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592 - Nuove linee guida sull'eradicazione dell’Helicobacter pylori: cosa cambia nella pratica clinica?

H. pylori e pratica clinica basata sull’evidenza: scegliere gli antibiotici e affrontare l'aumento delle resistenze batteriche. [Lettura 6 min]

L’infezione da Helicobacter pylori (H. pylori) è responsabile di gastriti croniche, ulcere peptiche e alcune neoplasie gastriche.

Le nuove linee guida sul trattamento introducono raccomandazioni su scelta degli schemi terapeutici, ruolo dei test di suscettibilità e adozione di nuovi farmaci come i bloccanti competitivi del potassio (PCAB).

L’infezione da H. pylori, in alcune aree geografiche, può interessare più del 50% della popolazione: supera l’80% nei paesi in via di sviluppo mentre nei paesi occidentali la prevalenza è intorno al 30-40%.

Conseguenze cliniche

Molti pazienti con H. pylori rimangano asintomatici per tutta la vita, ma l’infezione è sempre associata a gastrite cronica.

Tra le complicanze più comuni vi sono:
  • Ulcera peptica: il 10% dei pazienti infetti sviluppa ulcere gastriche o duodenali, con possibili complicanze come sanguinamento e perforazione.
  • Carcinoma gastrico: l’H. pylori è stato classificato dall’OMS come cancerogeno di classe I, associato a neoplasie gastriche. Il rischio aumenta nei pazienti con atrofia gastrica o metaplasia intestinale.
  • Linfoma MALT: una forma rara di linfoma gastrico associato al tessuto linfoide.
Ulteriori associazioni includono anemia sideropenica inspiegabile e porpora trombocitopenica idiopatica: in queste situazioni va verificata una eventuale infezione da H. pylori. Infine, i pazienti con una storia familiare di carcinoma gastrico sono considerati ad alto rischio e necessitano di particolare attenzione diagnostica e terapeutica.


Terapia e gestione delle resistenze

Le linee guida sottolineano la necessità di evitare la claritromicina o la levofloxacina, a meno che non sia stata confermata la sensibilità batterica.

Le raccomandazioni si basano sulla situazione negli Stati Uniti, cui le resistenze raggiungono il 20%-30% per la claritromicina e quasi il 40% per la levofloxacina. Sono raccomandazioni applicabili alla situazione italiana dove le resistenze a questi antibiotici hanno percentuali simili o addirittura superiori in alcune aree geografiche.

L’uso empirico di questi antibiotici, come la triplice terapia standard a base di IPP e claritromicina, raggiunge tassi di eradicazione inferiori al 70%, e spesso a meno di un terzo dei pazienti quando la resistenza alla claritromicina è nota.

Questi protocolli dovrebbero quindi essere evitati, soprattutto nelle terapie di salvataggio, in considerazione dei loro bassi tassi di successo, del rischio di promuovere resistenze e della disponibilità di alternative con resistenze molto più basse (p.es. amoxicillina, tetraciclina, rifabutina, con percentuali  di resistenza <5%).

Levofloxacina e claritromicina rimangono opzioni valide solo per pazienti selezionati, come quelli con infezioni persistenti da ceppi confermati sensibili a questi antibiotici. L’uso della levofloxacina dovrebbe essere limitato anche per i potenziali effetti avversi.

Trattamento dei pazienti naive

Per i pazienti naive, che assumono la terapia eradicante per la prima volta, le linee guida raccomandano l’uso di una quadrupla associazione con bismuto, preferibilmente per 14 giorni.

Lo schema comprende bismuto, metronidazolo (o tinidazolo), tetraciclina e un inibitore della pompa protonica (IPP). La durata di 14 giorni, rispetto ai precedenti 10 giorni, ha dimostrato una maggiore efficacia nell’eradicazione.

Tra le alternative emergenti, c’è il vonoprazan, un bloccante competitivo del potassio (PCAB), approvato dalla FDA ma non ancora in Europa. Questo farmaco offrirebbe un’inibizione più potente e stabile della secrezione acida rispetto agli IPP tradizionali, migliorando l’efficacia degli antibiotici e la tollerabilità generale al trattamento.

Il vonoprazan può essere utilizzato in associazione con amoxicillina e claritromicina o con la sola amoxicillina.

Trattamento delle infezioni resistenti

I pazienti con infezioni persistenti richiedono un approccio personalizzato che tenga conto degli antibiotici assunti in passato e, quando disponibili, dei test di suscettibilità.
  • Approccio empirico: per i pazienti che non hanno risposto al trattamento iniziale, sono consigliati protocolli come la quadrupla associazione con bismuto o la triplice con rifabutina, in assenza di esposizioni precedenti agli stessi antibiotici.
  • Test di suscettibilità agli antibiotici: se il paziente ha già ricevuto terapie multiple o ha un infezione con resistenze documentate, la scelta della terapia può essere guidata da test genetici per identificare mutazioni batteriche specifiche (p.es. resistenza alla claritromicina).
L’antitubercolare rifabutina può essere utile nelle terapie di salvataggio; ha un’efficacia dimostrata anche nei casi resistenti.

Fattori che aumentano il successo terapeutico

Adesione del paziente - La compliance del paziente è fondamentale per il successo della terapia eradicante. Gli schemi terapeutici per H. pylori sono complessi e spesso associati a effetti collaterali che possono causare interruzioni premature del trattamento.

Le linee guida ribadiscono l’importanza di informare i pazienti. Va spiegata l’importanza di completare l’intero ciclo di terapia e illustrati gli effetti collaterali comuni, come la possibile colorazione nera di lingua e feci con il bismuto, per evitare allarmi inutili.

Conferma dell’eradicazione - Le linee guida raccomandano di eseguire un test di guarigione almeno quattro settimane dopo il completamento della terapia.

I metodi validati per la conferma sono:
  • Urea breath test: metodo non invasivo e altamente sensibile.
  • Test antigenico fecale: alternativa pratica, soprattutto nei pazienti pediatrici.
  • Test tissutale: riservato a casi complessi o con necessità di ulteriori indagini.
La terapia con IPP, bismuto e antibiotici deve essere stata conclusa da almeno due settimane prima del test per evitare risultati falsi negativi.

Uso dei probiotici
Alcune evidenze suggeriscono che i probiotici possano ridurre gli effetti collaterali gastrointestinali legati agli antibiotici, come la diarrea, e potenzialmente migliorare i tassi di eradicazione.

Le linee guida sottolineano che i dati disponibili sono ancora insufficienti per raccomandarne l’uso sistematico nella pratica clinica. Servono studi più ampi e metodologicamente robusti per definire il ruolo dei probiotici in questo contesto.

In pratica

Le nuove linee guida sul trattamento dell’Helicobacter pylori offrono indicazioni concrete per migliorare l’efficacia terapeutica e affrontare il problema delle resistenze agli antibiotici.

È utile personalizzare la terapia, basandosi sulle caratteristiche epidemiologiche locali, sulla storia terapeutica del paziente e sull’utilizzo mirato di test di suscettibilità quando disponibili. Oltre alla scelta dello schema iniziale è importante la durata del trattamento.

Non va trascurato il dialogo con il paziente: spiegare gli obiettivi della terapia, gestire le aspettative e prevenire interruzioni precoci consente di massimizzare l’efficacia del trattamento.

La verifica post-trattamento permette di confermare l’eradicazione e ridurre il rischio di complicanze a lungo termine.



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