Nel giugno 2020, il Department of Veterans Affairs e il Department of Defense statunitensi hanno pubblicato un aggiornamento congiunto delle loro linee guida di pratica clinica per la gestione delle dislipidemie e la riduzione del rischio cardiovascolare negli adulti.
La sintesi, pubblicata su Annals of Internal Medicine, raggruppa i punti principali della linea guida in 7 aree: target basato sulla dose della statina (non sugli obiettivi di colesterolo LDL), utilizzo di test aggiuntivi per la stima del rischio, prevenzione primaria e secondaria, esami di laboratorio, attività fisica e alimentazione.
La sintesi, pubblicata su Annals of Internal Medicine, raggruppa i punti principali della linea guida in 7 aree: target basato sulla dose della statina (non sugli obiettivi di colesterolo LDL), utilizzo di test aggiuntivi per la stima del rischio, prevenzione primaria e secondaria, esami di laboratorio, attività fisica e alimentazione.
1. Si raccomanda di continuare il trattamento mirando a ottimizzare la posologia della statina, non i livelli di colesterolo LDL.
A causa della mancanza di evidenze dirette dei benefici derivanti dall'uso di un target basato sul colesterolo LDL, si raccomanda l'uso di dosi di statine coerenti con gli studi clinici, la maggior parte dei quali ha utilizzato dosi moderate.
Si ritiene che basandosi su un target di colesterolo LDL vi siano maggiori probabilità di effetti avversi indotti da dosi di statine più elevate o da terapie mediche di associazione, per le quali vi sono poche evidenze.
2. Non si raccomanda la valutazione di routine delle calcificazioni coronariche o di marcatori di rischio aggiuntivi.
Sono stati fatti molti sforzi per migliorare la stima del rischio con test aggiuntivi, come la valutazione delle calcificazioni con TC coronarica (CAC), proteina C reattiva ad alta sensibilità, Ankle-Brachial Index e dosaggio delle apolipoproteine. Tuttavia, una revisione aggiornata della letteratura sul valore prognostico aggiunto di questi test non ne mette in dubbio l'utilità per un'ulteriore stima del rischio.
La valutazione delle calcificazioni coronariche potrebbe avere un valore aggiunto ma non se ne raccomanda l'uso di routine, in quanto non esistono dimostrazioni di un miglioramento degli outcome per il paziente, con lo svantaggio di esporre a radiazioni ionizzanti.
3. Prevenzione primaria: si pone l'accento sulle statine a dose moderata. Fortemente sconsigliato l'uso dei nuovi inibitori della PCSK9 in prevenzione primaria.
La revisione aggiornata delle evidenze sul ruolo delle statine in prevenzione primaria ha portato a poche variazioni rispetto alle precedenti linee guida.
Per i pazienti con un rischio a 10 anni superiore al 12%, gli studi clinici indicano che il rischio cardiovascolare può essere ridotto dal 20% al 30% con una terapia con statine a dosaggio moderato per 5 anni.
Una volta calcolato il rischio a 10 anni, si raccomanda di prendere decisioni condivise per determinare se i potenziali benefici dei farmaci superano i potenziali danni per quel singolo paziente.
Nessuno studio clinico sulle terapie basate su farmaci diversi dalle statine (ezetimibe, inibitori della PCSK9) ha dimostrato direttamente una riduzione della mortalità cardiovascolare in prevenzione primaria.
4. Prevenzione secondaria: statine a dosaggio moderato come prima scelta, con un'intensificazione graduale nei pazienti a maggior rischio.
Un ampio corpus di evidenze cliniche supporta la terapia con statine a dosaggio moderato in prevenzione secondaria, con dimostrazioni di riduzione della mortalità cardiovascolare e della mortalità per tutte le cause in circa 5 anni.
Esiste anche la dimostrazione che la terapia con statine ad alto dosaggio è associata con maggior frequenza a effetti avversi (interruzione del trattamento, miopatie e diabete).
Per i pazienti a maggior rischio, l'evidenza supporta l'aggiunta di ezetimibe o inibitori della PCSK9 alla terapia con statine a dosi moderate o elevate, con dimostrato miglioramento nella morbilità ma non della mortalità cardiovascolare.
Si raccomanda un approccio graduale di intensificazione della terapia, basato sul rapporto costo-efficacia e sulla sicurezza, nonché sull'anamnesi del singolo paziente e sull'entità della malattia aterosclerotica.
5. Il dosaggio dei lipidi ematici a digiuno è raccomandato con una frequenza non superiore a una volta ogni 10 anni.
Poiché l'attenzione sulla gestione della colesterolemia si è evoluta dai semplici valori di colesterolemia a una terapia basata sul rischio cardiovascolare, la necessità di effettuare dosaggi dei lipidi dovrebbe diminuire considerevolmente. Il calcolo del rischio cardiovascolare è influenzato solo in minima parte dai livelli di lipidi e dipende molto di più da altri importanti fattori di rischio, come età, sesso, presenza di ipertensione e/o diabete e tabagismo.
Nella revisione sistematica si fa presente che i livelli di lipidi nel tempo variano poco nel singolo paziente e che le variazioni reali superano le variazioni casuali solo se i test sono distanziati di 9-10 anni. Quindi, dato il piccolo contributo dei valori lipidici al calcolo del rischio cardiovascolare, l'attenzione sul dosaggio delle statine (in contrapposizione ai livelli target di colesterolo) e la minima variazione nel tempo nel singolo paziente, si raccomanda di dosare i livelli lipidici non più di una volta ogni 10 anni.
6. In prevenzione primaria e secondaria si raccomanda un'attività aerobica di qualsiasi intensità e durata.
7. In prevenzione primaria e secondaria è consigliata la dieta mediterranea.
Management of Dyslipidemia for Cardiovascular Disease Risk Reduction: Synopsis of the 2020 Updated U.S. Department of Veterans Affairs and U.S. Department of Defense Clinical Practice Guideline
Annals of Internal Medicine 22 September 2020
Gilberto Lacchia
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Pubblicato: 07/12/2020 Aggiornato: 07/12/2020
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