Passa ai contenuti principali

195 - Rischio cardiovascolare e momento di assunzione degli antipertensivi

Tempo di lettura: 4 min

Le attuali linee guida per la gestione dell'ipertensione arteriosa non specificano il momento ottimale per l'assunzione degli antipertensivi, ma l'abitudine più comune è quella di farli assumere al mattino. Lo stretto rapporto tra pressione arteriosa (PA) notturna ed eventi cardiovascolari ha fatto ipotizzare che una riduzione notturna mirata della pressione arteriosa con farmaci antipertensivi assunti di sera possa migliorare la protezione rispetto all'assunzione mattutina.

I dati emersi dallo studio spagnolo Hygia Chronotherapy suggeriscono che l'assunzione di antipertensivi prima di coricarsi sia associata a un migliore controllo pressorio e a una riduzione del 45% del rischio relativo di eventi cardiovascolari rispetto all'assunzione mattutina.

Questo studio prospettico, multicentrico e controllato, condotto in un contesto di cure primarie, ha coinvolto circa 19.000 pazienti ipertesi (56% uomini e 44% donne) con una prescrizione di uno o più antipertensivi. I pazienti sono stati randomizzati per l'assunzione dell'intera dose giornaliera di antipertensivi al momento di coricarsi o al risveglio. Al basale e a ogni visita programmata veniva eseguito un monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa (PA) per 48 ore.

I medici curanti non avevano restrizioni nella scelta di antipertensivi approvati per un'unica somministrazione quotidiana (p.es. sartani, ACE-inibitori, calcioantagonisti, beta-bloccanti e/o diuretici). Statine, aspirina e antidiabetici sono stati prescritti quando indicati e assunti come raccomandato.

Dopo circa 6 anni, il gruppo che assumeva la terapia al momento di coricarsi aveva un miglior controllo al monitoraggio ambulatoriale, con PA sistolica inferiore durante il sonno e una maggiore riduzione relativa della sistolica notturna (cosiddetto dipping della PA), rispetto al gruppo con assunzione mattutina. 

Nel gruppo di pazienti con assunzione serale si sono verificati meno effetti avversi degli antipertensivi e l'outcome primario (composto da morte cardiovascolare, infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica, insufficienza cardiaca o ictus ischemico o emorragico) si è verificato in un numero di pazienti significativamente minore, dopo aggiustamento per fattori quali età, sesso, PA sistolica media durante il sonno, riduzione relativa della PA sistolica durante il sonno e precedente malattia cardiovascolare. L'analisi delle singole componenti dell'outcome primario ha mostrato risultati simili.

Questo studio, basato sul monitoraggio pressorio ambulatoriale, con un follow-up significativo e un numero di eventi cardiovascolari sufficientemente ampio, è il primo condotto in un contesto di medicina generale per verificare l'ipotesi che l'assunzione serale degli antipertensivi migliori il controllo pressorio e fornisca una miglior protezione cardiovascolare. È interessante notare come uno studio su un intervento semplice e gratuito non abbia ricevuto molta pubblicità, in contrasto con il battage che si verifica quando farmaci costosi ottengono benefici minori.

In sintesi, il momento di assunzione della terapia sembra essere importante per il controllo della PA e la riduzione del rischio cardiovascolare. Studi su larga scala, in corso, che valutano i tempi del trattamento antipertensivo potrebbero fornire ulteriori informazioni sul ruolo dei modelli di trattamento circadiano.



Bedtime hypertension treatment improves cardiovascular risk reduction: The Hygia Chronotherapy Trial
Eur Heart J 2019 Oct 22; [e-pub]

Antihypertension Medications Might Best Be Taken at Night
Journal Watch - Practice-Changing Research 2020






Gilberto Lacchia - Pubblicato 22/06/2020 - Aggiornato 22/06/2020

Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se

392 - Tremore indotto da farmaci

Tempo di lettura: 5 min Il tremore è un sintomo molto frequente e non è sempre facile stabilire se sia causato o esacerbato da un farmaco. Si classifica in base al comportamento associato: tremore d'azione di tipo cinetico (durante un movimento volontario) o posturale (mantenimento di una postura), tremore a riposo e tremore intenzionale (durante un movimento diretto a un obiettivo). Alcuni fattori utili per la diagnosi del tremore da farmaci sono: 1) esclusione di altre cause mediche di tremore ( p.es . ipertiroidismo, ipoglicemia); 2) rapporto temporale con l'inizio della terapia; 3) rapporto dose-risposta (l'aumento della dose peggiora il tremore e viceversa); e 4) mancanza di progressione (i tremori del morbo di Parkinson e i tremori essenziali si modificano nel tempo). I pazienti più a rischio sono quelli più anziani, per diversi motivi: Interazione con le patologie di base ( p.es . il parkinsonismo indotto da metoclopramide è più intenso in caso di

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere diverse cons