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590 - Iponatremia grave da inibitori di pompa

Gli inibitori di pompa sono una causa nota di iponatremia. In alcuni casi, soprattutto all'inizio della terapia, possono causare iponatremie gravi che richiedono un ricovero. [Lettura 4 min]

L’iponatremia è definita come un livello di sodiemia inferiore a 135 mmol/l. È un disturbo elettrolitico comune e potenzialmente grave; se non trattato, può causare complicanze neurologiche e cardiovascolari.

L'iponatremia si definisce:
  • lieve (130-134 mmol/l)
  • moderata (120-129 mmol/l)
  • grave (<120 mmol/l).
L'iponatremia può dipendere da situazioni cliniche particolari, come polmonite, cirrosi epatica e insufficienza cardiaca, ma molto spesso è un effetto avverso farmacologico.

I farmaci che possono causare iponatremia sono numerosi:
  • Diuretici (tiazidici, indapamide, diuretici dell'ansa)
  • Antiepilettici (carbamazepina, acido valproico, lamotrigina, levetiracetam in dose eccessiva)
  • Preparazioni per il colon (picosolfato di sodio, sali di magnesio o di fosfato)
  • Analgesici / Antinfiammatori (FANS, oppioidi come tramadolo, colchicina)
  • Antineoplastici (alcaloidi della vinca come vincristina)
  • ACE inibitori / Sartani (spesso associati a furosemide)
  • Inibitori di pompa protonica (PPI) (omeprazolo, esomeprazolo)
Si stima che circa l’1% dei pazienti trattati con PPI sviluppi iponatremia, in alcuni casi grave.

Il meccanismo con cui i PPI possono causare iponatremia non è ancora chiaro ma è stato attribuito alla ritenzione di liquidi secondaria a una secrezione inappropriata di ADH (sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico) o a una nefropatia da perdita di sale.

Un gruppo svedese ha condotto uno studio caso-controllo, studiando il tempo di insorgenza di iponatremie gravi che portano al ricovero, in pazienti a cui era stato prescritto omeprazolo o esomeprazolo (tra i PPI più utilizzati).

Nel database sanitario svedese, che copre l’intera popolazione, sono stati identificati circa 11.200 adulti ricoverati per un primo episodio di iponatremia, che sono stati confrontati con circa 44.800 controlli senza iponatremia in base a età, sesso e luogo di residenza.

Dopo l’aggiustamento per vari fattori di rischio di iponatremia, è stata dimostrata un’associazione statisticamente significativa tra esposizione a un PPI e ricovero per iponatremia.

Nei pazienti che assumevano un PPI, il rischio di ricovero per iponatremia era circa 7 volte maggiore durante la prima settimana di assunzione del PPI (odds ratio, OR 6,9). Il rischio diminuiva progressivamente nelle settimane successive, con un OR di 1,10 oltre la quinta settimana.


L’iponatremia indotta dai PPI tende a manifestarsi lentamente, spesso con una sintomatologia sfumata e difficile da riconoscere, soprattutto nei pazienti anziani che assumono numerosi farmaci.

I sintomi più comuni negli anziani comprendono debolezza, confusione, alterazioni dell’equilibrio, e aumento del rischio di cadute, che possono essere più facilmente attribuiti all’invecchiamento che all’iponatremia.

L'iponatremia comporta un movimento di acqua verso il liquido intracellulare: quello verso le cellule cerebrali causa edema cerebrale con disturbi neurologici, quali nausea, vomito, alterazioni di coscienza, convulsioni, tanto più intensi quanto più rapida è l'insorgenza dell'iponatremia.

La sintomatologia è più sfumata quando l'iponatremia si manifesta gradualmente, per esempio quando è indotta da farmaci.

In pratica - L’assunzione di un PPI, soprattutto all’inizio del trattamento, è una delle cause da considerare in un paziente che presenta segni suggestivi di iponatremia come nausea, vomito, malessere, cefalea, alterazioni dello stato di coscienza.

In questa situazione, è prudente effettuare un controllo degli elettroliti e interrompere il trattamento in attesa dei risultati.

Prescrivendo un PPI è importante essere consapevoli del rischio di iponatremia, specialmente nei pazienti anziani o in quelli con altre condizioni predisponenti come insufficienza cardiaca o renale.

In un paziente con iponatremia, va sospettato il PPI, soprattutto se la terapia è iniziata da poco tempo.

Un monitoraggio attento dei livelli di sodio durante il trattamento a lungo termine può aiutare a prevenire complicazioni gravi e migliorare la gestione complessiva del paziente.

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