L'eccessiva prescrizione degli inibitori di pompa è sempre un tema caldo, anche a livello internazionale. In tutto il mondo gli inibitori della pompa protonica (PPI) si piazzano sempre tra i primi 10 farmaci più prescritti.
Secondo le statistiche, negli ultimi 30 giorni all'8-10% degli adulti che accedono a un ambulatorio di medicina generale è stato prescritto un PPI. Ho voluto verificare: dal 7 maggio al 6 giugno 2018 il 9,2% dei miei assistiti ha ricevuto almeno una prescrizione di PPI). Numerosi studi hanno sollevato dubbi sulla sicurezza dell'uso a lungo termine dei PPI. Questa review vuole rispondere a tre domande sulla deprescrizione dei PPI:
1) l'immagine illustra graficamente tutte le possibili problematiche associate all'uso cronico dei PPI. La discussione in questa parte dell'articolo verte soprattutto sulla validità degli studi osservazionali che hanno indicato delle "associazioni" tra uso di PPI e condizioni patologiche. Come già osservato dagli autori italiani della review citata in un post precedente, si tratta di studi nei quali è difficile dimostrare un rapporto di causa ed effetto: per questo scopo servirebbe uno studio randomizzato e controllato di dimensioni sufficienti per evidenziare le complicanze a lungo termine, ma è estremamente improbabile che venga condotto, per motivi etici e di costi. La conclusione dell'autrice è che non si può dimostrare che i PPI non abbiano effetti avversi a lungo termine e mancano i dati che servirebbero per dimostrarne la sicurezza. È quindi importante non utilizzarli in modo inappropriato e, in particolare, limitarne l'uso alle indicazioni nelle quali i benefici sono ben definiti. 2) Il trattamento a lungo termine è indicato in alcune condizioni, presumibilmente utile in altre e inappropriato in altri casi. Indicazioni chiare alla terapia a lungo termine
Uso inappropriato Si può definire come utilizzo in assenza di indicazioni o per un'indicazione non assoluta, nella quale non è stata considerata/tentata la sospensione. Tutte le linee guida attuali raccomando terapie per un'indicazione specifica, alla dose più bassa e per il tempo più breve necessario per l'adeguato controllo dei sintomi. Secondo una ricerca americana del 2010, oltre un terzo degli utilizzatori non avrebbe indicazioni alla terapia continuativa e il 10% li utilizzerebbe per indicazioni extra-esofagee. Cosa induce all'uso inappropriato?
Come deprescrivere La deprescrizione è la sospensione completa dei PPI, la riduzione del dosaggio o la sostituzione con un'altra forma di terapia antiacida. La riduzione di dosaggio dovrebbe essere presa in considerazione per tutte le persone che assumono PPI in modo cronico ad alte dosi. Una strategia è la terapia al bisogno, solo alla comparsa dei sintomi e fino al controllo di questi, che è significativamente più efficace del placebo. La sospensione brusca dei PPI assunti cronicamente, anche nei pazienti con indicazioni dubbie, causa un'improvvisa iperacidità (i PPI inibiscono la secrezione acida ma ciò induce un'ipergastrinemia che causa la secrezione di grandi quantità di acido alla sospensione della terapia). Il fenomeno dell'iperacidità da sospensione è stato prodotto anche in soggetti senza sintomi gastrointestinali trattati con PPI per 8 settimane: nel 40% dei casi alla sospensione venivano riferiti sintomi dispeptici. È quindi opportuna una sospensione a scalare, per esempio dimezzando la dose per due settimane prima di sospendere. L'autrice suggerisce uno schema a giorni alterni per due settimane, due volte alla settimana per altre due settimane e quindi sospendere. Concordando la sospensione della terapia con i pazienti può essere utile avvertirli che qualche sintomo potrebbe ripresentarsi a breve termine e che ciò non indica necessariamente la necessità di una terapia "a vita", ma potrebbe semplicemente essere un segno di un'ipersecrezione gastrica reversibile. __________________________________________ 💊 Altri post in tema _________________________________________
Discontinuing Long-Term PPI Therapy: Why, With Whom, and How? Am J Gastroenterol. 2018 Apr;113(4):519-528 J Fam Pract. 2019 Apr;68(3):E18-E19
Gilberto Lacchia
Pubblicato: 12/07/2018 Aggiornato: 02/10/2019
|
[Tempo di lettura: 7 min] Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa . Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se
Commenti
Posta un commento