È un effetto avverso ben descritto in letteratura, clinicamente rilevante ma poco diagnosticato. L’insufficienza surrenalica indotta da oppioidi può compromettere per anni la qualità di vita dei pazienti in terapia cronica. [Lettura 7 min]
Gli oppioidi sono ampiamente utilizzati per la gestione del dolore cronico, con un profilo di sicurezza accettabile se utilizzati in modo appropriato.
Sono ben conosciuti diversi effetti avversi, come dipendenza, sedazione, depressione respiratoria, stipsi e nausea. Tra quelli meno noti ma clinicamente significativi è descritta l’insufficienza surrenalica indotta dagli oppioidi (ISIO), spesso sotto-diagnosticata nonostante la sua documentazione in letteratura e la segnalazione in scheda tecnica.
Per esempio, nella documentazione della morfina solfato (MS Contin°), è presente un paragrafo dedicato all’insufficienza surrenalica: “Gli analgesici oppioidi possono causare insufficienza surrenalica reversibile che richiede monitoraggio e terapia sostitutiva con glucocorticoidi.”
Stranamente, questa informazione non è inclusa nella tabella dedicata agli effetti indesiderati, suggerendo una scarsa consapevolezza clinica di questo effetto.
Questa sintomatologia può facilmente sovrapporsi al quadro clinico del dolore cronico per il quale il paziente è in trattamento, determinando ritardi diagnostici significativi, che in alcuni casi superano i 5 anni.
Solo il 10% dei pazienti colpiti riceve una diagnosi corretta e l’ISIO è stata documentata non solo nei soggetti in trattamento per dolore cronico, ma anche in coloro che utilizzano oppioidi per abuso o terapia sostitutiva.
I sintomi più comuni osservati sono astenia, dolore muscolo-scheletrico, perdita di peso, cefalea e nausea, con un miglioramento sintomatico documentato nel 70% dei pazienti che hanno ricevuto la terapia sostitutiva con glucocorticoidi e sono stati sottoposti a follow-up.
L’alterazione del normale ritmo circadiano del cortisolo, con perdita del picco mattutino e del nadir circadiano, è una caratteristica distintiva dell’ISIO.
È una situazione generalmente reversibile: nei pazienti con esposizione agli oppioidi inferiore a 15 giorni, la funzione surrenalica si normalizza entro 24 ore dalla sospensione del farmaco; la terapia sostitutiva con idrocortisone può migliorare il quadro clinico.
Prima di iniziare una terapia cronica con oppioidi i pazienti dovrebbero essere informati sui potenziali rischi di insufficienza surrenalica, ipogonadismo e altri effetti avversi associati.
La mancata diagnosi può avere ripercussioni significative sulla qualità di vita dei pazienti e ritardare la terapia appropriata. Il monitoraggio attento della funzione surrenalica e una maggiore consapevolezza di questa endocrinopatia possono contribuire a migliorare la sicurezza della terapia e prevenire complicanze potenzialmente gravi.
Gli oppioidi sono ampiamente utilizzati per la gestione del dolore cronico, con un profilo di sicurezza accettabile se utilizzati in modo appropriato.
Sono ben conosciuti diversi effetti avversi, come dipendenza, sedazione, depressione respiratoria, stipsi e nausea. Tra quelli meno noti ma clinicamente significativi è descritta l’insufficienza surrenalica indotta dagli oppioidi (ISIO), spesso sotto-diagnosticata nonostante la sua documentazione in letteratura e la segnalazione in scheda tecnica.
Per esempio, nella documentazione della morfina solfato (MS Contin°), è presente un paragrafo dedicato all’insufficienza surrenalica: “Gli analgesici oppioidi possono causare insufficienza surrenalica reversibile che richiede monitoraggio e terapia sostitutiva con glucocorticoidi.”
Stranamente, questa informazione non è inclusa nella tabella dedicata agli effetti indesiderati, suggerendo una scarsa consapevolezza clinica di questo effetto.
Definizione e classificazione dell’insufficienza surrenalica
L’insufficienza surrenalica (IS) è caratterizzata da una produzione inadeguata di glucocorticoidi e mineralcorticoidi da parte delle ghiandole surrenali, con conseguenze sistemiche significative. Si distingue in due principali forme:- IS primaria: dovuta a un danno intrinseco delle ghiandole surrenali.
- IS secondaria/terziaria: non dipende da un danno ai surreni, ma è una conseguenza dell'inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con ridotta secrezione dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH).
Epidemiologia e segni clinici: come riconoscere l’ISIO
L’incidenza dell’ISIO nei pazienti in terapia cronica con oppioidi varia tra il 9% e il 29%, con sintomi spesso aspecifici quali astenia, nausea, vomito, perdita di peso, ipotensione ortostatica, mialgie e letargia.Questa sintomatologia può facilmente sovrapporsi al quadro clinico del dolore cronico per il quale il paziente è in trattamento, determinando ritardi diagnostici significativi, che in alcuni casi superano i 5 anni.
Solo il 10% dei pazienti colpiti riceve una diagnosi corretta e l’ISIO è stata documentata non solo nei soggetti in trattamento per dolore cronico, ma anche in coloro che utilizzano oppioidi per abuso o terapia sostitutiva.
I sintomi più comuni osservati sono astenia, dolore muscolo-scheletrico, perdita di peso, cefalea e nausea, con un miglioramento sintomatico documentato nel 70% dei pazienti che hanno ricevuto la terapia sostitutiva con glucocorticoidi e sono stati sottoposti a follow-up.
Meccanismo fisiopatologico
Gli oppioidi esogeni attivano i recettori µ e κ a livello ipotalamico e ipofisario. Questo riduce la secrezione della corticotropina (CRH) e ne abbassa la sensibilità ipofisaria. Questa inibizione riduce la produzione di ACTH e i livelli plasmatici di cortisolo.L’alterazione del normale ritmo circadiano del cortisolo, con perdita del picco mattutino e del nadir circadiano, è una caratteristica distintiva dell’ISIO.
È una situazione generalmente reversibile: nei pazienti con esposizione agli oppioidi inferiore a 15 giorni, la funzione surrenalica si normalizza entro 24 ore dalla sospensione del farmaco; la terapia sostitutiva con idrocortisone può migliorare il quadro clinico.
Fattori predisponenti
I principali fattori di rischio per lo sviluppo di ISIO includono:- Durata della terapia: rischio maggiore con trattamenti prolungati.
- Dosaggio giornaliero: rischio maggiore con dosi ≥60 mg equivalenti di morfina; alcuni studi suggeriscono una soglia inferiore, di 20 mg equivalenti di morfina per più di 90 giorni come criterio che richiede monitoraggio.
- Tipologia di oppioide: gli oppioidi forti (morfina, ossicodone, fentanil, idromorfone, tapentadolo) sembrano essere associati a un rischio maggiore rispetto a quelli deboli (codeina, tramadolo, destrometorfano): probabilmente a causa della loro elevata affinità per i recettori oppioidi centrali.
Non è chiaro se esistano predisposizioni legate a età o sesso del paziente, né se particolari polimorfismi genetici possano influenzare lo sviluppo dell’ISIO.
Né esistono evidenze conclusive che indichino se alcune formulazioni siano più rischiose di altre. È stato ipotizzato che gli oppioidi a lunga durata d’azione possano comportare un rischio maggiore.
Un’analisi della banca dati francese ha identificato solo 15 casi con misurazione del cortisolo in 9 pazienti, mentre la banca dati VigiAccess dell’OMS ha evidenziato un significativo squilibrio statistico del ROR (Reporting Odds Ratio) un parametro che confronta la frequenza con cui un determinato evento avverso viene segnalato per un farmaco rispetto a tutti gli altri farmaci presenti nel database:
In genere si raccomandano dosi di idrocortisone comprese tra 15 e 25 mg/d, somministrate in dosi divise da 2 a 3 volte al giorno, la maggior parte delle quali al risveglio (50%-66%).
Glucocorticoidi con un’emivita più lunga (prednisone e desametasone) possono migliorare la compliance, ma hanno maggiori probabilità di essere associate a un eccesso di effetti glucocorticoidi e a una maggiore soppressione del rilascio di cortisolo endogeno.
L’adeguatezza della sostituzione si basa sul controllo sintomatico perché non esiste un’unica variabile affidabile per valutare il dosaggio ottimale. Nei soggetti con insufficienza surrenalica secondaria, la sostituzione dei mineralcorticoidi non è necessaria.
In presenza di fattori stressanti (forte stress psicologico, traumi, interventi chirurgici imminenti o recenti), la dose di glucocorticoidi andrebbe aumentata. In caso di malattia acuta la dose va raddoppiata o addirittura triplicata per due o tre giorni. Se i sintomi sono troppo gravi o l’assunzione per via orale non è possibile, si può ricorrere a corticosteroidi intramuscolari.
Né esistono evidenze conclusive che indichino se alcune formulazioni siano più rischiose di altre. È stato ipotizzato che gli oppioidi a lunga durata d’azione possano comportare un rischio maggiore.
Dati di farmacovigilanza
Le segnalazioni di ISIO nei database di farmacovigilanza sono esigue, suggerendo una marcata sotto-diagnosi.Un’analisi della banca dati francese ha identificato solo 15 casi con misurazione del cortisolo in 9 pazienti, mentre la banca dati VigiAccess dell’OMS ha evidenziato un significativo squilibrio statistico del ROR (Reporting Odds Ratio) un parametro che confronta la frequenza con cui un determinato evento avverso viene segnalato per un farmaco rispetto a tutti gli altri farmaci presenti nel database:
- ROR per tutti gli oppioidi vs. analgesici non oppioidi: 1,78
- ROR per oppioidi forti vs. altri analgesici: 1,92
- ROR per oppioidi deboli: 1,1 (non significativo)
In pratica
Dati i limiti nella diagnosi e nella consapevolezza clinica dell’ISIO, è essenziale adottare un approccio proattivo nella gestione dei pazienti in terapia con oppioidi.- Sensibilizzazione del personale medico: la conoscenza di questo effetto avverso deve essere diffusa tra i professionisti sanitari per migliorare la diagnosi precoce.
- Monitoraggio della funzione surrenalica: nei pazienti a rischio elevato (uso cronico, dosi elevate), è consigliabile il dosaggio del cortisolo mattutino e, in caso di valori borderline, l’esecuzione di test di stimolazione con ACTH.
- Strategie preventive: riduzione graduale della dose, rotazione degli oppioidi e screening precoce per sintomi di ISIO.
In genere si raccomandano dosi di idrocortisone comprese tra 15 e 25 mg/d, somministrate in dosi divise da 2 a 3 volte al giorno, la maggior parte delle quali al risveglio (50%-66%).
Glucocorticoidi con un’emivita più lunga (prednisone e desametasone) possono migliorare la compliance, ma hanno maggiori probabilità di essere associate a un eccesso di effetti glucocorticoidi e a una maggiore soppressione del rilascio di cortisolo endogeno.
L’adeguatezza della sostituzione si basa sul controllo sintomatico perché non esiste un’unica variabile affidabile per valutare il dosaggio ottimale. Nei soggetti con insufficienza surrenalica secondaria, la sostituzione dei mineralcorticoidi non è necessaria.
In presenza di fattori stressanti (forte stress psicologico, traumi, interventi chirurgici imminenti o recenti), la dose di glucocorticoidi andrebbe aumentata. In caso di malattia acuta la dose va raddoppiata o addirittura triplicata per due o tre giorni. Se i sintomi sono troppo gravi o l’assunzione per via orale non è possibile, si può ricorrere a corticosteroidi intramuscolari.
Prima di iniziare una terapia cronica con oppioidi i pazienti dovrebbero essere informati sui potenziali rischi di insufficienza surrenalica, ipogonadismo e altri effetti avversi associati.
La mancata diagnosi può avere ripercussioni significative sulla qualità di vita dei pazienti e ritardare la terapia appropriata. Il monitoraggio attento della funzione surrenalica e una maggiore consapevolezza di questa endocrinopatia possono contribuire a migliorare la sicurezza della terapia e prevenire complicanze potenzialmente gravi.
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📚 Bibliografia
- A Closer Look at Opioid-Induced Adrenal Insufficiency: A Narrative Review
Int J Mol Sci. 2023 Feb 26;24(5):4575 - Prevalence of Opioid-Induced Adrenal Insufficiency in Patients Taking Chronic Opioids.
J Clin Endocrinol Metab 2020 ;105(10):e3766–75. - Clinical Presentation and Outcomes of Opioid-Induced Adrenal Insufficiency.
Endocr Pract. 2020;26(11):1291–7. - Opioid-Induced Adrenal Insufficiency.
Mayo Clin Proc. 2018;93(7):937–44.
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