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203 - La deprescrizione dei farmaci antipertensivi nell'anziano

La deprescrizione dei farmaci antipertensivi nell'anziano - Blog Prescrivere Tempo di lettura: 4 min
Benché l'ipertensione arteriosa sia uno dei più importanti fattori di rischio modificabili per la prevenzione cardiovascolare, nella popolazione studiata nei grandi studi, come lo SPRINT (Systolic Blood Pressure Intervention), erano rappresentati solo un terzo dei soggetti più anziani della popolazione generale. Non è chiaro come questi dati possano essere applicati ai pazienti fragili con multimorbilità.

Le indicazioni provenienti da studi osservazionali suggeriscono che la riduzione pressoria e prescrizioni multiple di antipertensivi possono essere dannose in alcuni pazienti anziani.

Le linee guida raccomandano di ricorrere al giudizio clinico quando si prescrive in pazienti anziani fragili, sottolineando un approccio personalizzato che potrebbe includere la deprescrizione per migliorare la qualità di vita.

Uno studio inglese in un contesto di cure primarie ha cercato di valutare se fosse possibile la riduzione parziale dei farmaci prescritti senza modificare in modo significativo il controllo pressorio, se questo intervento influisse su parametri quali fragilità, qualità di vita, effetti avversi, eventi avversi gravi e se ci fossero variazioni di sistolica e diastolica con un follow-up di 12 settimane.

Quasi 600 ultraottantenni che assumevano due o più antipertensivi sono stati randomizzati a una strategia di deprescrizione o al mantenimento della terapia usuale (circa 280 soggetti per gruppo). Al basale tutti i pazienti avevano una pressione sistolica inferiore a 150 mmHg e assumevano 2 o più antipertensivi da almeno 12 mesi.

Sono stati esclusi i soggetti con insufficienza cardiaca, infarto miocardico o ictus nei 12 mesi precedenti, ipertensione secondaria o che non erano in grado di fornire il consenso.

All'inizio dello studio, ai medici di famiglia che hanno condotto il reclutamento è stato chiesto di inserire solo pazienti che, a loro giudizio, avrebbero potuto beneficiare di una riduzione dei farmaci a causa di una o più delle seguenti caratteristiche: politerapia, comorbidità, non aderenza o non gradimento dei farmaci, fragilità. Il giudizio clinico è stato considerato importante data l'attuale mancanza di evidenze su quali siano i soggetti con cui valutare una strategia di deprescrizione.

Nel gruppo di deprescrizione veniva valutato il trattamento in corso e utilizzato un primo algoritmo per stabilire quali farmaci sospendere; la sicurezza della deprescrizione era poi verificata con un secondo algoritmo (rif. 2). Il trattamento veniva ripristinato se la sistolica aumentava oltre i 150 mmHg o se la diastolica superava i 90 mmHg per più di 1 settimana.

La deprescrizione è stata mantenuta nei due terzi del gruppo di intervento e a 12 settimane la proporzione di pazienti con sistolica <150 mmHg era simile nei due gruppi (86% e 88%) con una sistolica media circa 3 mmHg maggiore nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di cura abituale. Nei pazienti in cui si sono verificati eventi cardiovascolari avversi gravi non sono state osservate differenze tra i gruppi.

Questi risultati suggeriscono che a molti ultraottantenni si potrebbe suggerire la riduzione della terapia antipertensiva senza avere sostanziali aumenti a breve termine dei valori pressori. Sono necessari studi più ampi e a più lungo termine per determinare se la deprescrizione in ultima analisi si traduce in un beneficio clinico o meno in questa popolazione di pazienti.







Gilberto Lacchia

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Pubblicato: 20/07/2020 Aggiornato: 20/07//2020



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