l'immunizzazione.

Gli adenovirus sono virus a DNA che infettano naturalmente le cellule dell'uomo e dei primati. È possibile utilizzarli come vettori virali, scegliendo preferibilmente un adenovirus raro nell'uomo, per ridurre il rischio che esista già un'immunità contro il virus che impedirebbe la penetrazione del vettore riducendo l'efficacia del vaccino.

Nel vaccino ChAdOx1 nCoV-19, il vettore scelto è un adenovirus dello scimpanzé geneticamente modificato per diminuire significativamente la sua replicazione (virus ChAdOx1), che nell'uomo è stato utilizzato in pochi studi clinici (cercando ChAdOx1 su PubMed si ottengono 33 risultati dal 2012 fino a tutto il 2019; filtrando per "Clinical trial" non compaiono risultati). Nel virus geneticamente modificato è stato introdotto il gene per la proteina spike del SARS-CoV-2.

La valutazione dell'efficacia clinica del vaccino ChAdOx1 nCoV-19 a fine gennaio era basata sull'analisi aggregata di due studi randomizzati e controllati per un totale di circa 21.000 soggetti di età pari o superiore ai 18 anni e senza storia nota di COVID. Ai gruppi di controllo veniva somministrato il vaccino meningococcico per ridurre la possibilità che i partecipanti indovinassero ciò che era stato loro iniettato in base agli eventi avversi.

È attualmente in corso uno studio randomizzato in doppio cieco contro placebo su circa 30.000 adulti di cui è prevista la fine nel marzo 2021.

I protocolli di questi studi prevedevano inizialmente una singola iniezione. I dati iniziali di immunogenicità hanno poi portato, a metà del 2020, all'aggiunta di una seconda iniezione 28 giorni dopo la prima. In realtà, nella maggior parte dei partecipanti, la seconda iniezione è stata effettuata più di 6 settimane dopo la prima, a volte più di 12 settimane dopo.

Questi studi erano in singolo cieco: solo i ricercatori erano a conoscenza del prodotto iniettato e ciò riduce il livello di evidenza dei risultati.

Solo circa la metà dei partecipanti (11.600 soggetti) sono stati inclusi nei dati resi pubblici per l'analisi di efficacia, in quanto molti sono stati esclusi dal conteggio a causa di: test sierologico positivo per COVID al momento dell'inclusione; seconda iniezione mancata; follow-up inferiore a 15 giorni dopo la seconda iniezione; diagnosi di COVID entro 15 giorni dalla seconda iniezione; somministrazione del vaccino meningococcico alla prima iniezione e ChAdOx1 nCoV-19 alla seconda iniezione. 

Il fatto che quasi la metà dei partecipanti non sia stata inclusa nell'analisi di efficacia riduce notevolmente la solidità dei risultati.

L'età media degli 11.600 partecipanti su cui è stata calcolata l'efficacia era di 41,5 anni: 12% >55 anni; 6% ≥65 anni (660 partecipanti). Il 36% aveva almeno un fattore di rischio per COVID grave diverso dall'età, più spesso obesità (20%), asma o ipertensione.

Il vaccino ha dimostrato un'efficacia di circa il 70% (IC 95% 54,8-80,6%) nel prevenire la COVID sintomatica a partire da 14 giorni dopo la seconda dose. Questa efficacia risulta da 131 casi di COVID confermati (30 nel gruppo del vaccino e 101 nel gruppo di controllo) su 11.600 partecipanti.

Tuttavia, un sottogruppo di oltre 2700 soggetti aveva ricevuto inavvertitamente alla prima iniezione una dose di vaccino inferiore, e l'efficacia in questo sottogruppo è risultata del 90,0% (IC 95% 67,4-97,0%) e mentre quella coloro che avevano ricevuto la dose intera era del 62% (IC 95% 41-75,7%). Le ragioni di questa differenza non sono chiare, anche se la sovrapposizione degli intervalli di confidenza indica che la differenza non è statisticamente significativa.

Le differenze nel controllo somministrato (vaccino meningococcico per entrambe le dosi ad alcuni soggetti rispetto a vaccino meningococcico per la prima dose e soluzione fisiologia per la seconda in altri casi) e nell'intervallo tra la somministrazione delle due dosi di vaccino contribuiscono ulteriormente all'incertezza sui risultati.

Nell'analisi dei dati degli 11.600 partecipanti, nessuno dei soggetti che aveva ricevuto il vaccino ha avuto un COVID definito grave, rispetto a 2 partecipanti nei gruppi di controllo. Tra i soggetti con COVID, ne sono stati ricoverati 2 nei gruppi del vaccino (entro 10 giorni dalla prima iniezione) rispetto ai 16 nei gruppi di controllo. Questi piccoli numeri non hanno una potenza statistica sufficiente a dimostrare (anche se è probabile) l'efficacia di questo vaccino nel prevenire le forme gravi.

Il ridotto numero di ultrasessantacinquenni (660) inseriti negli studi non permette di valutare l'efficacia di questo vaccino in questa popolazione.

Le infezioni da adenovirus umani in alcuni casi sono risultate gravi in pazienti immunocompromessi. L'infezione da parte del virus vettore è meno probabile con un virus modificato per ridurne la replicazione, ma non può essere esclusa del tutto. Negli studi non sono stati inseriti soggetti immunosoppressi o con terapie immunosoppressive croniche, per cui è giustificata cautela in questa tipologia di persone.

Eventi avversi sistemici entro 7 giorni dall'iniezione sono stati segnalati dal 73% dei partecipanti nel gruppo del vaccino contro il 60% nei gruppi di controllo, con una frequenza di reazioni considerate intense dell'8% contro il 3%. Le reazioni sistemiche segnalate sono state febbre, brividi, dolori articolari e muscolari, astenia, cefalea, malessere, nausea. Non si sono verificate reazioni allergiche gravi durante gli studi. Angioedema o reazioni anafilattiche in anamnesi erano un criterio di esclusione. Tra gli eccipienti del vaccino è presente il polisorbato 80 ma non il polietilenglicole (PEG) come nei vaccini a mRNA.

Nello studio di fase III si sono verificati due casi di mielite trasversa in soggetti che hanno ricevuto il vaccino ChAdOx1 nCoV-19. Uno è stato ritenuto possibilmente correlato alla vaccinazione, mentre l'altro riguardava un partecipante con sclerosi multipla precedentemente non riconosciuta e l'evento è stato considerato non correlato al vaccino.

Sono state segnalate anche 3 paralisi facciali per ogni gruppo.

In pratica - Attualmente, basandosi sui dati disponibili per la valutazione clinica del vaccino ChAdOx1 nCoV-19, si può affermare che:
  • il livello generale di evidenza dei dati è basso, in parte perché gli studi non hanno proceduto come previsto e perché i dati di efficacia clinica sono stati calcolati solo per la metà circa dei partecipanti;
  • la riduzione del rischio relativo di sviluppare la malattia era circa il 70% nei gruppi del vaccino, con maggiore incertezza rispetto ai due vaccini a mRNA precedentemente autorizzati. È probabile che i casi di COVID grave abbiano una frequenza minore ma ciò non è dimostrato;
  • Il 36% dei partecipanti aveva almeno un fattore di rischio per COVID grave oltre all'età, ma l'incertezza sull'entità dell'efficacia in questi soggetti è ancora maggiore che per tutti i partecipanti;
  • gli ultrasessantacinquenni erano solo il 6% circa dei partecipanti;
  • le reazioni avverse note al vaccino ChAdOx1 nCoV-19 sono per lo più reazioni locali e sistemiche molto frequenti. Ci sono ancora molte incognite inerenti al basso utilizzo, in particolare sugli effetti di questo vettore virale sull'essere umano.



Safety and efficacy of the ChAdOx1 nCoV-19 vaccine (AZD1222) against SARS-CoV-2: an interim analysis of four randomised controlled trials in Brazil, South Africa, and the UK.

Lancet. 2021 Jan 9;397(10269):99-111


Information for Healthcare Professionals on COVID-19 Vaccine AstraZeneca
MHRA - Aggiornato al 28 gennaio 2021

Phase III Double-blind, Placebo-controlled Study of AZD1222 for the Prevention of COVID-19 in Adults
ClinicalTrials.gov

Vaccin covid-19 ChAdOx1 nCoV-19 (firme AstraZeneca) : beaucoup d'incertitudes autour de l'ampleur de son efficacité
Prescrire - 29 gennaio 2021



Gilberto Lacchia - Pubblicato 31/01/2021 - Aggiornato 31/01/2021

Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se

392 - Tremore indotto da farmaci

Tempo di lettura: 5 min Il tremore è un sintomo molto frequente e non è sempre facile stabilire se sia causato o esacerbato da un farmaco. Si classifica in base al comportamento associato: tremore d'azione di tipo cinetico (durante un movimento volontario) o posturale (mantenimento di una postura), tremore a riposo e tremore intenzionale (durante un movimento diretto a un obiettivo). Alcuni fattori utili per la diagnosi del tremore da farmaci sono: 1) esclusione di altre cause mediche di tremore ( p.es . ipertiroidismo, ipoglicemia); 2) rapporto temporale con l'inizio della terapia; 3) rapporto dose-risposta (l'aumento della dose peggiora il tremore e viceversa); e 4) mancanza di progressione (i tremori del morbo di Parkinson e i tremori essenziali si modificano nel tempo). I pazienti più a rischio sono quelli più anziani, per diversi motivi: Interazione con le patologie di base ( p.es . il parkinsonismo indotto da metoclopramide è più intenso in caso di

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere diverse cons