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193 - Terapia dell'insufficienza cardiaca cronica

[Tempo di lettura: 9 min]  PRIMA SCELTA

L'insufficienza cardiaca cronica (ICC) è una condizione sempre più comune in medicina generale, con una prevalenza intorno al 15% dopo gli 85 anni.

Le cause più frequenti di ICC sono:
· Cardiopatia ischemica
· Ipertensione
· Valvulopatie
· Condizioni di alta portata (anemia, tireotossicosi, morbo di Paget, …)
· Aritmie



Diagnosi - Non esiste un test diagnostico univoco per identificare i pazienti con ICC. I sintomi tipici comprendono dispnea (da sforzo, a riposo, ortopnea e parossistica notturna), ritenzione idrica (edemi declivi, gonfiore addominale e aumento ponderale), astenia marcata ed episodi di sincope o di presincope.

L'esame obiettivo è poco performante per una diagnosi certa di insufficienza cardiaca. L'impulso apicale dislocato lateralmente sembra essere il segno più fortemente associato all'ICC. Sono spesso osservabili tachicardia e/o crepitii basali. Anche il miglioramento dei sintomi con la terapia può essere utilizzato come criterio ex juvantibus.

L'ecocardiogramma è l'esame di scelta per la conferma diagnostica dell'ICC con ridotta frazione di eiezione.

Nel sospetto di ICC un ecocardiogramma va chiesto subito nei pazienti con anamnesi di infarto miocardico, mentre negli altri si può dosare il BNP a conferma diagnostica (→ La prima valutazione di un paziente con possibile insufficienza cardiaca) e successivamente valutare l'invio al cardiologo.

Altri accertamenti utili nella prima valutazione:

· ECG (fibrillazione atriale o altre aritmie, ipertrofia ventricolare sx, onde Q da pregresso IMA,…).
· Rx torace (cardiomegalia, congestione polmonare o versamento pleurico). Serve anche per evidenziare o escludere un problema polmonare sottostante (tumori o pneumopatie interstiziali).
· Esame urine per valutare una nefropatia come conseguenza o causa dell'ICC.
· Ematochimici: emocromo, funzionalità renale, glicemia, funzionalità tiroidea, funzionalità epatica (possono essere anormali in caso di ICC e sono necessari prima di prescrivere alcuni farmaci).
· Flusso di picco o spirometria in pazienti selezionati quando una patologia polmonare è più probabile dell'insufficienza cardiaca.

Diagnosi differenziale - Dispnea (BPCO, anemia, dispnea psicogena), edemi declivi (insufficienza venosa, TVP, nefropatia con ritenzione idrica, cirrosi epatica, farmaci [amlodipina, ecc.]), tachicardia (tireotossicosi).

Terapia - Il trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica mira a ridurre la mortalità, evitare lo scompenso acuto e diminuire il deterioramento funzionale. È necessario ottimizzare gli eventuali precipitanti (p.es. fibrillazione atriale, diabete, insufficienza renale cronica, anemia e carenza di ferro).

I capisaldi della terapia di fondo sono rappresentati da ACE inibitori, beta-bloccanti e anti-mineralcorticoidi. I diuretici dell'ansa sono di prima scelta per alleviare i sintomi di congestione.



In caso di persistenza dei sintomi, previa valutazione specialistica, si possono considerare gli inibitori della neprilisina (ARNI), ivabradina, digossina, idralazina/isosorbide (se intolleranza ad altri farmaci di prima scelta), l'impianto di un dispositivo di resincronizzazione (CRT) fino al trapianto cardiaco.

ACE inibitori / sartani: l'enalapril è l'ACEI più studiato e di prima scelta nell'ICC. Per ridurre gli effetti indesiderati (ipotensione, vertigini, iperkaliemia, iponatremia, insufficienza renale, tosse) la dose iniziale consigliata è di 5 mg da aumentare progressivamente fino a 10-20 mg, monitorando pressione arteriosa, funzione renale ed elettroliti.

In caso di intolleranza agli ACEI, questi sono sostituibili con sartani quali candesartan, valsartan o losartan che hanno un profilo di sicurezza simile agli ACEI. Anche i sartani vanno titolati iniziando con dosi basse e aumentando progressivamente.

Beta-bloccanti: dopo che l'insufficienza cardiaca è stata stabilizzata per almeno 2 settimane, e in assenza di bradicardia e ipotensione, l'aggiunta di un beta-bloccante riduce il rischio di deterioramento e la mortalità. Il carvedilolo è quello meglio valutato. Anche in questo caso la posologia va aumentato gradualmente fino alla dose massima tollerata.

Anti-mineralcorticoidi: quando i sintomi persistono o si ripresentano nonostante un trattamento ben condotto con ACEI, betabloccante ed eventualmente diuretico, in assenza di insufficienza renale grave e iperkaliemia, l'aggiunta di spironolattone comporta un miglioramento funzionale, riducendo il rischio di deterioramento e la mortalità. Lo spironolattone può causare ginecomastia; può essere sostituito con canrenone o eplerenone che causano meno frequentemente questo effetto collaterale.

Inibitori della neprilisina: nei pazienti con insufficienza cardiaca di età inferiore ai 75 anni, con pochi sintomi, una significativa diminuzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra, stabili con ACEI o sartano, diuretico e beta-bloccante, e senza dispositivo cardiaco impiantabile, l'associazione a dose fissa sacubitril/valsartan in sostituzione all'ACEI o sartano sembra ridurre la mortalità a medio termine.

L'associazione di sacubitril/valsartan può causare angioedemi, ipotensione arteriosa, iperkaliemia o ipokaliemia, insufficienza renale e gli effetti avversi del sartano. Sono stati segnalati disturbi cognitivi e demenza durante il trattamento a lungo termine.

Diuretici: vanno utilizzati nei pazienti con segni di congestione. La furosemide è il diuretico dell'ansa meglio valutato nell'insufficienza cardiaca. I diuretici dell'ansa possono causare numerose interazioni farmacologiche, soprattutto a causa degli effetti collaterali idroelettrolitici e renali: riducono l'eliminazione renale di alcuni farmaci, con rischio di sovradosaggio, tra cui digossina, flecainide, litio, metformina e sotalolo. Durante la terapia è opportuno il monitoraggio di funzione renale, sodiemia, potassiemia e glicemia. Nella prescrizione è importante tenere presente la particolare farmacocinetica dei diuretici dell'ansa (→ post precedente).

Digossina: un tempo pilastro della terapia dell'insufficienza cardiaca, è considerata utile per migliorare i sintomi ma non la sopravvivenza. Può essere usata come farmaco aggiuntivo nei pazienti in ritmo sinusale che sono ancora sintomatici dopo una terapia ottimale o nella fibrillazione atriale per il controllo della frequenza. Va sospesa in caso di bradicardia eccessiva nei pazienti che assumono digossina e beta-bloccanti.

Ha un margine terapeutico stretto e in alcune situazioni è maggiore il rischio di sovradosaggio: anziani, insufficienza renale, ipotiroidismo, disidratazione, terapia diuretica, politerapia.

Ivabradina: è inserita nelle linee guida e indicata nei pazienti sintomatici in classe NYHA ll-IV, con frazione d'eiezione ≤35% e frequenza ≥75 bpm, intolleranti o con dosi massime tollerate di beta-bloccanti.

Secondo i revisori della rivista Prescrire l'ivabradina ha un rapporto rischio/beneficio sfavorevole ed espone il paziente a disturbi visivi e cardiovascolari a volte gravi, tra cui infarti miocardici, bradicardie e altre aritmie.





Insuffisance cardiaque chronique
La revue Prescrire - Feb 2020

Heart failure
InnovAiT 2019, Vol. 12(5), 243–251

Scompenso cardiaco: gestione in Medicina Generale dalla diagnosi al follow-up
SIMG - 2016

2016 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure
Eur J Heart Fail. 2016;18(8):891‐975







Gilberto Lacchia

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Pubblicato: 15/06/2020 Aggiornato: 15/06/2020


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