Passa ai contenuti principali

43 - Terapia della cosiddetta borsite trocanterica

La tendinopatia glutea è una problematica frequente in medicina generale. 

La maggior prevalenza si osserva in donne tra la 4a e la 6a decade di vita e in alcune statistiche si arriva a dati di prevalenza intorno al 20% nelle donne e al 10% negli uomini, con frequenze che possono arrivare a una donna su quattro dopo i 50 anni. 

Si tratta della più frequente tendinopatia degli arti inferiori che impatta sostanzialmente sulla qualità della vita.

Il disturbo si presenta come dolore e dolorabilità alla pressione sul grande trocantere e spesso interferisce con il sonno e la funzionalità diurna. 

Il livello di disabilità e gli effetti sulla qualità della vita sono equivalenti a quelli dell'osteoartrosi grave dell'anca.

Tradizionalmente il dolore laterale dell'anca veniva definito borsite trocanterica, ma questa diagnosi è stata messa in discussione da studi di imaging, istologici e chirurgici. 

Oggi si ritiene che le alterazioni principali che causano il dolore laterale dell'anca consistano in una tendinopatia inserzionale non infiammatoria, ma più probabilmente degenerativa, del medio e/o del piccolo gluteo. La distensione della borsa può coesistere, ma è improbabile che sia di natura infiammatoria.

Personalmente ho alcuni pazienti con questo tipo di dolore che hanno provato numerose terapie, tra cui FANS, onde d'urto, infiltrazioni, senza risultati definitivi. Il dolore recidiva regolarmente e anche le infiltrazioni di steroidi spesso danno un beneficio solo temporaneo. 

Come in altri tipi di tendinopatie (spalla, gomito) i FANS sono molto poco efficaci e si tratta di una problematica frustrante per il medico e per i pazienti. Analogamente alle epicondiliti, la terapia infiltrativa cortisonica ha una percentuale di risposta positiva intorno al 75% nelle prime settimane, che diventa inferiore al 50% dopo 3-4 mesi e dopo 12 mesi chi ha fatto le infiltrazioni non sta poi così meglio di chi è stato trattato con semplice terapia analgesica. 

Ciononostante, le infiltrazioni di corticosteroidi sono utilizzate spesso in questi pazienti, insieme alla fisioterapia, ma non è chiaro quale sia la terapia migliore.

In uno studio multicentrico australiano, 204 pazienti (82% donne; età media, 55 anni) con dolore laterale dell'anca sono stati randomizzati per circa 3 mesi a una fisioterapia con intervento educazionale, all'iniezione di corticosteroidi o a nessuna terapia. 

I partecipanti hanno seguito 14 sessioni di formazione per due mesi sul carico progressivo dei tendini e un programma di esercizi mirati; chi effettuava le infiltrazioni veniva trattato con un'iniezione cortisonica ecoguidata.

Dopo due mesi, in entrambi i gruppi di terapia attiva si osservava un miglioramento generale significativamente maggiore rispetto al gruppo senza nessun trattamento (77% e 58% vs. 29%), con intensità del dolore significativamente minore; erano significative anche le differenze tra il gruppo in fisioterapia e quello con le infiltrazioni. 

A un anno, per il miglioramento funzionale dell'anca l'istruzione e l'esercizio fisico erano superiori sia all'infiltrazione che al non trattamento (79% vs. 58% e 52%).

Si tratta di uno studio in cui entrambe le terapie attive erano fornite in condizioni ideali: il programma intensivo era seguito da terapeuti altamente qualificati e le infiltrazioni erano ecoguidate. 

Nella nostra realtà probabilmente entrambe queste condizioni non si verificano. L'utilità di questo studio può essere quella di farci propendere più rapidamente per una di queste due soluzioni (fisioterapia o terapia infiltrativa) evitando terapie meno efficaci e/o con maggiori effetti collaterali (onde d'urto, FANS o steroidi sistemici).

Education plus exercise versus corticosteroid injection use versus a wait and see approach on global outcome and pain from gluteal tendinopathy
BMJ 2018;361:k1662

Gilberto Lacchia


Pubblicato: 16/07/2018 Aggiornato: 19/10/2018 

Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se

392 - Tremore indotto da farmaci

Tempo di lettura: 5 min Il tremore è un sintomo molto frequente e non è sempre facile stabilire se sia causato o esacerbato da un farmaco. Si classifica in base al comportamento associato: tremore d'azione di tipo cinetico (durante un movimento volontario) o posturale (mantenimento di una postura), tremore a riposo e tremore intenzionale (durante un movimento diretto a un obiettivo). Alcuni fattori utili per la diagnosi del tremore da farmaci sono: 1) esclusione di altre cause mediche di tremore ( p.es . ipertiroidismo, ipoglicemia); 2) rapporto temporale con l'inizio della terapia; 3) rapporto dose-risposta (l'aumento della dose peggiora il tremore e viceversa); e 4) mancanza di progressione (i tremori del morbo di Parkinson e i tremori essenziali si modificano nel tempo). I pazienti più a rischio sono quelli più anziani, per diversi motivi: Interazione con le patologie di base ( p.es . il parkinsonismo indotto da metoclopramide è più intenso in caso di

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere diverse cons