Nei pazienti anziani e fragili, l’inizio di una terapia antipertensiva può comportare rischi significativi, come insufficienza renale acuta, cadute e fratture. [Lettura 5 min]
I ricercatori hanno utilizzato i dati del Clinical Practice Research Datalink (CRPD) del Regno Unito per valutare la terapia antipertensiva sugli anziani con esigenze sanitarie complesse (ESC).
La popolazione dello studio includeva persone di età >65 anni con ESC, definite da tre indicatori valutati durante l’anno precedente l’inizio dello studio:
Gli esiti studiati, cadute, fratture e insufficienza renale acuta (IRA) grave, sono stati identificati dai dati del CRPD e da quelli ospedalieri. I dati sulle prescrizioni sono stati utilizzati per misurare l’esposizione agli antipertensivi per periodi di uso continuativo del farmaco.
Su oltre 185.000 pazienti che hanno iniziato un antipertensivo, ne sono stati inclusi circa 42.400 nella coorte ESC: circa 25.200 nella coorte ospedalizzazione, 18.200 nella coorte fragilità e 14.900 nella coorte politerapia.
Gli esiti studiati nella coorte ESC (età mediana circa 79 anni) si sono verificati con queste frequenze:
I farmaci prescritti erano:
Con l’avanzare dell’età, il rischio assoluto di malattie legate all’ipertensione aumenta, ma i rischi relativi si attenuano. Persiste incertezza riguardo al rischio di eventi avversi gravi con il trattamento farmacologico dell’ipertensione, in particolare negli individui anziani e fragili.
Una revisione sistematica pubblicata nel 2021, su studi clinici randomizzati controllati (RCT) sul trattamento antipertensivo non aveva trovato un’associazione con le cadute, ma aveva evidenziato un aumento del rischio di danno renale acuto. Va tenuto presente che negli RCT i grandi anziani e quelli particolarmente fragili potrebbero essere sottorappresentati.
L’aumento del rischio di fratture era, invece, stato osservato in uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine nel giugno 2024.
La popolazione studiata era composta da circa 30.000 veterani residenti in strutture sanitarie, con età media di 78 anni.
Dopo l’aggiustamento statistico, che teneva conto di altri trattamenti e situazioni cliniche, è stato osservato un aumento del rischio di cadute che hanno comportato ricoveri o accessi al pronto soccorso (HR 1,8) e di fratture (HR 2,4) in seguito all’aggiunta di un antipertensivo.
In pratica - Questi dati giustificano una grande prudenza quando si considera l’aggiunta di un antipertensivo in una persona anziana. È opportuno iniziare con dosi basse e monitorarne attentamente gli effetti.
Il monitoraggio della funzione renale è molto importante quando si iniziano terapie che possono ridurre la pressione arteriosa e causare una insufficienza renale funzionale in anziani e pazienti fragili.
Vanno avvertiti i pazienti anziani e i loro familiari del rischio di cadute, incoraggiandoli a consultare rapidamente un medico in caso di sintomi. Ciò è particolarmente importante in situazioni che aumentano il rischio di disidratazione, come durante le ondate calore.
Le linee guida del National Institute for Health and Care Excellence raccomandano di considerare la prescrizione di un antipertensivo in aggiunta ai consigli sullo stile di vita per le persone di età >80 anni se la pressione arteriosa supera i 150/90 mmHg. Nei soggetti fragili e con multimorbilità si lascia la decisione al giudizio clinico del singolo medico.
Come sempre, ricordiamo che il nostro obiettivo non è quello di curare dei numeri, ma il benessere complessivo della persona.
I ricercatori hanno utilizzato i dati del Clinical Practice Research Datalink (CRPD) del Regno Unito per valutare la terapia antipertensiva sugli anziani con esigenze sanitarie complesse (ESC).
La popolazione dello studio includeva persone di età >65 anni con ESC, definite da tre indicatori valutati durante l’anno precedente l’inizio dello studio:
- ricoveri non programmati (coorte ricovero)
- punteggio dell’indice di fragilità elettronico ≥3 (coorte fragilità)
- prescrizione di ≥10 farmaci diversi (coorte politerapia)
Gli esiti studiati, cadute, fratture e insufficienza renale acuta (IRA) grave, sono stati identificati dai dati del CRPD e da quelli ospedalieri. I dati sulle prescrizioni sono stati utilizzati per misurare l’esposizione agli antipertensivi per periodi di uso continuativo del farmaco.
Su oltre 185.000 pazienti che hanno iniziato un antipertensivo, ne sono stati inclusi circa 42.400 nella coorte ESC: circa 25.200 nella coorte ospedalizzazione, 18.200 nella coorte fragilità e 14.900 nella coorte politerapia.
Gli esiti studiati nella coorte ESC (età mediana circa 79 anni) si sono verificati con queste frequenze:
- almeno una caduta nel follow up: 7.240 (17%)
- almeno una frattura 5.164 (12,2%)
- un episodio di IRA 450 (1,1%)
I farmaci prescritti erano:
- diuretici (63% dei pazienti)
- calcioantagonisti (35% dei pazienti)
- ACE-inibitori (32% dei pazienti)
- beta-bloccanti (30% dei pazienti)
- sartani (9% dei pazienti)
- di cadute del 35-50%
- di fratture entro 30 giorni del 38%
- di IRA (54% uomini) circa doppio
- Il rischio di caduta aumenterebbe a breve termine (30 giorni), così come il rischio di qualsiasi frattura.
- Il rischio di IRA sarebbe addirittura quintuplicato nei primi 30 giorni e raddoppiato durante l’intero periodo di trattamento.
Con l’avanzare dell’età, il rischio assoluto di malattie legate all’ipertensione aumenta, ma i rischi relativi si attenuano. Persiste incertezza riguardo al rischio di eventi avversi gravi con il trattamento farmacologico dell’ipertensione, in particolare negli individui anziani e fragili.
Una revisione sistematica pubblicata nel 2021, su studi clinici randomizzati controllati (RCT) sul trattamento antipertensivo non aveva trovato un’associazione con le cadute, ma aveva evidenziato un aumento del rischio di danno renale acuto. Va tenuto presente che negli RCT i grandi anziani e quelli particolarmente fragili potrebbero essere sottorappresentati.
L’aumento del rischio di fratture era, invece, stato osservato in uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine nel giugno 2024.
La popolazione studiata era composta da circa 30.000 veterani residenti in strutture sanitarie, con età media di 78 anni.
Dopo l’aggiustamento statistico, che teneva conto di altri trattamenti e situazioni cliniche, è stato osservato un aumento del rischio di cadute che hanno comportato ricoveri o accessi al pronto soccorso (HR 1,8) e di fratture (HR 2,4) in seguito all’aggiunta di un antipertensivo.
In pratica - Questi dati giustificano una grande prudenza quando si considera l’aggiunta di un antipertensivo in una persona anziana. È opportuno iniziare con dosi basse e monitorarne attentamente gli effetti.
Il monitoraggio della funzione renale è molto importante quando si iniziano terapie che possono ridurre la pressione arteriosa e causare una insufficienza renale funzionale in anziani e pazienti fragili.
Vanno avvertiti i pazienti anziani e i loro familiari del rischio di cadute, incoraggiandoli a consultare rapidamente un medico in caso di sintomi. Ciò è particolarmente importante in situazioni che aumentano il rischio di disidratazione, come durante le ondate calore.
Le linee guida del National Institute for Health and Care Excellence raccomandano di considerare la prescrizione di un antipertensivo in aggiunta ai consigli sullo stile di vita per le persone di età >80 anni se la pressione arteriosa supera i 150/90 mmHg. Nei soggetti fragili e con multimorbilità si lascia la decisione al giudizio clinico del singolo medico.
Come sempre, ricordiamo che il nostro obiettivo non è quello di curare dei numeri, ma il benessere complessivo della persona.
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📚 Bibliografia
- Risk of adverse events following the initiation of antihypertensives in older people with complex health needs: a self-controlled case series in the United Kingdom.
Age and Ageing 2023;52(9):afad177. - Antihypertensive Medication and Fracture Risk in Older Veterans Health Administration Nursing Home Residents.
JAMA Intern Med. 1 giugno 2024;184(6):661–9. - Association between antihypertensive treatment and adverse events: systematic review and meta-analysis.
BMJ 10 febbraio 2021;372:n189.
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