Passa ai contenuti principali

595 - Insufficienza surrenalica da oppioidi: un effetto sottovalutato in terapia cronica

È un effetto avverso ben descritto in letteratura, clinicamente rilevante ma poco diagnosticato. L’insufficienza surrenalica indotta da oppioidi può compromettere per anni la qualità di vita dei pazienti in terapia cronica. [Lettura 7 min]

Gli oppioidi sono ampiamente utilizzati per la gestione del dolore cronico, con un profilo di sicurezza accettabile se utilizzati in modo appropriato.

Sono ben conosciuti diversi effetti avversi, come dipendenza, sedazione, depressione respiratoria, stipsi e nausea. Tra quelli meno noti ma clinicamente significativi è descritta l’insufficienza surrenalica indotta dagli oppioidi (ISIO), spesso sotto-diagnosticata nonostante la sua documentazione in letteratura e la segnalazione in scheda tecnica.

Per esempio, nella documentazione della morfina solfato (MS Contin°), è presente un paragrafo dedicato all’insufficienza surrenalica: “Gli analgesici oppioidi possono causare insufficienza surrenalica reversibile che richiede monitoraggio e terapia sostitutiva con glucocorticoidi.”

Stranamente, questa informazione non è inclusa nella tabella dedicata agli effetti indesiderati, suggerendo una scarsa consapevolezza clinica di questo effetto.

Definizione e classificazione dell’insufficienza surrenalica

L’insufficienza surrenalica (IS) è caratterizzata da una produzione inadeguata di glucocorticoidi e mineralcorticoidi da parte delle ghiandole surrenali, con conseguenze sistemiche significative. Si distingue in due principali forme:
  • IS primaria: dovuta a un danno intrinseco delle ghiandole surrenali.
  • IS secondaria/terziaria: non dipende da un danno ai surreni, ma è una conseguenza dell'inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con ridotta secrezione dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH).
L’ISIO appartiene a questa seconda categoria, poiché dipende dall’inibizione della secrezione di ACTH secondaria all’uso cronico di oppioidi.

Epidemiologia e segni clinici: come riconoscere l’ISIO

L’incidenza dell’ISIO nei pazienti in terapia cronica con oppioidi varia tra il 9% e il 29%, con sintomi spesso aspecifici quali astenia, nausea, vomito, perdita di peso, ipotensione ortostatica, mialgie e letargia.

Questa sintomatologia può facilmente sovrapporsi al quadro clinico del dolore cronico per il quale il paziente è in trattamento, determinando ritardi diagnostici significativi, che in alcuni casi superano i 5 anni.

Solo il 10% dei pazienti colpiti riceve una diagnosi corretta e l’ISIO è stata documentata non solo nei soggetti in trattamento per dolore cronico, ma anche in coloro che utilizzano oppioidi per abuso o terapia sostitutiva.

I sintomi più comuni osservati sono astenia, dolore muscolo-scheletrico, perdita di peso, cefalea e nausea, con un miglioramento sintomatico documentato nel 70% dei pazienti che hanno ricevuto la terapia sostitutiva con glucocorticoidi e sono stati sottoposti a follow-up.

Meccanismo fisiopatologico

Gli oppioidi esogeni attivano i recettori µ e κ a livello ipotalamico e ipofisario. Questo riduce la secrezione della corticotropina (CRH) e ne abbassa la sensibilità ipofisaria. Questa inibizione riduce la produzione di ACTH e i livelli plasmatici di cortisolo.
L’alterazione del normale ritmo circadiano del cortisolo, con perdita del picco mattutino e del nadir circadiano, è una caratteristica distintiva dell’ISIO.

È una situazione generalmente reversibile: nei pazienti con esposizione agli oppioidi inferiore a 15 giorni, la funzione surrenalica si normalizza entro 24 ore dalla sospensione del farmaco; la terapia sostitutiva con idrocortisone può migliorare il quadro clinico.

Fattori predisponenti

I principali fattori di rischio per lo sviluppo di ISIO includono:
  • Durata della terapia: rischio maggiore con trattamenti prolungati.
  • Dosaggio giornaliero: rischio maggiore con dosi ≥60 mg equivalenti di morfina; alcuni studi suggeriscono una soglia inferiore, di 20 mg equivalenti di morfina per più di 90 giorni come criterio che richiede monitoraggio.
  • Tipologia di oppioide: gli oppioidi forti (morfina, ossicodone, fentanil, idromorfone, tapentadolo) sembrano essere associati a un rischio maggiore rispetto a quelli deboli (codeina, tramadolo, destrometorfano): probabilmente a causa della loro elevata affinità per i recettori oppioidi centrali.
La via di somministrazione (orale, transdermica, parenterale) non sembra influenzare in modo rilevante il rischio di ISIO.

Non è chiaro se esistano predisposizioni legate a età o sesso del paziente, né se particolari polimorfismi genetici possano influenzare lo sviluppo dell’ISIO.

Né esistono evidenze conclusive che indichino se alcune formulazioni siano più rischiose di altre. È stato ipotizzato che gli oppioidi a lunga durata d’azione possano comportare un rischio maggiore.

Dati di farmacovigilanza

Le segnalazioni di ISIO nei database di farmacovigilanza sono esigue, suggerendo una marcata sotto-diagnosi.

Un’analisi della banca dati francese ha identificato solo 15 casi con misurazione del cortisolo in 9 pazienti, mentre la banca dati VigiAccess dell’OMS ha evidenziato un significativo squilibrio statistico del ROR (Reporting Odds Ratio) un parametro che confronta la frequenza con cui un determinato evento avverso viene segnalato per un farmaco rispetto a tutti gli altri farmaci presenti nel database:
  • ROR per tutti gli oppioidi vs. analgesici non oppioidi: 1,78
  • ROR per oppioidi forti vs. altri analgesici: 1,92
  • ROR per oppioidi deboli: 1,1 (non significativo)

In pratica

Dati i limiti nella diagnosi e nella consapevolezza clinica dell’ISIO, è essenziale adottare un approccio proattivo nella gestione dei pazienti in terapia con oppioidi.
  • Sensibilizzazione del personale medico: la conoscenza di questo effetto avverso deve essere diffusa tra i professionisti sanitari per migliorare la diagnosi precoce.
  • Monitoraggio della funzione surrenalica: nei pazienti a rischio elevato (uso cronico, dosi elevate), è consigliabile il dosaggio del cortisolo mattutino e, in caso di valori borderline, l’esecuzione di test di stimolazione con ACTH.
  • Strategie preventive: riduzione graduale della dose, rotazione degli oppioidi e screening precoce per sintomi di ISIO.
La terapia si basa sulla sostituzione con glucocorticoidi.

In genere si raccomandano dosi di idrocortisone comprese tra 15 e 25 mg/d, somministrate in dosi divise da 2 a 3 volte al giorno, la maggior parte delle quali al risveglio (50%-66%).

Glucocorticoidi con un’emivita più lunga (prednisone e desametasone) possono migliorare la compliance, ma hanno maggiori probabilità di essere associate a un eccesso di effetti glucocorticoidi e a una maggiore soppressione del rilascio di cortisolo endogeno.

L’adeguatezza della sostituzione si basa sul controllo sintomatico perché non esiste un’unica variabile affidabile per valutare il dosaggio ottimale. Nei soggetti con insufficienza surrenalica secondaria, la sostituzione dei mineralcorticoidi non è necessaria.

In presenza di fattori stressanti (forte stress psicologico, traumi, interventi chirurgici imminenti o recenti), la dose di glucocorticoidi andrebbe aumentata. In caso di malattia acuta la dose va raddoppiata o addirittura triplicata per due o tre giorni. Se i sintomi sono troppo gravi o l’assunzione per via orale non è possibile, si può ricorrere a corticosteroidi intramuscolari.

Prima di iniziare una terapia cronica con oppioidi i pazienti dovrebbero essere informati sui potenziali rischi di insufficienza surrenalica, ipogonadismo e altri effetti avversi associati.

La mancata diagnosi può avere ripercussioni significative sulla qualità di vita dei pazienti e ritardare la terapia appropriata. Il monitoraggio attento della funzione surrenalica e una maggiore consapevolezza di questa endocrinopatia possono contribuire a migliorare la sicurezza della terapia e prevenire complicanze potenzialmente gravi.



📢 Ricevi le notifiche dei post


Canale Telegram Bacheca WhatsApp

💪 Supporta l'iniziativa


Commenti

Post popolari in questo blog

266 - Oppioidi e antidepressivi: attenti alle interazioni pericolose

[Tempo di lettura: 7 min]  Associare oppioidi e farmaci antidepressivi espone a diversi tipi di interazione. Alcuni oppioidi aumentano l'attività serotoninergica e possono indurre una sindrome serotoninergica. In certi casi gli SSRI possono bloccare il metabolismo degli oppioidi riducendo l’effetto analgesico di alcuni o aumentando le concentrazioni e il rischio di effetti avversi di altri. La strategia preventiva più semplice è quella di evitare la prescrizione degli oppioidi associati a maggiori rischi di interazione. L'effetto analgesico degli oppioidi è mediato attraverso tre recettori oppioidi principali, mu , delta e kappa .  Molti oppioidi, soprattutto quelli sintetici, agiscono anche su altri target, bloccando per esempio la ricaptazione di serotonina e noradrenalina e i recettori N-metil-D-aspartato (NMDA). Alcuni oppioidi inibiscono il trasportatore di serotonina che aumenta le concentrazioni di serotonina nella sinapsi e quindi l'effetto postsinaptico della se...

304 - Scialorrea da farmaci

[Tempo di lettura: 4 min]    Diversi farmaci, utilizzati soprattutto in psichiatria, possono causare ipersalivazione. È un problema che può ridurre la qualità di vita dei pazienti e a volte avere complicanze gravi. La scialorrea (ipersalivazione) è un sintomo soggettivo, percepito dal paziente come eccessiva produzione di saliva. A volte si presenta con una fuoriuscita di saliva dalla bocca perché il soggetto non riesce a trattenerla dietro la barriera labiale. È un fenomeno comune nei neonati, ma è considerata anomala dopo i quattro anni. Può essere causata dalla diminuzione della frequenza di deglutizione o dall’aumento della produzione di saliva. Le cause possono essere locali (odontalgia, protesi mal posizionate, infiammazioni o infezioni orali), neurologiche (nevralgia trigeminale, tumori cerebrali, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), tossiche (mercurio, iodio, fluoruro di sodio, funghi velenosi, nicotina) o farmacologiche. La scialorrea può avere div...

331 - Valutare gli aumenti della creatinchinasi

[Tempo di lettura: 8 min]  Un aumento della creatinchinasi è un riscontro frequente in medicina generale. La maggior parte dei casi lievi dipendono da cause transitorie e autolimitantesi. In alcune situazioni è opportuna una valutazione diagnostica più approfondita. La creatinchinasi (CK) è l'enzima più utilizzato per diagnosi e follow up delle malattie muscolari. Le concentrazioni sieriche aumentano in risposta alla lesione muscolare ed è l'indicatore più sensibile di danno muscolare e il miglior parametro del decorso della lesione muscolare. La CK è un dimero e si presenta in tre isoenzimi diversi (MM, MB e BB), che possono essere distinti all’elettroforesi. Il muscolo scheletrico ha la più alta concentrazione di CK di qualsiasi tessuto, con più del 99% MM e piccole quantità di MB. Il tessuto cardiaco ha la più alta concentrazione di CK-MB, che rappresenta circa il 20% della CK cardiaca (la troponina I è un marker più specifico di danno miocardico rispetto alla CK-MB, uti...