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42 - Deprescrivere gli inibitori di pompa: perché, a chi e come?

L'eccessiva prescrizione degli inibitori di pompa è sempre un tema caldo, anche a livello internazionale. In tutto il mondo gli inibitori della pompa protonica (PPI) si piazzano sempre tra i primi 10 farmaci più prescritti.

Secondo le statistiche, negli ultimi 30 giorni all'8-10% degli adulti che accedono a un ambulatorio di medicina generale è stato prescritto un PPI. Ho voluto verificare: dal 7 maggio al 6 giugno 2018 il 9,2% dei miei assistiti ha ricevuto almeno una prescrizione di PPI).

Numerosi studi hanno sollevato dubbi sulla sicurezza dell'uso a lungo termine dei PPI.

Questa review vuole rispondere a tre domande sulla deprescrizione dei PPI:

  • perché: valutazione delle attuali evidenze che dimostrano l'associazione tra uso cronico dei PPI ed effetti nocivi per la salute e la probabilità che queste associazioni siano causali; 
  • a chi: come identificare gli utilizzatori a lungo termine di PPI nei quali poter ridurre l'intensità della terapia o nei quali i PPI potrebbero essere sospesi; 
  • come: strategie su come ridurre o interrompere la terapia cronica con PPI, mantenendo il controllo dei sintomi e riducendo il rischio di recidiva dei sintomi o di disturbi delle vie digestive superiori. 


1) l'immagine illustra graficamente tutte le possibili problematiche associate all'uso cronico dei PPI. La discussione in questa parte dell'articolo verte soprattutto sulla validità degli studi osservazionali che hanno indicato delle "associazioni" tra uso di PPI e condizioni patologiche. Come già osservato dagli autori italiani della review citata in un post precedente, si tratta di studi nei quali è difficile dimostrare un rapporto di causa ed effetto: per questo scopo servirebbe uno studio randomizzato e controllato di dimensioni sufficienti per evidenziare le complicanze a lungo termine, ma è estremamente improbabile che venga condotto, per motivi etici e di costi.

La conclusione dell'autrice è che non si può dimostrare che i PPI non abbiano effetti avversi a lungo termine e mancano i dati che servirebbero per dimostrarne la sicurezza. È quindi importante non utilizzarli in modo inappropriato e, in particolare, limitarne l'uso alle indicazioni nelle quali i benefici sono ben definiti.

2) Il trattamento a lungo termine è indicato in alcune condizioni, presumibilmente utile in altre e inappropriato in altri casi.

Indicazioni chiare alla terapia a lungo termine

  • Terapia dell'esofagite erosiva e prevenzione delle recidive. Il rischio di recidiva è particolarmente alto nei pazienti con le forme più gravi di esofagite. 
  • Prevenzione dell'ulcera peptica e delle sue complicanze: i PPI sono molto efficaci nella prevenzione in pazienti in terapia cronica con FANS. La gastroprotezione è consigliata in tutti gli utilizzatori cronici di aspirina o FANS con fattori che aumentino il rischio di ulcera e relative complicanze (uso di antiaggreganti/anticoagulanti, associazione di steroidi sistemici, età superiore a 70 anni, pregressa storia di ulcera, gravi comorbidità). 
  • Prevenzione dell'esofago di Barrett: tutte le principali linee guida raccomandano con forza i PPI, anche in assenza di sintomi, per la prevenzione dell'evoluzione a displasia e adenocarcinoma. 
  • Trattamento della esofagite eosinofila che risponde ai PPI: la risposta si ha nel 50% di questi soggetti ed è dimostrato che questa esofagite non trattata finisce per causare una stenosi esofagea. 
  • Sindrome di Zollinger-Ellison 
Indicazioni possibili alla terapia a lungo termine
  1. Dispepsia funzionale: condizione cronica, con sintomi ricorrenti; questi pazienti tendono a utilizzare i PPI per periodi di tempo superiori a quelli valutati per questi farmaci (8 settimane), nonostante non ci siano dimostrazioni che il beneficio continui a lungo termine.
  2. Reflusso negativo all'endoscopia: pazienti con sintomi suggestivi di reflusso gastroesofageo, ma senza segni endoscopici di esofagite erosiva. Si tratta di un gruppo eterogeneo di pazienti; una parte di questi ha un beneficio sintomatico dall'uso dei PPI.
  3. Sintomi presumibilmente secondari al reflusso laringoesofageo (raucedine, faringodinia, sensazione di globo in gola): questa fantomatica condizione era già stata discussa in un post precedente. Si tratta di una condizione difficile da diagnosticare e le evidenze che sostengono l'uso dei PPI sono piuttosto contrastanti.

Uso inappropriato
Si può definire come utilizzo in assenza di indicazioni o per un'indicazione non assoluta, nella quale non è stata considerata/tentata la sospensione.

Tutte le linee guida attuali raccomando terapie per un'indicazione specifica, alla dose più bassa e per il tempo più breve necessario per l'adeguato controllo dei sintomi.

Secondo una ricerca americana del 2010, oltre un terzo degli utilizzatori non avrebbe indicazioni alla terapia continuativa e il 10% li utilizzerebbe per indicazioni extra-esofagee.

Cosa induce all'uso inappropriato?

  1. Inizio della terapia in modo empirico, e non sulla base di una diagnosi documentata (basandosi solo sui sintomi è pressoché impossibile la diagnosi differenziale tra pirosi funzionale ed esofagite erosiva, dispepsia funzionale e ulcera peptica).
  2. I PPI porterebbero alla guarigione completa di un'ulcera rendendo impossibile determinare se i sintomi originali fossero funzionali o meno.
  3. Il medico di medicina generale può non fidarsi di sospendere i PPI se questa terapia è stata iniziata durante un ricovero o indicata da un altro medico.
  4. La maggior parte dei sintomi gastroenterici ha un'intensità variabile. In molti casi questi si sarebbero risolti anche senza la terapia con PPI.
  5. Mancando altri farmaci con efficacia simile per i sintomi gastroenterici, i medici tendono a favorire i PPI.

Come deprescrivere

La deprescrizione è la sospensione completa dei PPI, la riduzione del dosaggio o la sostituzione con un'altra forma di terapia antiacida.

La riduzione di dosaggio dovrebbe essere presa in considerazione per tutte le persone che assumono PPI in modo cronico ad alte dosi.

Una strategia è la terapia al bisogno, solo alla comparsa dei sintomi e fino al controllo di questi, che è significativamente più efficace del placebo.

La sospensione brusca dei PPI assunti cronicamente, anche nei pazienti con indicazioni dubbie, causa un'improvvisa iperacidità (i PPI inibiscono la secrezione acida ma ciò induce un'ipergastrinemia che causa la secrezione di grandi quantità di acido alla sospensione della terapia).

Il fenomeno dell'iperacidità da sospensione è stato prodotto anche in soggetti senza sintomi gastrointestinali trattati con PPI per 8 settimane: nel 40% dei casi alla sospensione venivano riferiti sintomi dispeptici.

È quindi opportuna una sospensione a scalare, per esempio dimezzando la dose per due settimane prima di sospendere.

L'autrice suggerisce uno schema a giorni alterni per due settimane, due volte alla settimana per altre due settimane e quindi sospendere.

Concordando la sospensione della terapia con i pazienti può essere utile avvertirli che qualche sintomo potrebbe ripresentarsi a breve termine e che ciò non indica necessariamente la necessità di una terapia "a vita", ma potrebbe semplicemente essere un segno di un'ipersecrezione gastrica reversibile.




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 💊 Altri post in tema
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Discontinuing Long-Term PPI Therapy: Why, With Whom, and How?
Am J Gastroenterol. 2018 Apr;113(4):519-528


What are the risks of long-term PPI use for GERD symptoms in patients > 65 years?
J Fam Pract. 2019 Apr;68(3):E18-E19


Gilberto Lacchia



Pubblicato: 12/07/2018 Aggiornato: 02/10/2019 

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